Le nuove “armi” dell’Ue contro le Big Tech? “Sono in linea con la Gdpr, falsamente etichettata come ‘anti-americana’”, spiega Julia Friedlander dell’Atlantic Council. I benefici commerciali e di sicurezza rendono impossibile una terza via europea. Anzi, serve un asse con gli Usa contro la Cina…
Sono il Digital Markets Act e il Digital Services Act le “armi” dell’Unione europea contro le posizioni dominanti della Big Tech. Ma come verranno lette oltreoceano dove sta per insediarsi un’amministrazione molto vicina alla Silicon Valley?
Julia Friedlander, senior fellow dell’Atlantic Council e vicedirettrice del GeoEconomics Center dello stesso prestigioso think tank statunitense, spiega a Formiche.net che il nuovo pacchetto “è in linea con le politiche della Commissione europea sulla concorrenza e con la Gdpr”. Entrambi, continua, “sono stati falsamente etichettati come ‘anti-americani’. Dopo tutto, lo Stato della California ha regole più severe sull’uso dei dati e sulle emissioni di carbonio rispetto all’Unione europea”.
Tuttavia, rischi possono nascere quando si definisce il Dsa uno sforzo verso la “sovranità digitale”: “Può essere un utile slogan politico per alcuni elettorati nazionali, ma non aiuta a placare le preoccupazioni a Washington che l’Unione europea stia prendendo di mira gli Stati Uniti in modo asimmetrico”, spiega l’esperta. “Se Washington risponde comprensivamente alla politica dell’Unione europea (come dovrà essere) e contribuisce a crearne l’attuazione, ci sarà una maggiore convergenza normativa sulla Cina”. Ecco perché una terza via europea tra Stati Uniti e Cina appare impensabile: “L’Unione europea è troppo dipendente dai benefici commerciali e di sicurezza dei suoi accordi di condivisione dei dati con gli Stati Uniti per sognare una vera ‘terza via’”, commenta Friedlander, convinta anche che con la nuova amministrazione le tensioni commerciali tra le due sponde dell’Atlantico possano raffreddarsi.
Ci sono, infine, due aspetti che l’esperta sottolinea rispondendo alle domande di Formiche.net. Il primo ha a che fare con gli investimenti e la loro compatibilità con le misure europee: secondo Friedlander “come accaduto con la Gdpr, le aziende più piccole potrebbero perdere terreno e ciò finirebbe — ironicamente — per espandere il dominio del mercato delle Big Tech”. Gli sforzi di Bruxelles per evitare posizioni dominanti rischiano, dunque, di danneggiare gli operatori del mercato, “soprattutto nel campo dell’intelligenza artificiale”, spiega l’esperta avvertendo comunque che “nessuna politica industriale dell’Unione europea in questo settore non sarà in grado di competere con il fascino di mercati più deregolamentati” come quello degli Stati Uniti.
Il secondo aspetto riguarda la reazione dell’amministrazione di Joe Biden e Kamala Harris: “Le Big Tech non sono esenti da critiche negli Stati Uniti e la nuova amministrazione sarà sensibile a queste preoccupazioni”, spiega. “Non prevedo una ‘resa dei conti’ sui dati, piuttosto una lunga lotta per trovare un equilibrio tra la società civile, le autorità di regolamentazione e il settore privato”.