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Così l’Opec scommette sul vaccino. L’analisi di Falasca (Egic)

Il recente vertice Opec Plus ha prodotto un pareggio ma si confermano le difficoltà di un equilibrio di medio-lungo periodo. E cresce il malcontento emiratino. L’analisi di Piercamillo Falasca (Euro-Gulf Information Centre)

Il vertice dell’Opec Plus dello scorso fine settimana ha avuto come risultato un sostanziale pareggio tra le posizioni teoricamente divergenti con cui i principali produttori di greggio si sono presentati all’appuntamento. Per settimane, ci si è interrogati se un accordo sarebbe stato possibile, tra le ambizioni russe a un aumento della produzione e la prudenza saudita preoccupata da un prezzo troppo basso dell’oro nero, che sta seriamente danneggiando per la prima volta negli ultimi decenni la stabilità delle finanze pubbliche di Riad. Alla fine, si va adelante con juicio: da gennaio verrà aumentata la produzione di mezzo milione di barili al giorno, dagli attuali 7,7 milioni a 8,2. L’aumento è significativamente inferiore ai due milioni di barili in più al giorno proposti da Mosca e da altri governi, ma l’accordo “con il segno più” è un modo per evitare una rottura del dialogo che avrebbe probabilmente indotto una nuova guerra dei prezzi come quella scoppiata prima della diffusione del Covid-19 su scala mondiale. Una contesa sopita proprio dalla pandemia e che rischia di riesplodere a pandemia spenta o sotto controllo.

La domanda che molti analisti si fanno è la seguente: potrà il mercato assorbire l’aumento stabilito dal vertice? La tendenza al rialzo dei prezzi verificatasi nei mesi scorsi e le prospettive di una ripresa economica promossa dal vaccino anti-Covid hanno indotto i partecipanti all’incontro ad accettare un aumento moderato della produzione. La scommessa è che quel mezzo milione di barili in più soddisfi i maggiori consumi senza però ingrossare troppo le scorte (la cui saturazione portò al crollo storico e drammatico dei prezzi ad aprile scors, quando si raggiunsero prezzi negativi). Se la scommessa verrà vinta, si riuscirà a contemperare le esigenze di tutti, almeno per un paio di trimestri. Oltre questo orizzonte, però, le nuvole restano fitte e scure.

Dal vertice emerge infatti con chiarezza la difficoltà di un equilibrio di medio-lungo periodo tra Paesi produttori che hanno obiettivi economici, strutture industriali e agende geopolitiche sempre più diverse e divergenti. Questo è vero persino tra i Paesi del Golfo, tradizionalmente allineati per interessi pressoché identici. Gli Emirati Arabi Uniti percepiscono ogni giorno di più le interlocuzioni nel contesto dell’Opec Plus come una interazione tra Arabia Saudita e Russia, i cui compromessi finiscono per trovare un accomodamento tra i due giganti a danno di tutti gli altri, anzitutto in termini di quote di produzione. Per un Paese dotato di maggiore efficienza produttiva come gli Emirati, e dunque capace di reggere produzione maggiore e un prezzo più basso in virtù di una struttura di costi più contenuta, la frustrazione è tanta. La tentazione di una “Emiratexit” — l’uscita dall’Opec — è quasi certamente una speculazione ventilata dai giornali più che una realtà, ma nessun rappresentante della federazione emiratina si è scaldato troppo per smentirla nelle ultime settimane di novembre. L’unica dichiarazione ufficiale a commento dei rumors sull’abbandono del cartello è stata la sottolineatura dello status di Paese fondatore: non esattamente una smentita. Anzi, il disagio di Abu Dhabi è reale e ostentato. Tra ambizioni di una sempre maggiore diversificazione industriale e il tentativo di una politica estera amica ma non più sempre schiacciata sul vicino saudita, come dimostra l’accelerazione prodotta dagli Accordi di Abramo con Israele, gli Emirati Arabi Uniti restano i grandi insoddisfatti degli equilibri attuali.

I soli emirati non riuscirebbero a determinare, da soli, un cambiamento sostanziale degli equilibri mondiali, se pure decidessero di abbandonare l’Opec e aumentare la propria produzione giornaliera. Ma è evidente che la loro decisione sarebbe un liberi tutti per tanti altri Paesi, molti dei quali spesso già accusati di non rispettare le quote assegnate. Qual è la variabile più importante a cui guardare nei prossimi mesi? La reale efficacia e capacità di distribuzione del vaccino anti-Covid. Se le prospettive di ripresa fossero ritardate rispetto a quanto s’immagina ora, nulla può assicurare che gli accordi Opec reggano.


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