Sempre più indizi portano alla Russia, individuata come probabile regista della pesante campagna di hackeraggio contro gli Usa. Biden promette più sicurezza ma la strada è in salita…
L’attacco hacker contro il governo statunitense da parte della Russia diventa ogni giorno più preoccupante e con modalità raffinatissime. È quanto ha rivelato a Axios.com un funzionario dell’amministrazione statunitense di Donald Trump.
GLI ATTACCHI
Gli hacker russi sono stati in grado di penetrare — violando un provider di terze parti con sede ad Austin, SolarWinds — nei network di molte altre agenzie federali statunitensi e think tank per mesi: almeno 40, secondo quanto dichiarato da Brad Smith, presidente di Microsoft. L’80% dei clienti Microsoft vittime degli attacchi è statunitense. Ma nel mirino sono finiti anche compagnie e centri studi in Regno Unito, Israele, Emirati Arabi Uniti, Canada, Messico e Spagna. Gli attacchi proseguono da marzo, almeno. E non si sa cosa gli hacker abbiano rubato né quanto ci vorrà per ripresentare i livelli di sicurezza.
LE AGENZIE NEL MIRINO
Come riporta Politico, tra i bersagli statunitensi strategici violati dagli hacker russi ci sarebbero anche il dipartimento dell’Energia e l’Agenzia per la sicurezza nucleare di Washington. Quest’ultima è responsabile della custodia e del mantenimento in condizioni di sicurezza dell’arsenale nucleare statunitense. L’intelligence Usa è certa che a operare sia stata una “agenzia di élite” dei servizi segreti russi, scrive la testata americana nonostante le smentite di Mosca. I vertici dell’intelligence ne hanno informato le commissioni competenti del Congresso. Molti i siti di massima sicurezza del governo federale statunitensi che hanno subito attacchi micidiali, tutti recenti, forse tuttora in corso, e riconducibili alla regia russa.
NON UNA “CYBER PEARL HARBOR” MA…
“Immagina se durante la Guerra fredda, l’Unione Sovietica avesse fatto irruzione in un edificio a Washington e se fosse uscita con la corrispondenza, i bilanci e molto altro”. È questo il paragone che Axios.com fa per descrivere la gravità della situazione. Non è una “Cyber Pearl Harbor”, scrive Mike Allen: “Nessuno ha staccato la rete elettrica, ha rubato un mucchio di soldi o destabilizzato i mercati. Invece, è più come se qualcuno fosse entrato e uscito da casa tua per mesi e tu non sapessi cosa abbia rubato. Inoltre, potrebbe aver costruito una porta segreta”, continua. “Qualcuno che ha accesso così a lungo, che è così sofisticato, è molto probabile che abbia realizzato altri modi per entrare, difficili da rilevare”, ha detto un funzionario alla testata americana.
LA REAZIONE DI BIDEN
Dopo l’editoriale con cui Washington Post ha strigliato l’amministrazione attuale e messo in guardia quella futura, Joe Biden è intervenuto sulla questione facendo tornare in tempi rapidissimi la questione russa al centro dell’agenda della politica estera statunitense (silente, invece, l’uscente Trump). Il presidente eletto ha promesso di elevare la sicurezza informatica a un “imperativo” non appena entrato alla Casa Bianca e ha detto che “non se ne starà in disparte” di fronte agli attacchi cibernetici che hanno colpito il governo degli Stati Uniti. Inoltre, ha affermato che la sua amministrazione imporrà “costi sostanziali” agli individui responsabili di attacchi cibernetici dolosi al fine di scoraggiare tale attività. “I nostri avversari devono sapere che, in qualità di presidente, non me ne starò con le mani in mano di fronte agli attacchi informatici alla nostra nazione”.