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Digitale, vi spiego lo “Sputnik moment” di Ue e Usa. Scrive l’amb. Talò

Di Francesco M. Talò

La sfida digitale pone Ue e Usa davanti a uno “Sputnik moment” come quello affrontato dall’America davanti ai successi sovietici nello spazio. Oggi come allora i due alleati hanno bisogno uno dell’altro. Ecco perché nell’analisi di Francesco Talò, rappresentante permanente dell’Italia alla Nato

Predire il futuro è spesso un’impresa fallimentare, ma osservando le tendenze possiamo immaginare sviluppi tumultuosi. Per migliaia di anni l’unico ambito in cui si sono svolti i conflitti è stato quello terrestre.

Poco più di 2mila anni fa si è iniziato a combattere anche in mare, portando a due il numero dei domini militari. Solo cento anni fa è sopraggiunto il dominio aereo e poi nel giro di pochi anni la Nato ha aggiunto tra i suoi domini operativi nel 2016 quello cibernetico e nel 2019 quello spaziale.

Si affacciano i nuovi domini a ritmo accelerato a fronte di cambiamenti che un tempo richiedevano secoli o persino millenni: due soli ambiti di attività cento anni fa e ora cinque. Inoltre gli ultimi due, quello cyber e quello spaziale, hanno caratteristiche nuove: sono “orizzontali”, cioè con impatto su tutti gli altri campi di attività militare, e oltrepassano, per loro natura, qualsiasi confine territoriale.

Non sappiamo con precisione dove andiamo, ma gli sviluppi possono avere effetti dirompenti. Si parla per questo di “tecnologie emergenti e dirompenti”. È necessaria una nuova apertura culturale da parte di ciascuno: militari ma anche diplomatici e decisori politici. Occorre essere pronti a sfide e opportunità rappresentate da sviluppi tecnologici legati anche ai cambiamenti economici che comporta la globalizzazione.

È indispensabile un impegno comune per la condivisione di obiettivi e soprattutto per la salvaguardia di valori, come accade all’interno della Nato, che rappresenta l’Alleanza centrale per l’occidente politico. La novità ineludibile è la crescita multi-settoriale della Cina. Fonte di opportunità ma anche di sfide che a loro volta possono essere di stimolo.

Per farvi fronte nessuno dei due grandi poli dell’Alleanza, Stati Uniti ed Europa, può agire autonomamente. Siamo davanti a uno “Sputnik moment” come quello affrontato dall’America davanti ai successi sovietici nello spazio. Allora gli Stati Uniti, con la loro straordinaria energia, vinsero la sfida, ma oggi, se vogliamo mantenere il vantaggio tecnologico che ha caratterizzato la forza della Nato in tutta la sua storia, bisogna lavorare insieme.

La crescita di ognuno degli alleati significa crescita comune e viceversa. L’Europa deve augurarsi un’America forte, così come l’America non può che auspicare un rafforzamento dell’Europa.

Un anno fa, al Vertice di Londra del dicembre 2019, i capi di Stato e di governo della Nato hanno dichiarato l’impegno a “mantenere il nostro vantaggio tecnologico, preservando i nostri valori”. La sfida, in un contesto estremamente fluido che vede annullati i confini territoriali in settori come l’informazione e il cyber, implica cambiamento: per “mantenere” occorre cambiare e la salvaguardia dei valori comporta un impegno anche sul fronte interno della resilienza.

La pandemia ha dimostrato la commistione tra le dimensioni individuale, locale, nazionale e internazionale. Nessuno si salva da solo. La forza di ogni dimensione contribuisce al sistema: i cittadini di un Paese resiliente sono più protetti, un’alleanza che vede le proprie nazioni capaci di reggere l’urto di attacchi informatici o di eventi epidemiologici o climatici estremi è più forte.

Un’alleanza forte contribuisce a mitigare l’impatto di eventi inattesi che dobbiamo aspettarci dalla combinazione di elementi tecnologici con sfide provenienti da attori statali, ma anche non statali (terrorismo) e anche talora non direttamente determinati dall’uomo (pandemie e cambiamenti climatici). Ognuna di queste sfide può essere accentuata da elementi tecnologici o invece affrontata grazie ad essi. Settori come l’intelligenza artificiale sono rilevanti sia in ambito civile sia militare.

Si pone allora una sfida culturale. La nostra difesa non è più collegata in modo quasi esclusivo a quello che Eisenhower definì il “complesso militare-industriale”, gruppi industriali vicini al governo, che spesso coincidevano con le maggiori imprese esistenti.

Oggi i colossi dell’economia sono “lontani” dalle capitali, seguono le esigenze dei consumatori ma sviluppano comun- que funzioni cruciali per la nostra sicurezza. Risaltano le tecnologie legate a informazione e comunicazione, che possono essere “portatori sani” di virus pericolosi per la nostra sicurezza.

Assumono rilievo le catene di produzione e si intensificano gli sforzi per limitarne le vulnerabilità. L’Italia ha fatto molto per definire un perimetro nazionale di sicurezza cibernetica. Al contempo cresce il sistema normativo europeo e questi temi diventano cruciali nel dibattito transatlantico, anche grazie all’azione di stimolo degli Stati Uniti. Insieme siamo più forti.

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