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Sull’Egitto l’Italia non faccia harakiri. Parla il gen. Arpino

Intervista al generale Mario Arpino, già capo di Stato maggiore della Difesa, sui rapporti con l’Egitto tra caso Regeni e interessi nazionali. Il Cairo è sempre più protagonista nel Mediterraneo e a Roma serve “urgentemente pragmatismo”. Anche perché, intanto, la Francia “guadagna terreno”

Non è possibile essere protagonisti nel Mediterraneo senza mantenere rapporti stabili con l’Egitto. Ne è convinto il generale Mario Arpino, già capo di Stato maggiore della Difesa, che Formiche.net ha raggiunto all’indomani delle parole con cui la Procura generale egiziana ha definito “illogiche” le conclusioni della magistratura italiana sull’omicidio di Giulio Regeni. Parole già definite “inaccettabili” dalla Farnesina, che hanno riacceso sul caso il dibattito politico italiano, tra chi invoca nuove interruzioni dei rapporto con Il Cairo e chi invoca a maggiore cautela e realismo.

Generale, come legge la situazione?

Quanto successo a Giulio Regeni è un fatto terribile. La Procura italiana ha fatto le indagini ed è arrivata alle sue conclusioni. Purtroppo ciò non ha valore fin quando non sarà accettato dall’Egitto. Sul punto dobbiamo ricordarci che abbiamo a che fare con una dittatura, ed è noto che le dittature non seguono tutte le regole e i principi sui diritti umani che sono alla base dei nostri valori occidentali. Bisogna dunque essere pragmatici e realisti, sapendo distinguere tra il rispetto di diritti universali e gli interessi nazionali su cui si basa la politica estera.

Come coniugare il rispetto dei diritti umani con la politica estera?

Bisogna saper distinguere. Fanno parte dell’Onu all’incirca 194 Stati. Di questi almeno un centinaio sono governati da dittatori o satrapi di altro genere. È evidente che se dovessimo tagliare i rapporti con tutti, saremmo più che isolati. Ciò vale in particolare per Paesi rilevanti.

E l’Egitto è un Paese rilevante?

Sì. È ormai protagonista sugli scenari mediterranei che interessano all’Italia. Ha influenza enorme in Libia, rapporti importanti con Russia, Francia, Stati Uniti e Cina. Avere pragmatismo non significa smettere di lottare per la verità sul caso Regeni, ma essere consapevoli che tagliare i rapporti con Il Cairo non avrebbe alcun effetto se non quello di farci perdere di rilevanza anche nei confronti dello stesso governo egiziano. Il governo italiano dovrebbe guardare agli interessi e al benessere di tutto il Paese, non alla soddisfazione di alcuni.

Mi sembra di capire che non condivide l’idea di rompere nuovamente le relazioni con l’Egitto…

Sarebbe una cosa sciocca. Tagliare i rapporti non è certo un modo per perseguire lo scopo. Significa al contrario precludersi ogni possibilità di concessione di ragione da parte dell’Egitto. Se le relazioni non saranno buone, Il Cairo non ci darà mai ragione.

A proposito di Francia, è recente il conferimento da parte di Macron della legion d’onore ad al Sisi. Parigi dimostra realismo?

Dimostra di fare gli interessi della Francia. Nulla di nuovo in termini di visione strategica da parte dei cugini d’oltralpe. Tra l’altro, abbiamo poco di che scandalizzarci. Ricordo che il presidente Pertini concesse la più alta onorificenza italiana a Tito, colpevole della morte di migliaia di italiani infoibati.

È possibile avere protagonismo nel Mediterraneo senza avere rapporti con l’Egitto?

No. Vorrebbe dire affermare un obiettivo e privarsi degli strumenti per raggiungerlo. Vorrebbe dire regalare un capitale a francesi, russi e americani, nonché agli stessi egiziani. Sarebbe una dimostrazione ulteriore di basso pragmatismo, come nel caso dei pescatori italiani sequestrati da Haftar.

Che intende?

C’è stato chi invocava il ricorso alle forze speciali. Niente di più sbagliato. Se volevano quattro dei loro delinquenti dalle nostre prigioni bastava rimandarglieli. E invece abbiamo preferito andare lì con presidente del Consiglio e ministro degli Esteri. Onestamente non capisco chi non capisce il pragmatismo e butta tutto nell’ideologia.

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