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L’F-35 tra il Covid e le opportunità per l’Italia. Un punto sul programma

Il programma F-35 chiude il 2020 con 123 consegne. Impatto Covid mitigato, con annesso mantenimento di costi, ormai inferiori a un caccia di quarta generazione. Sono 600 i velivoli operativi in tutto il mondo, con opportunità di ulteriore crescita e due nuovi primati per l’Italia

È un F-35 in versione convenzionale per l’Aeronautica militare italiana, assemblato nel sito novarese di Cameri, l’ultimo Joint strike fighter consegnato nel 2020 da Lockheed Martin. L’anno si conclude con 123 consegne, meno di quelle previste nel 2019, ma con un buon assorbimento da parte della catena di fornitura dell’impatto da Covid-19.

I NUMERI

In virtù della pandemia e dei ritardi da essa causati, il costruttore americano ha rivisto a maggio gli obiettivi di consegna, passando da 141 velivoli a un range tra 117 e 123. Obiettivo “evitare fluttuazioni che avrebbero determinato un aumento dei costi di produzione e creato ulteriori ritardi e difficoltà”. Dei 123 F-35 consegnati, 74 sono andati alle Forze armate degli Stati Uniti, 31 ai partner del programma (Italia compresa) e 18 ai clienti internazionali attraverso la formula dei Foreign Military Sales. Nel complesso salgono così a 600 i velivoli di quinta generazione operativi da 26 basi e navi in tutto il mondo. Sul lato del personale si contano 1.200 piloti formati e diecimila addetti alla manutenzione. La flotta globale di F-35 ha superato le 350mila ore di volo cumulative.

LE OPERAZIONI

Per quanto riguarda il lato operativo, sono nove le Forze armate che hanno dichiarato la piena operatività del velivolo, di cui sei con impieghi in operazioni di combattimento. Spetta all’Italia il primato in ambito Nato, con il primo scramble di quinta generazione nella storia dell’Alleanza Atlantica realizzato da due F-35 del 32esimo Stormo impegnati in estate in missione di Air policing sui cieli dell’Islanda. Primato per l’Aeronautica italiana anche in ambito addestrativo, con il volo, per la prima volta insieme, della versione A e B in “beast mode”, con armamento interno ed esterno. L’impiego maggiore spetta chiaramente agli Stati Uniti. La US Air Force ha schierato il velivolo per 18 mesi consecutivi (da aprile 2019 allo scorso ottobre) nell’aerea di responsabilità di CentCom, uno dei più rilevanti comandi unificati degli Stati Uniti, con responsabilità per la protezione degli interessi americani in circa venti Paesi dal Corno d’Africa all’Asia centrale.

LE EVOLUZIONI TECNICHE

A livello tecnico, il 2020 è stato segnato dal debutto dell’Operational data integrated network (Odin), la rete basata sul cloud per gestire in modo integrato tutta la logistica, potenziamento del sistema Alis. “Il sistema – spiega Lockheed Martin – sarà pienamente operativo nel 2022”. Intanto nel corso dell’anno è migliorato il tasso di velivoli “mission capable”, superando il 70% per l’intera flotta. Molte esercitazioni si sono concentrate su operazioni congiunte “all-domain”, evoluzione a tutto tondo del concetto di multi-dominio. Il velivolo stealth (cioè a bassa osservabilità) ha confermato la grande capacità di raccogliere, decifrare e condividere informazioni con varie altre piattaforme.

GLI OBIETTIVI

“Il team dell’F-35 ha saputo rispondere con rapidità alle sfide poste dalla pandemia da Covid-19 per continuare a fornire le ineguagliabili capacità che l’F-35 porta alle Forze armate,” ha spiegato Bill Brotherton, vicepresidente e general manager del programma F-35 ad interim. “Il raggiungimento di questo obiettivo fondamentale nel mezzo di una pandemia globale – ha aggiunto – è una testimonianza del duro lavoro e della dedizione di tutta la squadra e dell’attenzione ai bisogni dei nostri clienti”.

L’IMPATTO DELLA PANDEMIA

Sin dallo scoppio dell’emergenza sanitaria, Lockheed Martin ha intrapreso misure a sostegno della sua filiera, così da “assicurare al programma la più rapida ripresa possibile, rivedendo gli orari di lavoro dei dipendenti, mantenendo le competenze specializzate dei lavoratori e garantendo pagamenti veloci ai piccoli fornitori più esposti”. Come previsto dal Pentagono già da marzo, sono state accelerate le procedure di pagamento a oltre 400 fornitori negli Stati Uniti, evitando per loro gravi crisi di liquidità. Nel breve termine si prevede “un impatto sulla produzione”, ma il programma Jsf “prosegue diligentemente ed è in linea con il raggiungimento degli obiettivi di ripresa stabiliti congiuntamente dal governo e dall’industria per i prossimi anni”. Occhi puntati anche sui mercati internazionali. Gli interessi mediorientali (Emirati Arabi in testa) confermano solide opportunità di crescita del programma. Riguardano anche l’Italia, che vuole ottenere più lavoro per Cameri e la filiera coinvolta.


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