Joe Biden ha completato le designazioni per il suo Pentagono. Ad affiancare il generale Lloyd Austin ci saranno Kathleen Hicks (vice segretario), Colin Kahl (sottosegretario per la Policy) e Kelly Magsamen (capo di gabinetto). Ecco chi sono e cosa pensano tra budget, Cina e alleanze
Una donna ai vertici della Difesa americana. Dopo il primato di Khamala Harris alla vice presidenza, è stata ufficializzata ieri la designazione da parte del presidente eletto Joe Biden di Kathleen Hicks nel ruolo di prossimo vice segretario al dipartimento della Difesa. Affiancherà il generale Lloyd Austin, scelto come capo del Pentagono, insieme a Colin Kahl (sottosegretario per la Policy) e Kelly Magsamen (capo di gabinetto). Si riconferma il trend delineato dall’amministrazione Biden della scelta di inserire nei ruoli-chiave della sicurezza nazionale statunitense grandi professioniste. Curiosa anche la concomitante promozione a comandante della portaerei USS Abraham Lincoln (CVN 72), della capitana Amy Bauernschmidt: “This is a women’s world”, avrebbe forse detto oggi James Brown.
LA TRANSIZIONE
La Hicks è più che qualificata ad assumere la posizione di numero due al Pentagono. Ha operato nel dipartimento come funzionaria durante l’amministrazione Obama, nominata nel 2012 vice sottosegretario alla difesa in materia di policy, ruolo strategico in materia di difesa nazionale. Non è un caso che il team di transizione presidenziale si sia affidato a lei per dirigere lo “agency review team” dedicato al Pentagono. Come si legge sul sito web della Biden-Harris Transition, si tratta di gruppi composti da professionisti con una profonda esperienza in ogni area del governo federale, responsabili dell’analisi di valutazione di agenzie e strutture governative rispetto alla loro area tematica. Il loro obiettivo è assicurare un trasferimento regolare dei poteri per preparare un efficace insediamento del nuovo Presidente.
IL RUOLO DEL CSIS
Quella della Hicks è una voce ben ascoltata nei salotti della difesa di Capitol Hill: ne è prova la posizione di vice presidente e direttore del Center for Strategic and International Studies (Csis) prestigioso think tank con quartier generale a Washington DC, specializzato in materia di sicurezza nazionale e difesa. Si conferma la centralità ricoperta da questi istituti per il cursus honorum dei funzionari che puntano ai vertici dell’amministrazione americana.
IL BUDGET AMERICANO SECONDO LA HICKS
Come ricordato da Hicks in un suo articolo pubblicato per Foreign Affairs lo scorso aprile, il budget americano ha attraversato fasi cicliche dalla seconda guerra mondiale in poi, con picchi in corrispondenza degli interventi militari e cali al momento del disimpegno; tutto ciò fino all’11 settembre, che ha portato a un aumento esponenziale della spesa in difesa, arrivata nel 2010 sino al 4,.7% del Pil, 820 miliardi. Risultato? Budget sequestration dal 2013 sino al 2015. Poi però l’annessione russa della Crimea, l’Isis in Siria e l’espansionismo del Dragone nel Mar cinese meridionale, eventi che hanno portato l’amministrazione Trump a un rinnovato aumento del budget per tre anni consecutivi.
I cittadini americani sono divisi sul tema dei costi della difesa americana, come emerge anche da un sondaggio di Gallup del 2019. Mentre Donald Trump in campagna elettorale dichiarava di aumentare le somme destinate al Pentagono, al contrario Barnie Sanders e Elizabeth Warren si dicevano decisi a tagliare spese eccessive. Le strategie non convergono tra loro, anzi.
COME SPENDERE
Il vero quesito a cui la futura vice-segretario dovrà rispondere è sulla rimodulazione degli obiettivi e priorità della difesa statunitense: da questi devono dipendere le previsioni di spesa. Hicks ricorda che tagli drastici produrrebbero solo un impatto esiziale sulla difesa americana; è necessario spendere meno, ma con intelligenza. Ci vuole maggior coraggio nel confronto con le richieste dell’elettorato e del comparto militare. Obiettivo: meno militarizzati, ma più competitivi.
I TRE FATTORI DI HICKS
L’iron triangle di soluzioni nella difesa nazionale è ripartito in tre fattori. Primo, la readiness rispetto alle sfide presenti, in cui rientrano ad esempio le esercitazioni in Europa orientale. Secondo, l’investimento nei confronti delle sfide future, in cui rientra gli sviluppi su missili a corto raggio e sistemi di difesa anti area. Terzo, l’organizzazione e il numero delle forze armate (personale e struttura), con temi come le truppe in Bulgaria, in Polonia e nel Baltico. Di fronte a risorse contenute non possono essere soddisfatti tutti i fattori, ma si realizza un trade-off, che deve corrispondere alle priorità strategiche definite ex-ante, spiega l’esperta. Secondo Hicks, tra i tre fattori sopra citati il Pentagono dovrebbe diminuire la spesa in personale e struttura, per focalizzarsi sull’innovazione e la readiness (la seconda costerà ancora meno per la diminuzione del personale dispiegato), che consentono “un leverage formidabile” sul medio-lungo periodo.
L’ILLUSIONE DI TAGLI SEMPLICI
La trappola in cui i policymaker americani rischiano di cadere è la ricerca di tagli semplici da eseguire, piuttosto che quelli più intelligenti. Per cominciare, ogni tentativo di risparmio che si basi solo sull’efficientamento burocratico del Pentagono non ottiene risultati rilevanti. Dunque i policy makers tendono a ripiegare tagliando le spese in ricerca, sviluppo e manutenzione dei sistemi d’arma. In entrambi i casi gli effetti sul breve periodo sono quasi nulli, per poi diventare significativi nel medio-lungo termine. Nemmeno il rientro delle truppe è una soluzione ottimale, perché i costi per il loro mantenimento sul suolo alleato sono condivisi con gli alleati stessi. Infatti, come notava la stessa Hicks in un articolo dell’8 aprile per The Hill, rafforzare il rapporto con gli alleati militari deve essere il fulcro di una sana National Defense Strategy. Il ritiro delle 11.900 truppe presenti in Germania previsto dall’attuale segretario Esper e fortemente voluto dall’amministrazione Trump avvantaggerebbe gli avversari degli Stati Uniti.
IL RAPPORTO CON GLI ALLEATI
Dunque, l’idea di tagliare i fondi per le Ocos (Overseas contingency operations) è fallace, perché non sono necessari solo a coprire i costi dei “boots on the ground”, ma anche di basi aree e dispiegamento navale, di ricognizione e contenimento. Inevitabilmente, la potenza economica e diplomatica degli Usa necessita di un supporto militare. La strategia vincente è quella di sostenere e coltivare le capacità belliche dei Paesi alleati, per proteggerli dalle crescenti pressioni di paesi quali Cina e Russia. Gli Stati Uniti potranno così concentrarsi sul loro capitale diplomatico ed economico, aumentando gli investimenti nazionali nel sistema universitario e in ricerca e sviluppo. Insomma, Kathleen Hicks ritiene sia arrivato il tempo per una nuova Grand strategy targata Usa che si concentri su una riformulazione delle spese della difesa nazionale, piuttosto che su un loro taglio.
LE PAROLE
“Sarebbe un privilegio tornare al Pentagono come vice segretario alla difesa e lavorare insieme a Lloyd Austin, Colin Kahl e tutto lo straordinario personale del Pentagono, per portare avanti le priorità dell’amministrazione Biden-Harris nel settore difesa”. Così Hicks ha commentato via Twitter la sua designazione. E infatti dal Csis si aggiunge alla futura squadra del dipartimento della Difesa anche Colin Kahl, esperto in materia di affari mediorientali. Già consigliere per la sicurezza nazionale di Biden durante l’amministrazione Obama, è stato ora designato sotto segretario alla difesa in materia di policy, ovvero il numero tre del Pentagono. Le sue priorità: il rapporto con Israele e il contenimento dell’Iran.
COSA PENSA KAHL
Come si legge dalla recensione del suo libro “Aftershocks – Pandemic politics and the end of the old international order” in uscita ad agosto 2021, Kahl ha analizzato con attenzione gli effetti sulla sicurezza nazionale e internazionale della crisi Covid-19, il più grande shock per l’ordine mondiale dalla Seconda guerra mondiale. Il crollo economico causato dalla pandemia è il peggiore dalla Grande depressione, con il Fondo monetario internazionale che stima un costo di oltre 9 trilioni di dollari di ricchezza globale nei prossimi anni. E con istituzioni e alleanze internazionali già sotto pressione prima della pandemia che vacillano, Stati Uniti e Cina, ai ferri corti prima della crisi, si avviano verso una nuova Guerra Ffedda. Forse una rilettura del volume “Destined for war?” di Graham Allison sarebbe profetica in tal senso.
L’AUSPICIO
Eppure, ci sono alcuni segnali di speranza. Secondo Kahl, la crisi Covid-19 ci ricorda la nostra comune umanità e il destino condiviso. L’America può uscire dalla crisi con una nuova determinazione ad affrontare minacce non tradizionali, come le malattie pandemiche e una nuova richiesta di un’azione collettiva efficace con altre nazioni democratiche. L’America potrebbe anche essere finalmente costretta a fare i conti con le inadeguatezze della nostra nazione e ad apportare grandi cambiamenti in patria e all’estero che getteranno le basi per le opportunità che il resto di questo secolo riserva.
LE PAROLE DI BIDEN
Biden ha dichiarato: “Kath Hicks e Colin Kahl hanno una lunga esperienza e comprovatecapacità nella gestione di crisi, necessarie per affrontare tutte le sfide che dobbiamo affrontare oggi e che dovremo affrontare domani. Saranno per me, la vice presidente eletta e il segretario alla difesa Austin, alleati fidati, nonché per i nostri funzionari civili e militari, nel lavorare al ripristino di una leadership americana responsabile sulla scena mondiale”.
KELLY MAGSAMEN
Un’altra donna inoltre si affiancherà al generale Austin: parliamo di Kelly Magsamen, attualmente vicepresidente per la sicurezza nazionale presso il Center for American progress, designata come suo capo di gabinetto. “Ho trascorso una buona parte della mia carriera lavorando in Medio Oriente e all’Nsc, e poi mi sono occupata del pivot to Asia al Pentagono. Si può fare. E mi ha dato una prospettiva più ampia sulla scala del cambiamento strategico che doveva essere intrapreso”. Così ha scritto Magsamen lo scorso 10 dicembre su Twitter. Secondo Politico, queste nomine sono il chiaro segnale che Biden intende ristabilire il controllo civile sul comparto militare, invertendo il trend che ha contraddistinto il comparto difesa durante la presidenza Trump. Inoltre, le stesse nomine concorreranno a disinnescare le tensioni emerse tra il transition team di Biden e la leadership del Pentagono, accusata dal presidente eletto di rendere difficile il processo di transizione.
Margaret Thatcher era solita dire “Se vuoi che qualcosa venga detto, chiedi a un uomo; se vuoi che qualcosa venga fatto, chiedi a una donna”. La difesa americana chiama, Kathleen Hicks saprà rispondere. Al Senato la sentenza finale con la conferma delle nomine.