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Hong Kong e l’Italia. Guai a sottovalutare il rischio guerra fredda. Scrive Cabras (M5S)

Di Pino Cabras

La Dichiarazione congiunta sino-britannica prevede una fase di transizione tra l’era coloniale e la reintegrazione di Hong Kong nella Cina continentale. Questo elemento viene spesso rimosso dal dibattito, col peloso intento di invertire gli eventi e il percorso della Storia, che va dal passato coloniale alla sovranità cinese, e non viceversa. L’intervento dell’onorevole Pino Cabras (M5S), vicepresidente della commissione Esteri della Camera

In merito alla vicenda di Hong Kong ritengo che il rispetto dei diritti umani sia un punto da cui non si può prescindere. L’arresto di attivisti politici deve portarci a misurare la cifra reale del livello di scontro. Tuttavia, limitarsi al commento di un fatto o di un evento rischia di essere superfluo e ridondante (chi può mai essere felice della limitazione delle libertà politiche?), ma anche riduttivo se non si considerano tutte le dinamiche nelle quali il fatto o l’evento sono inscritti.

Se osserviamo il fenomeno di Hong Kong, quello che negli ultimi tempi è assurto alle cronache, tra manifestazioni, atti di ribellione al governo e atti di repressione, è opportuno rilevare sia le legittime aspirazioni di una parte della popolazione di questa Regione amministrativa speciale della Cina, sia il contesto di quasi-guerra globale nel quale la vicenda medesima si inserisce. L’attuale scenario geostrategico è infatti segnato da una crescente contrapposizione tra Stati Uniti e Cina. Una contrapposizione di interessi tra due superpotenze. Una contrapposizione puramente geopolitica che, in quanto tale, prescinde da chi siede alla Casa Bianca o da chi presiede il Pcc. Una contrapposizione che alimenta e, spesso, strumentalizza le tensioni interne dell’avversario per tentare di indebolirlo e trarne un vantaggio relativo nella competizione globale.

Come decisori politici di un grande Paese, l’Italia, alleato degli Stati Uniti ma con importantissimi rapporti commerciali con la Cina, non possiamo sottovalutare il rischio incombente che tale scenario di confronto possa condurre a una nuova guerra fredda o, peggio, a una “guerra calda”. Le guerre commerciali, le sanzioni reciproche, l’incrociarsi delle flotte americana e cinese nel Mar Cinese meridionale, le ingerenze negli affari interni del proprio avversario sono tutti dei preoccupanti segnali che ci dimostrano che il pericolo è concreto.

Purtroppo, l’azzardo della semplificazione, della banalizzazione e della riduzione a due squadre con due tifoserie è sempre dietro l’angolo. Può sembrare essa stessa un’affermazione banale, ma la polarizzazione del dibattito, anche nei temi della politica estera, si fa sempre più frequente. Il compito della politica e dei politici dovrebbe essere quello di comprendere la complessità, non quello di ridurla a un tifo da stadio. Ma se è la politica stessa che fa sua una logica binaria, rendendosi complice di uno schema con due narrazioni opposte, allora falliremo il nostro dovere di tutelare gli interessi della Repubblica, l’interesse di tutti noi.

Di fronte a queste tensioni è opportuno che l’Italia inquadri la sua azione nel quadro multilaterale delle Nazioni Unite e dell’Unione europea, sostenendo gli sforzi delle organizzazioni internazionali finalizzati a preservare, da una parte, l’autonomia giuridica di Hong Kong e la tutela dei diritti umani; dall’altra, la legittima rivendicazione di sovranità della Cina su un territorio sottoposto al regime coloniale britannico fino a non moltissimi anni fa (1997). La Dichiarazione congiunta sino-britannica che ha stabilito il principio “Un Paese, due sistemi” ha previsto una fase di transizione tra l’era coloniale e la reintegrazione di Hong Kong nella Cina continentale, integrazione da compiersi nel 2047.

Quest’ultimo elemento viene spesso rimosso dal dibattito, col peloso intento di invertire gli eventi e il percorso della Storia, che va dal passato coloniale alla sovranità cinese, e non viceversa.

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