Le condizioni di salute dell’ayatollah Khamenei, le presidenziali e il cambio alla Casa Bianca. Perché il 2021 può cambiare il futuro dell’Iran. L’analisi di Lorenzo Zacchi, coordinatore Medio Oriente e Nord Africa del centro studi Geopolitica.info
Il giornalista iraniano espatriato Mohammad Ahwaze ha diffuso su Twitter la notizia che vedrebbe la Guida suprema dell’Iran, Ali Khamenei, fortemente malato, e che avrebbe trasferito i propri poteri al figlio, Mojtaba Khamenei. Nella giornata odierna fonti ufficiali hanno smentito tale notizia, dichiarando che l’attuale leader e pienamente operativo e bollando come fake news queste “insinuazioni”, volte a “destabilizzare” la Repubblica islamica.
Andiamo per punti: la successione di Khamenei è una questione dibattuta, in Iran e non solo, da anni, causa l’età molto avanzata della Guida suprema e le diverse indiscrezioni sul suo stato di salute. Per questo negli anni sono state fatte molte ipotesi non solo su eventuali successori, ma anche sul processo di transizione.
Secondo l’articolo 107 della Costituzione iraniana è l’Assemblea di esperti (organo eletto dal popolo ma previo controllo del Consiglio dei guardiani, e quindi della Guida suprema stessa) ad avviare le opportune indagini e consultazioni per verificare la competenza di tutti i candidati al ruolo di Guida, che devono essere in possesso di specifici requisiti stabiliti dall’articolo 5 della costituzione stessa: “giurista giusto e pio, conoscitore della propria epoca, coraggioso, dotato di energia, di iniziativa e di abilità amministrativa”. Anche l’articolo 109 propone i requisiti essenziali per divenire Guida: “Competenza scientifica per emettere sentenze di diritto religioso (fatwa) in qualsiasi questione di giurisprudenza islamica; perspicacia in campo politico e sociale, coraggio e opportune capacità amministrative”. Requisiti che ben evidenziano quello che rappresenta la figura in esame: l’unione tra aspetto politico e spirituale a guida dello Stato.
Al netto del processo di transizione formale scritto nella Costituzione, tale avvicendamento di potere non coinvolge concretamente solo l’Assemblea degli esperti, che come abbiamo visto subisce anche un sistema di veto e di controllo diretto da un organo (il Consiglio) nominato direttamente da chi dovrebbe esser controllato (la Guida suprema), producendo un cortocircuito giuridico unico nel suo genere. La centralità e l’importanza della Guida suprema, ci viene ricordata dall’articolo 110 della Costituzione, che ne elenca i poteri: oltre a supervisionare e indirizzare il sistema politico iraniano, la Guida è comandante-in-capo delle forze armate, controlla gli apparati di sicurezza e le principali fondazioni religiose, affida e revoca l’incarico del capo del sistema giudiziario, del capo di stato maggiore dell’esercito regolare, del comandante del Corpo delle guardie della rivoluzione islamica (i Pasdaran, ndr), del capo della polizia, del presidente delle emittenti radiotelevisive nazionali e dei giuristi del Consiglio dei guardiani della Costituzione. Un intero sistema di potere che chiaramente intende il più possibile indirizzare un eventuale nomina.
È presumibile che un ruolo preminente nella scelta della futura Guida sia in mano ai rappresentanti dei Pasdaran, che controllano un’enorme fetta di economia iraniana, oltre ad aver in mano i principali programma militari del paese e un controllo capillare del territorio. Chiaramente le Guardie della rivoluzione rappresentano un complesso industriale-economico-militare tale da rendere impossibile immaginarli come un blocco monolitico: un fattore determinante nel futuro assetto istituzionale della Repubblica islamica dell’Iran sarà proprio diretta conseguenza della competizione interna ai militari stessi e quale corrente riuscirà a predominare sulle altre. Va inoltre considerato che le forti politiche di pressione, che in questo momento l’intera regione mediorientale esercita sull’Iran, che rende il sistema regionale piuttosto ostile alle mire egemoniche iraniane, ha rafforzato ancora di più il ruolo dei Pasdaran nelle dinamiche di potere e politiche del Paese.
Veniamo, dunque, alla figura di Mojtaba Khamenei, figlio dell’attuale Guida suprema, che non è un personaggio estraneo alle vicende politiche: 11 anni fa venne accusato di sostenere direttamente il candidato Mahmoud Ahmadinejad e di aver svolto un ruolo di primo piano nella repressione della cosiddetta “Onda verde”, le grandi manifestazioni di protesta contro la rielezione del candidato conservatore prima citato. Questo grazie a importanti collegamenti e rapporti con le forze paramilitari dei Basij. Inoltre diversi report segnalano la vicinanza di Mojitaba Khamenei con alcuni vertici dei Pasdaran.
Quel che appare certo, nonostante le poche informazioni che si hanno su quest’uomo, sono le sue posizioni fortemente conservatrici, che sposterebbero l’asse del futuro sistema iraniano – facendo ricorso in maniera forzata a categorie politiche più vicine al nostro scenario — a “destra”. Sono note infatti le sue vicinanze a religiosi estremamente conservatori, come per esempio quella con Abolghasem Khazali (morto nel 2015).
Per concludere: formalmente una transizione di poteri, come quella indicata dalle indiscrezioni di stampa, che vede Mojitaba Khamenei come tutore temporaneo dei poteri del padre, sarebbe incostituzionale. In caso di processo di transizione, infatti, è un consiglio provvisorio che deve assumere le funzioni suppletive della Guida suprema. Inoltre, va ricordato come attualmente il figlio di Khamenei non abbia i requisiti indicati costituzionalmente per assumere tale ruolo, ma la nomina dell’attuale Guida suprema nel 1989, previo “innalzamento” al rango di ayatollah dello stesso, fornisce un dato storico non trascurabile sulla possibilità di superare gli ostacoli a una eventuale nomina.
Quel che è certo è che il 2021 sarà un anno cruciale per l’Iran per tracciare nuovi scenari: ci saranno nuove elezioni presidenziali, l’inizio di un rapporto con una nuova amministrazione statunitense e potenzialmente un cambio di Guida suprema. Tre elementi che possono contribuire a cambiare radicalmente il prossimo futuro del Paese.