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Il Next Generation Eu nell’insalata russa del maxi emendamento

Mentre gli altri Stati dell’Unione europea si sono da tempo attrezzati per la definizione di una metodologia per dare corpo al piano di riforme e di investimenti del Next Generation Eu, in Italia la complessa materia sta per finire nella insalata russa del maxi-emendamento alla legge di bilancio approvato senza discussione Parlamentare ma ponendo la “fiducia”

Pochi se ne stanno accorgendo, sia nella maggioranza sia – ciò che più sorprende – nell’arco dell’opposizione. Mentre gli altri Stati dell’Unione europea (Ue) si sono da tempo attrezzati per la definizione di una metodologia per dare corpo al piano di riforme e di investimenti del Next Generation Eu (tramite principalmente il Resilience and Recovery Fund), in Italia la complessa materia sta per finire nella insalata russa del maxi-emendamento di fine anno (come nel 2018 e nel 2019) al disegno di legge di bilancio approvato senza discussione Parlamentare ma ponendo la “fiducia”. Su questo modo di fare già alcuni giudici emeriti della Consulta hanno sollevato pesanti rilievi. Tuttavia, nessuno si rivolgerà ai tribunali per fare valere questo punto e naufragare, in piena pandemia, il bilancio dello Stato.

Torniamo al Next Generation Eu e al Resilience and Recovery Fund. Dopo l’approvazione dei lineamenti del programma al Consiglio dei Capi di Stato e di governo dell’Unione europea (Ue), gli altri Stati beneficiari hanno discusso in Parlamento gli obiettivi specifici per il loro Paese, e gli strumenti e l’organizzazione per realizzarli, in particolare i “parametri di valutazione” ed i “criteri di scelta” (se, come è presumibile, il finanziamento disponibile sarà inferiore alla somma dei costi di tutti quelli singolarmente validi), chi farà la valutazione e quale sarà l’interazione tra il livello tecnico e quello politico. In quasi tutti gli altri Stati, una volta chiariti obiettivi nazionali specifici, parametri e criteri, l’operatività è affidata, per la parte tecnica al ministero dell’Economia e delle Finanze (in Francia è stata data nuova vita al Commissariato al Piano, operante con le strutture ed il personale del dicastero preposto all’economia) e per l’interazione con l’Ue al ministro per gli Affari europei o sua controparte.

In Italia, non c’è stato un vero dibattito parlamentare sugli obiettivi nazionali specifici per il Next Generation Eu e il Resilience and Recovery Fund. Il ministro per gli Affari Europei ha presentato i lineamenti di quello che dovrebbe essere il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), ossia la cornice del programma di investimenti che l’Italia deve presentare alla Commissione europea nell’ambito del Next Generation Eu. Anche in quanto non stimolato dall’opposizione, tale cornice non aveva elementi su “parametri di valutazione”, i “criteri di scelta”, su chi farà la valutazione e quale sarà l’interazione tra il livello tecnico e quello politico.

Mentre a monte non è stata presentata nulla di più che la cornice, pare che il governo stia affrettatamente predisponendo la struttura operativa a valle, inserendone le linee generali nel maxi-emendamento in corso di preparazione. Tale maxi-emendamento dovrebbe contenere di tutto e di più: la proroga del superbonus al 110% per le ristrutturazioni edilizie, le accise sui “tabacchi riscaldati”, il nuovo sistema digitalizzato per gestire i documenti, gli incentivi auto, la “tampon tax” e chi più ne ha più ne metta per fare una sintesi dei 900 emendamenti presentati da parlamentari della stessa maggioranza. Si tratta in gran misura di temi anche legittimi ma soprattutto particolaristici.

Sulla struttura ipotizzata a valle, questa testata si è espressa più volte, più recentemente il 29 novembre. Quale che sia il nostro giudizio e quali che siano le misure di ridimensionamento a cui si starebbe lavorando ai fini della stesura del maxiemendamento, il Next Generation Eu e il Resilience and Recovery Fund necessitano di una definizione concettuale a monte prima della messa a punto di strutture organizzative e procedurali. Come fatto in altri Paesi.

Sarebbe errato annegare la materia nella insalata russa del maxi-emendamento. La strada maestra sarebbe una sessione parlamentare dedicata a questi temi subito dopo il termine della sessione di bilancio. Ciò non comporterebbe ulteriori ritardi, oltre quelli già accumulati dall’Italia, perché a ragione dei contrasti (in seno all’Ue) tra Commissione e Parlamento europeo, da un lato, e Polonia e Ungheria, dall’altro, già si parla di una seduta del Consiglio europeo del 18-19 dicembre e di una del Parlamento il 26-28 dicembre. Quindi, unicamente all’inizio di gennaio si saprà la consistenza del Fondo e la probabile allocazione all’Italia. E potranno partire le ratifiche da parte dei parlamenti nazionali.

L’allocazione potrebbe diminuire. Oppure, la ripartizione tra prestiti e sovvenzioni mutare sia a ragione di una riduzione delle risorse totali disponibili (il che dipende da quali concessioni verranno fatte alla Commissione europea in materia di “imposte di scopo comunitarie”) sia della valutazione che i partner dell’Ue faranno della gestione della seconda ondata della pandemia da parte dell’Italia e soprattutto della posizione del governo in materia di temi europei come la revisione dell’accordo intergovernativa sul Meccanismo europeo di stabilità (Mes), all’esame del Parlamento italiano il 9 dicembre.

È difficile fare supposizioni in questa materia. Tuttavia, non è buon segno che da alcuni giorni, la stampa della Repubblica federale tedesca – che pochi parlamentari e componenti del governo scorrono – sia tornata ad attaccare pesantemente l’Italia in generale e l’esecutivo in particolare. Ad esempio, un commento recente Boersen Zeitung, testata considerata vicina alla Bundesbank, parla dell’Italia come del “grande malato d’Europa”, di “una polveriera che potrebbe far esplodere l’Eurozona”. Il quotidiano punta il dito contro lo “spreco” dei cento miliardi che lo Stato ha elargito a vari settori, spesso “”senza arrivare a destinazione”, e stigmatizza il salvataggio di banche come Carige e Popolare di Bari, senza contare Ilva ed Alitalia. In questo modo l’Italia scrive il quotidiano potrebbe gettare al vento “l’opportunità unica offerta dal programma di ricostruzione europeo” trascinando nel gorgo l’intero continente.

In questo clima, una “scorciatoia” considerata almeno sloppy nell’Ue potrebbe fare molto danno anche se la promessa spartizione di fondi e poltrone potrebbe, temporaneamente, quietare le tensioni interne alla maggioranza.


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