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Il ricatto iraniano sui prigionieri (non) politici. L’opinione di Mohades

Di Esmail Mohades

La scorsa settimana il ministro degli Esteri dell’Iran ha parlato di scambio di prigionieri. Ma è un ricatto per salvare un funzionario di Teheran accusato di terrorismo in Europa. Il commento di Esmail Mohades, scrittore iraniano e attivista per i diritti umani esule in Italia

In democrazia tutti possono partecipare al dialogo, ma è paradossale che un’istituzione prestigiosa di un Paese democratico ospiti con un’insolita frequenza esponenti di un regime totalitario. Il regime teocratico al potere in Iran non è democratico anzi, trascurando le diatribe delle sue bande, è totalitario in quanto il vali-e faghih (la Guida suprema, ndr) ha l’ultima e discrezionale parola su tutto. Che cosa succede quando offri la tribuna, non solo una volta ma più volte, ai personaggi di un siffatto regime? Semplice, ti vorrà insegnare, con l’arroganza che gli è naturale, la sua autocrazia!

Questo sa bene e ne è testimone l’Ispi, Istituto per gli studi di politica internazionale, che ospita spesso rappresentanti del regime totalitario iraniano nel suo Rome MED Dialogues. Mohammad Javad Zarif, la faccia “presentabile” di un regime sanguinario, nel suo recente intervento al Med2020, ha dichiarato tra l’altro: “Siamo pronti allo scambio di prigionieri, lo possiamo fare da domani, lo possiamo fare oggi!”. Zarif delucida i suoi interlocutori sullo scambio di prigionieri come se fossimo in guerra: “Ci sono tanti iraniani detenuti ingiustamente in Europa, negli Stati Uniti e in Africa”. E aggiunge: “È nostro interesse che queste persone tornino dalle loro famiglie”.

Naturalmente Zarif per “molti iraniani” intende Assadollah Assadi, un membro importante del ministero delle Informazioni e degli Esteri del regime nonché capo dei servizi del regime in Europa di stanza in Austria. Questi il 28 giugno 2018 a Lussemburgo aveva consegnato personalmente potenti esplosivi Tatp a due iraniani, suoi complici, che avrebbero dovuto utilizzarli durante il raduno annuale della Resistenza iraniana a Villepinte, a nord di Parigi. Assadi, il 22 giugno 2018, con un volo civile da Teheran aveva portato l’esplosivo dentro una valigia 24 ore. Insieme ai suoi complici, da tempo sotto osservazione da parte dell’intelligence di diversi Paesi, intercettato in tutti suoi movimenti e contatti, il 1° luglio è stato arrestato in un’area di servizio, Aral Spessart Süd lungo la A3, a Rohnbrun, in Germania. Durante l’udienza del tribunale di Anversa, il 27 novembre, il pubblico ministero ha chiesto per Assadi 20 anni di carcere. All’interno dell’automobile del diplomatico Assadi, gli agenti tedeschi hanno trovato molti indizi, ben 120, che mostravano palesemente il suo coinvolgimento nell’organizzazione della mancata strage a Parigi. Ecco chi è “gli iraniani” di cui parla il ministro degli Esteri dei mullà Mohammad Javad Zarif!

Egregio professor Paolo Magri deve spiegare in base a quali studi il suo Istituto per gli studi di politica internazionale ha deciso che si può concedere il microfono ai rappresentanti di una dittatura. Oppure pubblicare i risultati delle sue ricerche in base alle quali reputa il regime del velayat-e faghih non totalitario, anzi democratico o almeno parzialmente democratico. Norberto Bobbio già nel 1958 scriveva che “Quando parliamo di democrazia, non ci riferiamo soltanto a un insieme di istituzioni…”. Al di là della natura e del ruolo del regime, quello che Zarif propone è macabro e gravissimo sentirlo in un Paese democratico. Zarif chiede uno scambio tra il povero Ahmad Reza Jalali, ricercatore e docente iraniano naturalizzato svedese, accusato falsamente di spionaggio — come è pratica nella Repubblica islamica — e condannato a morte, con Assadollah Assadi, arrestato per tentata strage con le mani nel sacco!

E non è neanche la prima volta che il regime iraniano adotta il ricatto al fine di perseguire i suoi folli progetti, anzi la presa di ostaggi fa parte organica della sua politica estera. Gli anni Ottanta il Libano è stato terreno dove la presa di ostaggi statunitensi, francesi, tedeschi o di altra nazionalità dava ossigeno al regime per poter perdurare. Ora dopo le eliminazioni di Ghassem Soleimani, il vero e potentissimo ministro degli Esteri, e di Mohsen Fakhrizadeh, il padre dei progetti per le armi nucleari del regime, alzano la voce. Perché, come Cicerone affermava, “più la caduta di un impero è vicina, più le sue leggi sono folli!”. Non è più folle per un Paese democratico sottostare a queste leggi?

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