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No alla riforma del Mes? Un punto a favore di Berlusconi. La bussola di Ocone

Il Cavaliere si è all’improvviso sfilato giudicando non “soddisfacente” per l’Italia la modifica proposta del Meccanismo di stabilità. Ma attenzione, la decisione di Berlusconi, non è affatto un cedimento a Matteo Salvini…

Certo, dovrà ricredersi chi paventava che, dopo il voto a favore dello scostamento di bilancio che obtorto collo aveva ricompattato il centrodestra la settimana scorsa, tutte le contraddizioni e i nodi irrisolti nei rapporti fra le tre forze che lo compongono sarebbero riemersi il 9 dicembre quando la riforma del Meccanismo di Stabilità approvata dall’eurogruppo dovrà essere ratificata in Parlamento.

All’improvviso è successo infatti qualcosa di imprevedibile: non che Lega e Fratelli d’Italia si siano smossi dalla loro posizione di chiusura sul Fondo Salva Stati, ma che Silvio Berlusconi si sia all’improvviso sfilato giudicando non “soddisfacente” per l’Italia la modifica proposta del Meccanismo di stabilità. Quella stessa modifica che invece il Movimento Cinque Stelle aveva ieri, per bocca di Vito Crimi, avallato, sembra con molti mal di pancia interni, seppure con la puntualizzazione che ciò non avrebbe significato che l’Italia avrebbe poi preso effettivamente quei soldi. Cosa abbia fatto maturare questa decisione al partito che di più, insieme ai dem, aveva sostenuto la necessità del Mes per rimettere a posto la nostra sanità, lo ha spiegato lo stesso leader di Forza Italia: le nuove regole prevedono che le decisioni sull’erogazione dei fondi vengano prese a maggioranza dagli Stati e non dalla Commissione e dal Parlamento. Un Paese come il nostro potrebbe quindi trovarsi di fronte a un danno, cioè non richiedere o non vedersi assegnati soldi, ma anche a una beffa, perché comunque quel fondo ha contribuito a crearlo anche con le proprie erogazioni.

Da un punto di vista politico, la decisione di Berlusconi, che non è affatto un cedimento a Matteo Salvini come qualche sito frettolosamente ha commentato, segna un altro punto a favore del ritrovato (e dal virus “risanato”) leader ultraottuagenario. Da una parte, infatti, Forza Italia si presenta nella sua veste di forza seria e affidabile: europeista e attenta all’interesse nazionale all’un tempo, pragmatica e che soprattutto legge i documenti e non vota per ideologia o interesse meramente politico. Ciò mette ulteriormente in difficoltà i Cinque Stelle, che dovranno ora motivare la loro scelte più dettagliatamente, e in conseguenza la stessa maggioranza e lo stesso governo che mostreranno ancor più le crepe e le forti divisioni presenti al proprio interno. Proprio mentre dall’altra parte ci si presenterà uniti e compatti. Un risultato politico che forse è stato anche voluto, visto che il Cavaliere ha intuito che da Giuseppe Conte, teso a crearsi un proprio potere personale, non sarebbe arrivato nulla di concreto per gli altri, a maggior ragione per le opposizioni.

D’altronde che la partita del Recovery Plan il presidente del Consiglio, fra manager, mini direttorio e maxi task-force, la voglia giocare in solitario o quasi lo ha capito anche Matteo Renzi, che si è messo anche lui di traverso e che forse questa volta non si accontenterà di risarcimenti in nomine a posti di potere: “Al paese – ha sarcasticamente affermato – non servono trecento consulenti ma un governo”.

Non è forse nemmeno da sottovalutare, in questa vicenda, la fretta irritante con cui la maggioranza ha voluto ieri affossare i “decreti sicurezza “a firma Salvini ma che trovano la piena adesione di tutto il centrodestra. Non è stato certo un buon biglietto di presentazione per chi nello stesso momento chiedeva all’opposizione collaborazione e responsabilità.

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