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Il Fashion Italiano, volano dell’economia nazionale (e del Sud in particolare)

Di Dina Ravera

Per affrontare il post-pandemia, servono gli occhi di chi ha saputo costruire un impero partendo da zero. Dina Ravera, amministratore indipendente del Gruppo Otb e di A2a, Inwit, Reply e presidente del Pio albergo trivulzio, Destination Italia anticipa a Formiche.net gli argomenti principali che verranno affrontati nel web talk “Rilanciare il potenziale dell’Italia” organizzato da Task Force Italia, guidata da Valerio De Luca, in partnership con l’Accademia internazionale per lo Sviluppo economico e sociale (Aises), Universal trust e Global investors alliance. Ospite dell’evento Santo Versace, presidente di Gianni Versace s.p.a.

Task Force Italia (Tfi) è una piattaforma permanente no profit e indipendente, che ha lo scopo di mobilitare conoscenze integrate e competenze multidisciplinari, per poi trasformarle in soluzioni pragmatiche e proposte innovative da porre al servizio di una nuova visione strategica dell’Italia che ponga al centro lo sviluppo sostenibile e la trasformazione digitale.

Nello specifico, il tavolo di lavoro fashion di Tfi ha lavorato nel redigere delle proposte concrete su cui focalizzare le istituzioni per avviare interventi immediati utili e funzionali al sostegno e allo sviluppo della filiera moda, settore molto importante per l’economia del paese.

In questo contesto, l’esperienza di un imprenditore qualificato come Santo Versace, è certamente preziosa per perfezionare tali proposte, grazie alla sua grandissima esperienza nel settore ma anche all’attenzione da lui sempre dimostrata per lo sviluppo del nostro paese nel suo complesso ed in particolare del meridione. Il sud, infatti, rappresenta una risorsa importantissima per il rilancio economico dell’Italia se posto, finalmente e in modo inequivocabile, tra le priorità assolute delle nostre istituzioni.

Il Recovery Fund rappresenta certamente un’opportunità unica per noi italiani e per le nostre imprese perché ci sono stati assegnati dalla Ue 209 miliardi di euro, di cui 80 miliardi di sussidi (il numero più alto tra tutti i paesi europei, quasi il doppio della Francia ed il triplo della Germania), ma solo a patto che le istituzioni dimostrino di saper “spendere bene” le risorse disponibili. Infatti, nel passato troppe volte le risorse europee assegnate all’Italia non sono state utilizzate a causa della burocrazia e della lentezza del sistema giudiziario, oppure sono state utilizzate male in progetti poi abbandonati. Per chiarire il concetto, è sufficiente ricordare che negli ultimi 5 anni l’utilizzo dei fondi europei assegnati al nostro paese è stato sempre inferiore al 40% delle disponibilità.

Gli italiani in questa partita del Recovery Fund si giocano la possibilità unica di vedere le proprie aziende rimanere e/o diventare competitive nel nuovo contesto di mercato, grazie agli investimenti assegnati per la costruzione di infrastrutture, per la trasformazione digitale, e per il sostegno alle attività in ottica di economia circolare e sostenibilità. Ma esiste un rischio enorme dietro l’angolo: ovvero, se le risorse non verranno utilizzate o, peggio ancora, verranno sprecate, l’Italia si troverà irrimediabilmente nella classe dei paesi di serie c, e non ci sarà più modo di arrestare un tracollo economico devastante, con ripercussioni di cui ora non riusciamo nemmeno ad apprezzare fino in fondo la portata.

L’Europa, dal canto suo, con la logica “del buon padre di famiglia”, ha messo delle condizioni: i progetti presentati devono essere rilevanti per il rilancio economico del paese, ben dettagliati nella loro pianificazione e monitorati semestralmente da una Commissione dell’Unione europea. Il primo 10% della cifra totale verrà erogato tra gennaio ed aprile del prossimo anno, ma se non verranno rispettati i requisiti di utilizzo corretto dei fondi e nei tempi previsti, l’erogazione si interromperà.

Quindi, ognuno di noi ed in primis gli imprenditori, sentiamo la necessità di metterci in gioco fin da subito, prima che sia troppo tardi, per affiancare le istituzioni nelle scelte da prendere in questi mesi al fine di dare una concreta opportunità alla nostra economia, alle aziende del paese e alle generazioni future che, altrimenti, si troveranno a dover gestire una montagna immensa di debito pubblico con un gap di competitività delle imprese a quel punto irrecuperabile.

Quindi, il Recovery Fund rappresenta sì uno strumento importantissimo e validissimo, ma può essere usato e valorizzato solamente se le istituzioni implementeranno le riforme cruciali per migliorare decisamente la qualità della pubblica amministrazione; tali azioni di riforma saranno sinergiche ed interagiranno con gli investimenti pubblici al fine di renderli efficaci e puntuali. In tal senso, le priorità di intervento mettono al primo posto la giustizia, che vede attualmente oltre 2 milioni di pendenze civili e circa 1,5 milioni di pendenze penali, con tempi medi dei processi 2-3 volte superiori a quelli della Ue. Quindi sono da finalizzare subito riforme per velocizzare i tempi dei processi civili, penali, della gestione delle crisi d’impresa ed una revisione complessiva dell’ordinamento giudiziario per migliorare l’efficacia e l’efficienza della giustizia.

Inoltre, le istituzioni europee si attendono un conseguente focus su una drastica riduzione dell’evasione fiscale (anche grazie all’introduzione di una riforma cashless) e della criminalità organizzata, che rende il nostro paese profondamente fragile e vulnerabile, in particolar modo al sud, territorio che ha un potenziale di sviluppo incredibile e che va doverosamente valorizzato come merita.

Sono necessari poi interventi sull’apparato complessivo della pubblica amministrazione partendo dall’eliminazione sistematica dei vincoli burocratici alla ripresa e velocizzando i tempi delle procedure per le attività d’impresa e per i cittadini. Contestualmente è necessario un rafforzamento del capitale umano per la pubblica amministrazione, accompagnato da importanti investimenti nella formazione del personale, abilitandolo allo svolgimento del proprio ruolo profondamente in evoluzione alla luce della trasformazione digitale in atto e della rivoluzione verde e della transizione ecologica.

È necessario focalizzare poi gli investimenti in infrastrutture, fondamentali per il rilancio del sud e delle diverse realtà territoriali. In particolare facciamo riferimento alle infrastrutture/autostrade digitali (la copertura 5G e in fibra da estendere a tutto il paese, soprattutto fuori dalle grandi città) ed a quelle fisiche spostando l’elevata incidenza del trasporto stradale (52% per le merci e 91% per i passeggeri) verso il trasporto ferroviario alta velocità in particolare rafforzando i collegamenti Nord-Sud per rendere logisticamente efficienti le realtà economiche del meridione.

Focalizzando poi l’attenzione alla trasformazione digitale della nostra società, con dinamiche di mercato sempre più globali (vedi l’impatto di amazon sulla distribuzione retail, o di google sull’editoria), è richiesta una riorganizzazione urgente delle imprese al fine di poter competere nel nuovo contesto di mercato in cui viviamo. Quindi ben vengano investimenti in reskill e upskill delle risorse delle pmi italiane ed anche di chi è preposto al settore dell’istruzione. I nostri ragazzi vanno formati in modo differente dai criteri utilizzati negli ultimi 20 anni, perché i giovani sono una risorsa preziosissima per questa nuova fase economica digitale, ma vanno introdotti il più velocemente possibile nel mondo del lavoro per integrare le competenze di chi ha decisamente più esperienza di loro nel settore specifico, ma non riesce più a dialogare con il nuovo eco-sistema digitale.

Inoltre, certamente l’Italia ha un patrimonio artistico, culturale e paesaggistico imbattibile. Siamo il paese che ha più siti Unesco al mondo (55), il #1 per densità del numero di siti archeologici a livello mondiale, il #1 per numero di riconoscimenti ricevuti da Ue per qualità dei prodotti enogastronomici (Dop, Igp, Stg), il primo paese produttore di vino al mondo, 7mila+ chilometri di costa, con il primato regionale attribuito alla Sardegna, e potremmo andare avanti per ore…

È dal turismo che dobbiamo ripartire, attualmente concentrato su poche città (20 fanno oltre il 75% del turismo, di cui solo 2 al sud, Napoli e Sorrento), estendendolo a tutto il territorio italiano, a partire dal sud che attualmente vede una valorizzazione del proprio territorio del 70% inferiore a quello delle regioni del nord e del 50% rispetto al centro. Inoltre, il clima mite del sud è perfetto per ampliare la stagionalità del turismo oggi concentrata solo su 6 mesi, valorizzando tutto l’anno le bellezze del territorio e il patrimonio eno-gastronomico locale. Incrementando il turismo del sud Italia al livello del nord Italia, si potrebbe innalzare il contributo al Pil nazionale del turismo straniero di almeno 15-20 miliardi euro (pari ad 1 punto di Pil), senza contare tutto il valore per l’indotto quali il settore dei prodotti enogastronomici e del fashion. Infatti, il giro di affari del fashion travel è raddoppiato negli ultimi dieci anni, e ha visto nel 2019 il 14% dei visitatori stranieri venire nel bel paese per fare shopping.

Il fashion infatti, è un settore trainante della nostra economia e bisogna intervenire con celerità perché ha avuto delle ripercussioni enormi dall’episodio pandemico.
Partiamo dai numeri del settore moda: 80miliardi di euro di fatturato (8.5% del Pil) e 500mila addetti (12.5% dell’occupazione manifatturiera in Italia), in gran parte localizzati in Toscana, Marche, Emilia Romagna, Veneto e Lombardia.

Inoltre, il sistema manifatturiero italiano rifornisce al 60% il mercato globale della moda di qualità; l’industria tessile italiana rappresenta il 78% del totale delle esportazioni europee; circa un terzo del valore generato dal sistema moda dell’Unione europea è italiano, circa 3 volte quello tedesco, 4 volte quello spagnolo, 5 volte quello francese; il 70% dell’export di moda italiano si posiziona nella fascia di alta gamma. Infine, il saldo commerciale dei personal luxury goods ammonta ad oltre 33miliardi di euro (il secondo ammontare più consistente dopo la meccanica). Notevole!!!

Ma la Pandemia ha avuto un forte impatto negativo sui ricavi del settore abbigliamento e accessori, secondo solo al settore ricettivo e del turismo, con riduzioni degli introiti stimati pari ad oltre il 30% rispetto allo scorso anno (-25 miliardi di euro). Inoltre, il rapporto tra il patrimonio finanziario netto e il risultato economico operativo (Pfn/Ebitda) delle aziende del settore, stabile su un valore di +0.3 a causa della pandemia è previsto deteriorarsi a livelli fortemente negativi e purtroppo non sostenibili per molte aziende del settore.

Da dove ripartire?

1. È necessario promuovere importanti investimenti nell’innovazione e trasformazione digitale del settore, lungo tutta la filiera. A titolo semplificativo: nella realizzazione dei prodotti, nei sistemi previsionali della domanda e di pianificazione delle attività di business tramite l’artificial intelligence, nell’e-commerce, nell’integrazione digitale sempre più efficace e efficiente tra cliente e partner internazionale pre e post vendita, nella protezione dell’intellectual properties contro i falsi e cybersecurity.

2. Sostenibilità ed economia circolare. È necessaria la promozione di investimenti delle imprese per la ridefinizione delle proprie filiere in chiave sostenibile, in green delivery/packaging, in sistemi tecnologici e di intelligenza artificiale utili alla tracciabilità delle materie prime. Importante inoltre la creazione di un hub italiano per il riciclo dei capi, dei prodotti e dei semilavorati, la realizzazione di un knowledge hub sulla sostenibilità e investimenti per l’efficientamento energetico della filiera.

3. Capitale umano. Sono necessari sostegni alla formazione e trasmissione del “saper fare” attraverso agevolazioni fiscali o contributi per gli investimenti in corporate academy del made in Italy/botteghe dei mestieri, un piano nazionale per la promozione dei lavori manufatturieri, corsi di formazione su tematiche di digitalizzazione, sostenibilità e sostegno all’internazionalizzazione (reskilling e upskilling), favorire il ricambio generazionale prevedendo forme di incentivazione per l’inserimento dei giovani nelle aziende.

4. La promozione del reshoring, in particolare nelle regioni del sud, che può rappresentare una grande risorsa per il settore, grazie alla disponibilità di forza lavoro qualificata ed a costi inferiori per il minor costo della vita rispetto al centro nord. Vanno introdotti incentivi fiscali per le aziende che decidono di trasferire o stabilire un ciclo completo in Italia, e vanno creati infrastrutture/ecosistemi di qualità per la creazione di hub o il potenziamento di quelli esistenti per aumentare la produttività del settore moda.

5. Progetti di filiera, dove le organizzazioni di maggiori dimensioni devono farsi promotrici di progetti di collaborazione e partnership per creare un ecosistema che acceleri l’innovazione, per focalizzarlo su tecnologie comuni valorizzando al meglio gli investimenti a beneficio dell’intero ecosistema (ovvero anche delle realtà più piccole).

Oltre a supportare concretamente gli investimenti delle imprese nel fashion sopra descritti (ad es. con finanziamenti agevolati, ecobonus, sussidi a fondo perduto), gli strumenti fiscali su cui le istituzioni si devono concentrare per promuovere concretamente il cambiamento vedono la semplificazione amministrativa e fiscale al primo posto, per poi prevedere l’utilizzo di crediti d’imposta, patent box sul “full made in Italy”, l’Ace per spingere al reinvestimento degli utili all’interno dell’azienda disincentivando la distribuzione dei dividendi ai soci esteri.

Per concludere: l’opportunità del Recovery Fund è concreta e unica. Ma bisogna fare presto e bene, promuovendo una collaborazione tra imprese, università/istituti di ricerca e istituzioni per finalizzare un piano concreto ed efficace al fine di impiegare al meglio le risorse a disposizione del paese. A tal fine, è determinante ascoltare la voce di imprenditori come Santo Versace che vogliono essere in prima linea con noi di Task Force Italia nel supportare e indirizzare al meglio le istituzioni, per evitare un domani di dover dire ai nostri figli e nipoti di non aver per lo meno provato ad invertire la rotta del declino economico nazionale che si è improvvisamente accelerato causa pandemia, ma auspicabilmente di aver contribuito ad un rilancio della nostra economia per garantire loro un futuro dignitoso e qualificante, valorizzando il patrimonio culturale, artistico e imprenditoriale unico e distintivo del nostro bel paese.

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