Qualsiasi moratoria risolve solo un sintomo della crisi, ma non affronta in alcun modo il problema delle cause. La questione emerge con chiarezza proprio nel settore del credito: un conto è la moratoria concessa per superare un problema transeunte: un’annata sfortunata o un evento catastrofico. Altro conto è se concessa in un contesto di deterioramento strutturale di interi settori economici. Conversazione con Stanislao Chimenti, docente di Diritto commerciale e partner dello studio internazionale Delfino Willkie Farr&Gallagher
È necessario intervenire non con la “moratoria” sui pagamenti per alleggerire la carenza di cassa, ma anche con misure di natura strutturale. Ecco quali secondo l’avvocato Stanislao Chimenti, docente di Diritto commerciale e partner dello studio internazionale Delfino Willkie Farr&Gallagher che Formiche.net ha interpellato per capire come poter far riprendere le Pmi.
Il mercato del credito è stato fortemente inciso dalla pandemia. Come giudica il recente richiamo della Bce sulle banche europee a mantenere invariati i criteri di valutazione del rischio di credito?
Si tratta di un’iniziativa che ben evidenzia i termini del problema. La vigilanza bancaria comunitaria paventa il credit crunch. In sintesi, si teme che se si allentassero le maglie dei controlli, le sofferenze emergerebbero improvvisamente, con un impatto sul sistema bancario ben maggiore. Si esortano così le banche a mantenere inalterati i propri standard di segnalazione tempestiva delle posizioni, al fine di scongiurare il rischio di “ingolfamento” dei bilanci con posizioni che oggi appaiono solide, ma sono presto destinate a essere classificate quali npl.
Lei ritiene che questo approccio non sia desiderabile?
La funzione di controllo non può in alcun modo essere depotenziata e condivido la preoccupazione della Bce che la vigilanza debba continuare a operare con efficienza anche, e anzi soprattutto, durante una pandemia. Ma i metodi debbono essere del tutto diversi e distinti rispetto agli standard ordinari. Non è possibile, ad esempio, applicare gli automatismi degli strumenti di allerta e prevenzione e, in generale, tutti gli strumenti che sono via via stati approntati in tempi di “normalità”. Come ho già avuto modo di osservare, la moratoria conferisce liquidità ma non risolve il problema delle cause che hanno privato le aziende e i professionisti di circolante. Di più, la crisi non è solo di cassa ma, in moltissimi casi, e anzi in interi settori, è una crisi sistemica, strutturale, la quale investe e forse travolge larghi comparti dell’economia che non riescono più a competere sul mercato in seguito alla pandemia e alle normative che, in larga parte dell’Europa, hanno limitato o addirittura impedito tout court l’esercizio dell’attività di impresa. Tale essendo il problema, è impensabile che gli strumenti e le metodologie della vigilanza restino invariati, magari in virtù di automatismi che sono oramai anacronistici. Se un’azienda ha ottenuto una moratoria sul pagamento di un mutuo a causa della crisi Covid-19, è ragionevole ritenere che, alla data odierna, non possa avere superato le cause che l’hanno indotta a richiedere la sospensione e il rinvio delle scadenze. È allora utile e doveroso che la vigilanza continui a operare; ma è necessario che essa indaghi approfonditamente il segmento dei prestiti e del credito valutando l’impatto specifico della pandemia sulle imprese e approntando reazioni il più possibile specifiche e differenziate. Solo in questo modo si potrà evitare non tanto e non solo il credit crunch quanto il collasso dell’intero sistema, non solo italiano, ma anche europeo.
È allo studio anche una nuova procedura di esdebitazione.
Mi pare un’iniziativa oltre modo opportuna, contenuta in parte nel nuovo codice della crisi di impresa ma che è utile anticipare, visto lo slittamento dell’entrata in vigore di questa nuova normativa. Di più, se le ipotesi che stanno circolando dovessero trovare conferma, si tratterebbe di una previsione che riguarderebbe anche le persone fisiche e le imprese al di sotto della soglia di fallimento o i professionisti, nonché, per la prima volta, il “nucleo familiare”. La procedura tenderebbe a verificare l’assenza di comportamenti dolosamente fraudolenti, ma per il resto mirerebbe ad alleggerire quanto più possibile il carico debitorio che negli ultimi tempi ha finito per schiacciare famiglie e imprese, sia per il protrarsi di una crisi macroeconomica che oramai perdura da oltre dieci anni, sia, va da sé, da ultimo per la crisi pandemica. Ovviamente sarà necessario attendere il testo definitivo, ma mi pare che la direzione sia quella giusta.
Come giudica il tema della moratoria dei pagamenti attuata in Italia?
La misura era indubbiamente necessaria, ma non sufficiente. Come ho detto, qualsiasi moratoria risolve solo un sintomo della crisi, ma non affronta in alcun modo il problema delle cause. La questione emerge con chiarezza proprio con riferimento al settore del credito: un conto è la moratoria concessa per superare un problema transeunte: un’annata sfortunata, un evento catastrofico, ecc. Altro conto è se la moratoria viene sì concessa, ma in un contesto di deterioramento strutturale di interi settori economici. In quei casi il mero rinvio può addirittura aggravare il problema se non è accompagnato da misure di natura strutturale.
In Inghilterra la concessione della moratoria attiene a criteri oggettivi che però tengono conto della crisi attuale. Difatti, un’impresa in difficoltà può ottenere una moratoria di 40 giorni lavorativi che, in presenza dell’autorizzazione del Tribunale e dei creditori, può estendersi sino a 12 mesi. Fino al 31 marzo 201, peraltro, i criteri di accesso al beneficio sono meno stringenti dell’ordinario, giacché la moratoria viene concessa anche a società che siano state assoggettate a procedure concorsuali negli ultimi 12 mesi.
Anche l’Italia ha mostrato attenzione al problema proprio in relazione al tema dell’adeguamento del sistema dei controlli alla eccezionalità della situazione. Come noto, infatti, è stata rinviata l’entrata in vigore del nuovo codice della crisi d’impresa e degli istituti di allerta e prevenzione. Quegli strumenti, pensati per una situazione del tutto diversa, avrebbero finito per aggravare ingiustamente le crisi di impresa. L’auspicio è che durante questo periodo, venga affrontato il tema di una riforma organica e sistematica della crisi di impresa che tenga nel debito conto l’eccezionalità della crisi epidemiologica. In parallelo, sarà necessario fornire le imprese di una liquidità ben maggiore di quanto non sia stato fatto finora, secondo progetti di investimento strategici nei settori chiavi del sistema-Paese.