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Nove protagonisti più uno. Le pagelle politiche 2020 di Ocone

Corrado Ocone ci offre un giudizio sintetico, sotto forma di voto, sui protagonisti del 2020, attenendosi nella misura del possibile a un metro strettamente politico. Il primo della classe? Luigi Di Maio

È sempre difficile fare bilanci, ma lo è ancor più questa volta. Il 2020 è stato un anno particolare per la politica italiana, messa alla prova dall’emergenza pandemica. Qui lo sforzo è di dare un giudizio sintetico, sotto forma di voto, sui suoi protagonisti, ma attenendoci nella misura del possibile a un metro strettamente politico. Possiamo avere le nostre opinioni politiche, dare persino un giudizio morale sui politici, ma non è questo che qui ci importa. L’occhio lo rivolgiamo solamente alla capacità di muoversi sul campo di gioco.

SILVIO BERLUSCONI

Un gran movimento il suo, soprattutto negli ultimi mesi. Vive la contraddizione, a cui non vuol rassegnarsi, di una forza politica che copre uno spazio di cui si sente la mancanza ma che per vari motivi difficilmente potrà sopravvivere a un suo ritiro dalla politica. L’impressione che trasmette è quella dell’ “usato sicuro”, e sicuramente sa come far luccicare come fosse oro il residuo metallo che ha in mano:  7

CARLO CALENDA

Gioca ostinatamente una partita al centro, e pure con una certa coerenza. In un tempo di polarizzazioni è encomiabile, ma forse improduttivo. Credo lo abbia capito lui stesso, provando a giocare la partita di sindaco della Capitale. Anche qui però non sembra aver convinto il suo ex partito, come sperava: d’altronde, lo attacca un giorno sì e l’altro pure! Un po’ sopra le righe nella comunicazione, ma le sue idee “liberali” e la sua visione “produttivistica” vanno comunque apprezzate: 6

GIUSEPPE CONTE

Pur essendo un politico acquisito, il presidente del Consiglio è stato sicuramente il protagonista di gran lunga più visibile della scena politica italiana. Tutto il contrario di quanto lo era stato nella sua prima esperienza governativa. In verità, già dall’inizio di questo governo, egli era stato posto dai partiti della nuova maggioranza in un ruolo non di mero “burattino” ma di premier effettivo. La pandemia ha fatto il resto. Ma oltre alla “fortuna”, in politica per Machiavelli conta la “virtù”. In una parola: ne ha saputo approfittare? Qui il giudizio deve dividersi in due fasi temporali: in quella del primo lockdown sicuramente e ampiamente; poi non più, in un processo di discesa fino ai venti di crisi attuali. Per non essere un politico di razza, la sufficienza gli va omunque data: 6

 LUIGI DI MAIO

Non sarà certo lo “statista” evocato da Renato Brunetta, anzi!, ma fiuto e capacità politica sicuramente ce l’ha. Ha imparato presto. Anche lui è partito da “sconfitto” (dopo tutto il secondo governo lo ha subito), tuttavia non solo è riuscito a riprendersi in mano il partito (o buona parte di esso) relegando al ruolo di comparsa il povero Vito Crimi (voto: n.p.) ma ha dato anche una immagine di affidabilità istituzionale. Non ha ceduto su molti punti, compreso il Mes, e ha vinto la battaglia simbolica del referendum. A malincuore: 8

GIORGIA MELONI

Se si giocasse al tavolo della coerenza, sarebbe un 10 netto. Ma purtroppo la politica è attività umana per eccellenza e l’uomo è un “legno storto”. L’identità e la coerenza può irrigidire, o almeno relegare in un angolo. Al di fuori di un governo di centrodestra, la leader di Fratelli d’Italia non ha e forse non vuole avere spazio. Merita un voto alto anche nella capacità di muoversi a livello internazionale, ma anche qui col limite di doversi muovere sempre e solo fra i “suoi”: 7

MATTEO RENZI

Non si rassegna ad essere leader di un partito che non sfonda nei sondaggi e il suo movimento è frenetico. Non trasmette certo senso di responsabilità, soprattutto non sopportando il premier del governo di cui è parte ed essendo alla ricerca continua di potere per sé e per i suoi. Si sa però che il diavolo è a volte l’uomo di affar del buon Dio, esolleva problemi effettivi di questa compagine governativa. Sa muoversi, ma il suo movimento è dopo tutto quello di un “disperato”: 6

MATTEO SALVINI

Per lui un anno di transizione. Partiva da una situazione sfavoreole, essendo stato messo all’angolo l’anno prima in Europa e in Italia. Ha fatto tesoro della lezione e si è rimboccato le maniche: senza nulla sconfessare del passato, ha provato a dare di sé una immagine di responsabilità e serietà. Gli manca ancora un profilo preciso e la cultura politica è tutta da costruire. Il lavoro da fare è ancora tanto, ma è stato anche quest’anno protagonista e ha osato appellarsi ad una “rivoluzione liberale” di cui solo Dio sa quanto l’Italia avrebbe (ora più che mai) bisogno: 7

ROBERTO SPERANZA

A inizio anno, pur essendo leader di un partito di maggioranza, in pochi avrremmo pensato che potesse avere la visibilità che ha avuto. Si è trovato in mano un ministero che è diventato centrale, riuscendo fra l’altro a trasmettere un’immagine di serietà. Purtroppo, è la serietà del “questurino”, appesantita  da una mentalità non liberale e da scarsa empatia. Forse pensava di ovviare in parte con il suo libro, ma è finita come è finita…. 4

NICOLA ZINGARETTI

Sicuramente è un grande incassatore: prima di un governo che dopo tutto non voleva, poi dello strapotere grillino e di quello del premier, infine dell’iniziativa a tutto campo di Renzi. Sempre sulla difensiva, trasmette un immagine di stabilità, che di questi tempi ha un suo peso, ma anche di irrilevanza e inefficacia. La tenuta elettorale del Pd avrebbe forse meritato un segretario più di “sfondamento”: 5

Un protagoista, spesso silente ma proprio per questo molto influente (e non solo per il suo ruolo), è Sergio Mattarella. Chi scrive ha un suo giudizio sull’uomo e sul politico, ma non lo dà per rispetto istituzionale. La figura che rappresenta, per Costituzione, l’unità della Stato e la coesione nazionale, va giudicata dalla storia e non dalla cronaca. Ne riparleremo fra qualche anno. Intanto, prepariamoci al suo discorso di fine 2020.

 

 

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