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La città proibita gongola (a spese dell’Italia). Ecco perché


Da alcuni mesi viene lanciata dalle principali televisioni cinesi (tutte di Stato) e dai maggiori quotidiani del Paese l’informazione secondo cui a Wuhan sarebbe arrivato un virus di importazione dalla Lombardia (e forse anche dall’India) impacchettato in cibi congelati

L’ambasciata della Repubblica Popolare Cinese se la gode. Prendendo spunto dall’informazione secondo cui tracce del coronavirus sarebbero state individuate nell’esame di un esame diagnostico fatto nel dicembre 2019 ad un bambino di quattro anni, ha scritto a Pechino che ora si ha prova regina di una balla che da alcuni mesi viene lanciata dalle principali televisioni cinesi (tutte di Stato) e dai maggiori quotidiani del Paese: quella secondo cui a Wuhan sarebbe arrivato un virus di importazione dalla Lombardia (e forse anche dall’India) impacchettato in cibi congelati.

Di questa balla non hanno parlato nelle loro corrispondenze i corrispondenti di stanza in Cina sia in quanto sarebbero stati espulsi sia in quanto la balla era solo per uso e consumo del pubblico cinese, diretta a mostrare che sono nel migliore degli Stati possibili, retto dal migliore dei governi possibile. Ne ha scritto Javier C. Hernández, una grande firma internazionale, sul New York International dell’8 dicembre.

Per dare corpo alla balla, i nostri amici cinesi, con cui ci abbracciamo sulla Via della Seta, hanno scomodato anche un grande epidemiologo tedesco, il prof. Alexander Kekulé del centro di ricerca sulla biosicurezza di Halle. Hanno tagliato e cucito una sua intervista, facendo apparire che fossero Kekulé e la sua squadra a fare l’importante scoperta del “virus lombardo” giunto a fare danni a Wuhan. Kekulé, nato a Monaco di Baviera da famiglia messicana, e quindi caliente, si è inviperito, ha fatto fuochi e fulmini sino a quando l’ambasciata della Repubblica Federale ha protestato tramite canali diplomatici e la finta intervista (che faceva il giro dei canali televisivi cinesi) è stata ritirata. Non è dato sapere se l’ambasciata della Repubblica Italiana a Pechino abbia fatto un passo analogo.

Allora i nostri “amici cinesi” (per così dire) ne hanno pensato un’altra. Son riusciti a fare pubblicare sul Social Science Research Network (Ssrn), la più vasta rete telematica di lavori scientifici (vari milioni di papers ogni anno in numerose discipline) un saggio di 22 pagine firmato da quattro nomi cinesi appartenenti all’Accademia Cinese delle Scienze. Il paper sostiene che il virus è di importazione se non dall’Italia dall’India. Altri finimondo: fuoco e fulmine a Nuova Delhi. Ed allo Ssrn: il “paper” viene ritirato, con tante scuse, e cancellato dal web.

Roba da “risate all’italiana” dei film di Totò anni Sessanta! Senza dubbio, il ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale si è mosso. Siamo certi che verremo informati.


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