L’ombra di un ritorno alle urne con un Parlamento dimezzato è un formidabile deterrente. E una crisi al buio, oggi, non la vuole nessuno. Scommettiamo che mercoledì al Senato non succede nulla? Un rimpasto e i Conti torneranno. La rubrica di Pino Pisicchio
C’è un po’ di iperuranio nella politica italiana e talvolta si trasforma in uno sguardo strabico che pretende di scrutare il reale e l’irreale contemporaneamente. Prendete gli ultimi affanni del governo e dei suoi supporter ( l’opposizione è un passo indietro). Fuori dall’uscita di casa c’è il covid con i suoi untori esponenziali al secondo assalto, che fa registrare numeri agghiaccianti sui decessi, con un ritmo quotidiano che pareggia e supera quello tristissimo dei primi montesi dell’anno. E consola davvero molto poco sapere che gli algoritmi sanitari volgono al meglio se nel frattempo stiamo vedendo morire l’intera generazione dei nonni e dei padri più grandi.
Il nemico, dunque, è lì: dovremmo darci una mossa per non farci devastare più di quanto non sia già accaduto e per attingere quante più risorse è possibile dall’Europa, disegnando – e condividendo – un piano di rinascita dell’economia, il più possibile lontano da tentazioni di captatio elettoralistica. Invece succede che ci si accapigli- agitando il più iperuranico dei motivi, il Mes – con lo stesso piglio con cui negli anni ‘70 un segretario del Psdi o il capocorrente dei massimalisti del Psi, potevano minacciare un governo Rumor, agitando nobilissime ragioni ideologico-programmatiche, ma in sostanza rinegoziando assetti di governo e cospicui pezzi di lottizzazione.
Siccome l’elegante copertina ideologico-programmatica all’epoca c’era, la dialettica ne risultava persino nobilitata e il sottotesto vero della diatriba veniva dignitosamente sepolto dalla “politica”. Per fare quello che si faceva, ovviamente, occorreva un fisico bestiale. Che adesso non usa più. Adesso la sintassi è un po’ più povera, senza copertura ideologica e senza troppo pensiero e libri dentro, e gli attori quel fisicaccio non ce l’hanno proprio.
E allora, se qualcuno comincia a rumoreggiare minacciando questo e quell’altro, si fa meno fatica a capire dove vuole andare a parare: pezzi di potere, scranni di governo, mugugni di inappagati. E conti della serva, puntando sul peso moltiplicato a Palazzo Madama, dove il governo sta filo-filo. Chi di dovere, molto in alto, ha dovuto far comprendere che, a fare troppo gli schizzinosi su questo governo con qualche strattone inconsulto, magari sul Mes, si sbatte il naso non su un altro governo, ma su una nuova campagna elettorale.
Per eleggere il nuovo parlamento in formato ridotto ( leggasi con 345 possibilità in meno di tornarci). E questo warning dovrebbe bastare. Mercoledì prossimo va in discussione al Senato la vexata quaestio del Mes: scommettiamo che non succede niente? Perché l’occhio sinistro che guarda all’iperuranio, non concorda con quello destro che guarda alla sopravvivenza nella valle di lacrime della XVIII legislatura. Morale della favola: tutto si può fare, tranne che tornare al voto prima dei prossimi tre anni. Anzi, quasi due,visto che siamo arrivati al 2021. Il Mes? Prima o poi sarà il momento del rimpastino. E torneranno tutti i Conti.