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Pnrr e infrastrutture per la mobilità. Un’occasione da non perdere

La bozza del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) destina 27,7 miliardi alla sostenibilità, ma non ci sono cenni di analisi economica. La lettura di Giuseppe Pennisi

La bozza del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) destina 27,7 miliardi alle infrastrutture per una mobilità sostenibile. Troppi? Troppo pochi? Difficile dirlo perché il Pnrr non illustra quale metodo è stato adottato per ripartire tra missioni le risorse che dovrebbero arrivare all’Italia dal Resilience and Recovery Facility del Next Generation EU.

Come ho scritto anche altrove, non si sa la ripartizione dei finanziamenti tra i sei settori è il risultato di un lavoro “top down” o “bottom up”. Ossia, se è frutto di un’analisi effettuata con la modellistica econometrica disponibile al Ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef ) o all’Istat per trovare, tra le tante ripartizioni possibili, quella che meglio ottimizza gli obiettivi in termini di crescita del Pil e dell’occupazione. Si sarebbe potuto utilizzare il modello Macgem-It sviluppato dal Mef e che ci viene invidiato da altri Paesi europei. Oppure, se è la mera sommatoria dei fondi richiesti per la sessantina di progetti prescelti. E non si sa neanche sulla base di quali parametri i progetti siano stati valutati e di quali criteri scelti.

La missione include due linee di azione che prevedono quattro progetti. La prima componente – Alta velocità di rete e manutenzione stradale –contempla la realizzazione di una serie di opere infrastrutturali sia sulla rete ferroviaria sia su quella stradale per facilitare la mobilità dei cittadini e delle merci, contribuendo anche a renderla sostenibile. Le opere ferroviarie sono volte a realizzare l’Alta Velocità, a rafforzare i collegamenti Nord-Sud ed Est-Ovest del Paese così come i corridoi europei Ten-T, e ad innalzare gli standard tecnologici e di sicurezza della rete e dei suoi principali nodi.

Un obiettivo chiave è estendere l’Alta Velocità al Sud per migliorare la connettività del Paese, riducendo significativamente i tempi di viaggio. Le opere ferroviarie al Nord sono invece sinergiche con gli investimenti previsti sui porti di Genova e Trieste (aumenteranno la capacità di trasporto merci su ferro dai porti verso l’Europa centrale), mentre le opere ferroviarie nel Centro miglioreranno i collegamenti di rete Est-Ovest. Gli investimenti previsti sullo sviluppo tecnologico di vari nodi e direttrici della rete (applicazione della tecnologia Ertms), infine, aumenteranno significativamente la capacità e sicurezza del trasporto ferroviario nazionale, con effetti importanti anche sul trasporto ferroviario regionale e sulla frequenza del traffico pendolari in entrata a Milano, Roma e Napoli. In questo quadro si pone anche la messa in sicurezza e monitoraggio digitale di strade, viadotti e ponti

La seconda componente –Intermodalità e logistica integrata – attiene al miglioramento della competitività, capacità e produttività dei porti in chiave green. Questa componente prevede due elementi progettuali: il miglioramento della capacità e produttività dei principali porti attraverso una serie di interventi puntuali che coinvolgono, ad esempio, la diga foranea di Genova, e l’accessibilità portuale e dei collegamenti ferroviari e stradali con i porti; inoltre, la sostenibilità ambientale dei porti attraverso il miglioramento della situazione ambientale e la riduzione delle emissioni di CO2 dei porti (riducendo le emissioni inquinanti da combustibili fossili.

Nel Pnrr non ci sono cenni di analisi economica. Il che è sorprendente perché dai tempi di Jules Dupuit (ossia dal 1840) i trasporti e la logistica sono stati il primo campo d’azione dell’analisi economica degli investimenti pubblici. Sorprende ancora di più perché in Italia esistono manuali in materia quale quello del Ministero del Bilancio e della Programmazione economica ed opere come quelle di Bruno Trezza e Vittorio Marrama, per non citare che le più note. Inoltre l’Italia è uno dei rari Paesi dell’Unione europea (Ue) che ha realizzato un piano generale dei trasporti con la consulenza di Wassily Leontief: il piano approvato nel 1986 si sarebbe dovuto aggiornare ogni tre anni. È stato aggiornato dal secondo Governo Berlusconi nel luglio 2001. Il Pnrr sarebbe stato una buona occasione per un nuovo aggiornamento.

Elementi utili sono nel volume appena pubblicato Mariano Bella (a cura di) Trasporti e Logistica: analisi e prospettive per l’Italia – Ricerche per Conftrasporto- Confcommercio Bologna, Il Mulino 2020. Gli studi includono vari aspetti economici del settore dai rapporti tra mobilità, energia ed ambiente, alla fiscalità sulle emissioni climalteranti, al sistema portuale italiano a, soprattutto, al valore perso dal sistema Italia a causa del deficit trasportici e logistici. Quest’ultimo è particolarmente importante – per le utili quantizzazioni che danno almeno un’idea della perdita di valore aggiunto (ossia di Pil) a ragione di un sistema trasportistico e logistico inadeguato (attorno a 100 miliardi di euro l’anno). Se ne raccomanda la lettura agli estensori del capitolo trasporti e logistica del Pnrr, di cui verrà certamente approntata una seconda bozza, anche a ragione delle critiche alla prosa del documento apparse sulla stampa quotidiana.


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