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Recovery Fund, la fila alla cabina (di regia) è tempo sprecato

Per andare oltre una cabina di regia irrealizzabile, dopo il Consiglio europeo del 10-11 dicembre, nei cinque mesi che si prevedono necessari per la ratifica dell’accordo, ci sono due strade. Ecco quali nell’analisi di Giuseppe Pennisi

Sembra una “commedia all’italiana” un po’ piccante quali quelle di Marco Ferrero che facevano impazzire l’Italia pudibonda degli anni Settanta del secolo scorso. In pochi giorni, è nata una vera e propria fila alla “cabina” (non quelle da spiaggia dove si cambiavano “le maggiorate” di una volta e si mettevamo in coda porcaccioni per scorgere qualcosa tra le lastre di legno delle pareti o dal buco della serratura) ma la “cabina” metaforica proposta dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte per la gestione della Recovery and Resilience Facility del Next Generation Eu.

Ed è una fila di ben intenzionati alla ricerca di un posto di lavoro e di uno stipendio che stanno muovendo tutte le loro relazioni amicali per fare sì che la “cabina di regia” si realizzi. E sia accogliente. La loro “guida” è la bozza di decreto legge partorita alle due del mattino di una lunga notte la settimana scorsa, proprio prima che il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, lanciasse un siluro contro “la cabina”, dicendo a voce alta ciò che numerosi capi e capetti del Partito democratico, e tutti quelli dell’opposizione, affermavano a voce più o meno bassa e che gli esperti in materia scrivevano sulle maggiori testate.

Secondo i giuristi, una “cabina” del genere richiederebbe profonde riforme alla Costituzione sia per trasformare il presidente del Consiglio in un Cancelliere sia per esentare “gli amici degli amici” dall’obbligo di una selezione concorsuale. La “cabina” quale prevista dalla bozza di decreto legge aprirebbe la porta ai più palesi conflitti di interesse se tra i “manager” o gli “esperti” vengono chiamati dirigenti e funzionari di aziende (anche a partecipazione pubblica), sedicenti cultori della materia provenienti da società di consulenza, esponenti di associazioni culturali con la missione implicita di lobbying. I chierici vanganti, le suffragette, gli autoproclamatisi professorini per avere tenuto un paio di corsi in filiali romane (oggi chiuse) di università americane si mettano l’animo in pace. La “cabina” resterà nel mondo dei sogni. Ed il loro corteggiamento a esponenti del “post ideologico” Movimento Cinque Stelle è tempo sprecato.

Dopo il Consiglio Europeo del 10-11 dicembre, nei cinque mesi che si prevedono necessari per la ratifica dell’accordo, ci sono due strade:

a) L’istituzione di un ente ad hoc, al di fuori del perimetro della pubblica amministrazione, guidato da una personalità tecnica di rilievo internazionale, come delineato in un volume consegnato il 14 dicembre dal Prof Giorgio La Malfa al Capo dello Stato. Ed è il modello della Cassa del Mezzogiorno che pensata da Viktor Sullam e dal suo (allora) assistente Hollis Chenery (che diventò vicepresidente dalla Banca Mondiale) che ha funzionato bene sino alla metà degli anni Settanta del Novecento ed a cui la Banca Mondiale ha fatto quattro linee di credito di grande successo (ben descritte in un libro di Luigi Paganetto e Pasquale Lucio Scandizzo sul tema). L’ente sarebbe anche “il referente unico” richiesto dalla Commissione europea.

b) Utilizzare le strutture esistenti. Il Cipe o il Ciae per l’indirizzo ed il coordinamento generale e se si vuole l’interlocuzione con la Commissione europea (il gran parte degli altri Stati tale compito è svolto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. Mef), il Mef in quanto depositario della modellistica econometrica (lì sviluppata), dei metodi e delle tecniche di analisi costi benefici (anche nelle versioni più avanzate) e soprattutto del controllo finanziario (in quel corpo speciale che è la Ragioneria Generale dello Stato) opererebbe (come fa sempre) in collaborazione con gli enti di spesa, ministeri e Ragioni, titolari dei progetti.

Come hanno suggerito Fabrizio Barca e Mario Monti, se ci sono dirigenti non all’altezza, la normativa consente di sostituirli con altri che lo siano. Se ci sono vuoti da colmare, come ha suggerito Gustavo Piga, si possono fare contratti (con università meglio che con individui) o selezioni competitive per impieghi a termine con giovani.


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