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L’aiuto della Commissione europea sulle riforme. L’audizione di Mario Nava

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“Dopo i giorni iniziali dell’emergenza Covid è diventato evidente come l’Unione europea sia stata il perno che ha fatto cambiare la dinamica della crisi”. Ecco cosa ha detto Mario Nava, direttore generale del dipartimento Reform della Commissione europea nell’Audizione in forma di intervista da parte di Valerio De Luca, presidente di Task Force Italia

Giustizia e pubblica amministrazione, sono questi i due settori dove urgono riforme. La qualità della pubblica amministrazione e della giustizia incidono su tutti quegli elementi che gli economisti definiscono la “total factor productivity”. È il messaggio chiave per il nostro Paese emerso dall’audizione di Mario Nava, Direttore generale dipartimento Reform della Commissione europea, intervistato dal presidente di Task Force Italia Valerio De Luca. Tra i partecipanti, moderati da Dina Ravera, Vicepresidente di Task Force Italia, Luigi Fiorentino Capo gabinetto del ministero dell’Università e della Ricerca, Francesco Profumo, presidente di Fondazione Compagnia di San Paolo e di Acri, Giovanni Fiori, direttore del centro di ricerca governance e sostenibilità Luiss, Patrizia Giangualano, consigliere di amministrazione Gruppo Mondadori Spa e Sea Aereoporti e Massimo Lapucci, segretario generale della Fondazione bancaria di Torino Crt.

L’EVOLUZIONE DELLE CRISI IN OTTICA DI RIFORME

Mario Nava ha sottolineato come tutti e 27 i paesi membri dell’Unione abbiano richiesto un supporto tecnico alla Commissione. E ha aggiunto quanto il supporto per le riforme sia importante, ripercorrendo le crisi che si sono susseguite negli ultimi anni: nella crisi del 2008 dell’area euro la Commissione ha svolto il suo ruolo tradizionale di regolatore, l’Europa è uscita dalla crisi con un cambiamento fondamentale nella struttura regolamentare del sistema finanziario. Nel 2012 i singoli paesi sono entrati nella crisi con un’ottica simile alla precedente ma in quell’occasione è stato fatto un primo passo da una dimensione nazionale ad una dimensione europea. Per la prima volta, secondo Nava, si è andati nella direzione secondo la quale le autorità europee possono avere un ruolo non solo regolatorio. Gli anni dal 2015 al 2019 sono stati buoni, si è iniziato a comprendere che quello che serviva erano le riforme, che oltre all’investimento c’era bisogno di cambiamento. In 10 anni (dal 2008 al 2020) l’Europa intera è tornata su un buon sentiero di crescita con differenze sempre più accentuate tra i paesi, e se l’Italia è stato uno dei paesi a crescere meno negli ultimi 10 anni, uno dei motivi è stato sicuramente quello delle mancate riforme.

IL RUOLO DELLA COMMISSIONE

La Commissione per gli Stati membri interessati decide di sviluppare meccanismi di supporto tecnico che, sottolinea Mario Nava, possono aiutare gli Stati membri a creare il supporto per un progetto concreto. La Direzione generale Riforme della Commissione è nata prima della pandemia, a inizio gennaio 2020, la Presidente Ursula Von Der Leyen ha intuito la necessità di un rinnovamento: “siamo qui per finanziare il cambiamento” ha detto, e ha deciso di prendere questa direzione per portare supporto agli Stati membri e far sì che possano fare investimenti ancora più efficaci.
Gli Stati membri hanno capito la rilevanza di questo meccanismo, tanto che al consiglio del 17-21 luglio 2020 hanno deciso di moltiplicare per quattro il bilancio dato alla Dg Reform per sostenere le riforme strutturali. Il punto fondamentale è che abbiamo uno strumento importante per fare le riforme, che si occupa di portare negli Stati membri che lo richiedono la conoscenza necessaria per attuarle. “Il testo legislativo – ha affermato Nava – dice che la Direzione generale Reform parte da una fase di design, per poi passare da un’idea a obiettivi intermedi e finali, e infine svilupparla e implementarla”.

RECOVERY AND RESILIENCE FACILITY

Mario Nava sottolinea il vero nome di quello che viene spesso chiamato “Recovery Fund” spiegando la differenza tra fondo e facility. Il nome originario è Recovery and resilience facility – ha detto – ed è importante comprendere che c’è una fondamentale differenza tra il fondo e la facility (una differenza che è sia giuridica che economica). Il fondo paga i costi e viene gestito in condivisione tra Commissione e beneficiario, la facility invece è direct management della Commissione europea e la facility domanda due cose: innanzitutto che vengano indicati millestones and targets, definire gli obiettivi in termini di risultato e in secondo luogo il pagamento della facility avviene se vengono raggiunti questi millestones and targets.
È il primo punto, quello di equilibrio dell’accordo, è il momento in cui l’Europa decide di fare un Piano Marshall – ha affermato Nava – l’obiettivo della facility è un obiettivo di crescita, di recovery e poi di resilience, ma è un obiettivo di risultato, la facility è lì per fare in modo che quello che ci è successo possibilmente non succeda più o se succede abbia un impatto più limitato. Perché abbiamo visto che la pandemia e le varie limitazioni che loro malgrado tutti i governi hanno dovuto prendere hanno avuto un impatto molto diverso sugli Stati membri. Al punto che in tanti dicono che c’è il rischio di una grande frammentazione, più che di una grande regressione. “Vogliamo cercare di costituire una struttura, un ecosistema nei paesi membri che sia capace di resistere alle difficoltà” ha sottolineato il Dg.

L’IMPORTANZA DELLO EUROPEAN GREEN DEAL

“Il Presidente e tutta la Commissione europea – ha precisato Mario Nava – tengono moltissimo allo European Green Deal, che infatti è stato il primo atto legislativo che abbiamo fatto”. Uno European Green Deal che abbraccia sia gli obiettivi climatici che quelli ambientali legati, tra gli altri, all’economia circolare e all’inquinamento delle acque. Tutto questo si è in genere declinato in due grandi aree: quella della mobilità, sia nel senso di pianificazione che in quello di resilienza della mobilità, l’altra è quella delle costruzioni, da cui esce tra il 35 e 40% dell’inquinamento atmosferica, ha affermato Nava.
“L’area verde rimane una delle aree prioritarie ma chiaramente l’area più gettonata quest’anno è anche l’area digitale, tutti hanno capito che senza non si va da nessuna parte, il che ci porta a dire della cd “twin transition” del verde e del digitale. Su entrambe stiamo davvero facendo tantissimo praticamente con tutti gli Stati membri e le amministrazioni nazionali”.

IL FUTURO DELL’UNIONE EUROPEA

Negli ultimi anni – secondo Mario Nava – il ruolo dell’Unione europea è cambiato e di fronte alle sfide globali che attendono gli Stati membri che richiedono sempre di più l’intervento della Commissione. L’emergenza Covid ha dimostrato come la coesione sia cruciale e la capacità dell’Europa di reagire sia al di là di qualsiasi dubbio.
Inoltre, analizza il Dg della Commissione europea, c’è una Conferenza sul futuro dell’Europa in arrivo che sarà l’occasione per riflettere su questi temi “ma il messaggio che oserei dare è che visto quello che abbiamo fatto ci presentiamo alla Conferenza con qualcosa di chiaro e tangibile sul tavolo da domandare”. In questo senso l’Europa ha dimostrato di saper funzionare, nelle ultime due crisi: quella della Brexit e l’altra legata alla pandemia l’Europa si è dimostrata molto solida e compatta. “Ma – aggiunge Nava – non c’è limite al meglio, cerchiamo di sfruttare la Conferenza portando avanti i risultati raggiunti”.

RIFORME E OPPORTUNITÀ

Francesco Profumo, Presidente di Fondazione Compagnia di San Paolo e di ACRI ha sollevato la questione degli eventuali vincoli da parte dell’Europa, dal momento che, ha detto “è un progetto che è stato disegnato partendo dalle raccomandazioni fatte ai paesi e che devono rispettare e dobbiamo riuscire a fare in modo che il nostro paese riesca ad utilizzare veramente bene le risorse?”
La Presidente Von Der Leyen ha detto che le riforme non possono venire from e by Bruxelles, ma devono essere fatte dai paesi stessi”. Punto fondamentale sottolineato anche da Mario Nava. “È fondamentale la presa di coscienza e di responsabilità delle riforme, abbiamo sintetizzato tutto questo e inserito sopra le country specific di ciascun paese, quello che ci serve ora è il comittment di ogni paese a fare la riforma. Una volta che il paese definisce il suo piano e la Commissione lo approva, a quel punto o un paese potrà fare quello di cui è convinto”.

LE DIFFICOLTÀ ITALIANE

“Ci troviamo in un momento molto delicato della storia mondiale ma anche quella del nostro paese, abbiamo un’opportunità fondamentale con il Recovery Plan che dobbiamo saper cogliere sia in termini di predisposizione del piano che di attuazione dello stesso” ha detto Luigi Fiorentino, Capo gabinetto del Ministero università e ricerca. La complessità dell’organizzazione e gestione di qualsiasi piano deriva, secondo Fiorentino, dalla complessità del nostro sistema istituzionale. E quindi, “abbiamo una scelta obbligata: quella di rafforzare le amministrazioni centrali dello Stato in questo momento. È necessario costruire a Palazzo Chigi una cabina di regia che, in interlocuzione con un responsabile tecnico di ogni ministero, deve valutare quel che serve per l’attuazione di quel piano”.
E ancora, seguendo l’esperienza di Giovanni Fiori, direttore del centro di ricerca governance e sostenibilità Luiss, il problema fondamentale riguarda una necessaria riforma della pubblica amministrazione al fine di poter mettere in moto gli interventi che possano colmare il gap infrastrutturale italiano.



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