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Sostenibilità e nuova logistica, così l’agrifood italiano batterà il Covid

Di Maria Paola Frajese e Gianluca Zapponini

L’agricoltura si conferma come un pilastro della nostra economia. Ma ci sono delle sfide da affrontare: una nuova logistica nel trasporto e tanta sostenibilità ambientale. Spunti e riflessioni dall’evento organizzato da Formiche con i rappresentanti della filiera, della distribuzione e della politica

L’agroalimentare cambia pelle, ma non cede, nemmeno di un millimetro. La grande pandemia con ogni probabilità riscriverà il perimetro di un pilastro della nostra economia, pronto a fare della sostenibilità il suo baricentro. Di questo e molto altro si è parlato nel corso dell’evento “Agrifood, sostenibilità e valore lungo tutta la filiera” organizzato da Formiche e al quale hanno preso parte manager della filiera, esponenti politici e attori della grande distribuzione.

UNA NUOVA FILIERA

Il là ai lavori lo ha dato Raffaele Borriello, direttore generale Ismea. “Il settore ha risentito della chiusura e della pandemia ma nonostante tutto la domanda domestica ha avuto un’importante crescita che ha consentito a una parte rilevante del comparto di reggere all’urto della crisi. La pandemia ovviamente non è finita, bisogna sperare che tutto questo finisca il prima possibile e valutare anche quali saranno le misure politiche e da come verranno utilizzate le risorse del Next Generation Eu e quale spazio avrà il settore agricolo e agroalimentare”. Il futuro, comunque, sono le esportazioni.

Occorre fare leva sul futuro delle esportazioni: i risultati che abbiamo avuto in questi anni hanno consentito di arginare la crisi e il terzo posto dell’Italia nella top ten dei Paesi esportatori lo dimostra. La recessione globale potrà influire sulla domanda estera ma soprattutto sulla domanda di prodotti italiani, legati alla fascia di prezzo medio-alta”. Di qui, una consapevolezza. “L’agroalimentare nella ripresa del nostro Paese, anche grazie al Recovery Plan, può giocare partita importante: su green, digitalizzazione, filiere, gestione acque. Insomma, un motore per la ripresa”.

LA VISIONE DEI MANAGER

Secondo Mario Federico, amministratore delegato di McDonald’s Italia la “nostra azienda fa cose concrete, il nostro rapporto con il comparto agro-alimentare italiano non è in discussione, oggi vale 200 milioni di euro all’anno e l’85% dei prodotti utilizzati sono italiani. L’obiettivo è quello di raggiungere il 100%. Abbiamo continuato su questa strada anche nel 2020, nonostante tutto. Abbiamo aggiunto il bacon e il latte 100% italiano per i nostri gelati. McDonald’s non solo si serve di fornitori italiani, ma, in alcuni casi, ha facilitato l’esportazione all’estero delle eccellenze nazionali per soddisfare la domanda di altri mercati”.

Ancora, “vogliamo essere sempre più vicini alle comunità in cui operiamo, 25mila dipendenti, quindi 25mila famiglie in Italia, 1 milione di clienti al giorno. I nostri ristoranti non possono essere mondi chiusi da cui guardare quel che c’è fuori. Abbiamo deciso di restituire alle comunità quello che ci hanno dato donando, durante il lockdown, prodotti freschi, oltre ai 10mila pasti a settimana alle persone bisognose. Tutto questo oggi continua perché è diventato parte di noi, grazie alla rete di Banco Alimentare e la partnership con associazioni benefiche sul territorio”, ha proseguito il manager. E nel 2021 “vogliamo migliorare il nostro impegno per una maggiore sostenibilità ambientale, è un percorso che abbiamo intrapreso, stiamo facendo un lavoro enorme per sostituire il nostro packaging in plastica. La prossima sfida sarà quella di migliorare gli obiettivi di raccolta differenziata, coinvolgendo sempre di più dipendenti e clienti. Una sfida quella della sostenibilità che ci vede impegnati insieme ai nostri fornitori, ai consumatori e alle istituzioni”.

Giorgio Santambrogio, amministratore delegato di Végé, gruppo della distribuzione, ha posto l’accento sul mercato e le pratiche sleali. “Ci sono ancora attori che pensano di avere chances in futuro perché praticano attività sleali. Ci può essere anche la grande multinazionale dominante che pratica qualcosa di negativo verso la distribuzione. Un’intesa di filiera può realmente aiutare a fluidificare i rapporti, perché ci vuole una filiera equa nei comportamenti tale per cui la distribuzione non possa vessare la piccola industria e viceversa”.

Antonio D’Amato, presidente di Seda International Packaging Group, ha invece affrontato il tema della sostenibilità. “Quando parliamo di filiera alimentare, vorrei che tenessimo in considerazione il fatto che il valore dell’agroindustria italiana va ben al di là della produzione dei prodotti agricoli. Tutte le tecnologie di processo alimentari vedono l’Italia in posizione di primo piano a livello mondiale, c’è tanto a valle in termini di tecnologie, investimenti, ricchezza e occupazione. E la filiera agroindustriale rappresenta uno degli assi portanti del Pil nazionale”.

Ora, “la sostenibilità, la qualità e la sicurezza vanno di pari passo l’una con l’altra. Il mondo gira intorno alla parola chiave sostenibilità, può essere un elemento sul quale noi abbiamo grande valore aggiunto da mettere in campo come Paese e come made in Italy”. Secondo D’Amato, “anche in questo momento in cui si parla molto di Green deal e recupero di sostenibilità a livello europeo occorre saper fare una distinzione tra sostenibilità ambientale e il processo di riduzione e compressione dei consumi”.

E sostenibilità è anche la parola d’ordine di Carlo Montalbetti, direttore generale di Comieco. “L’imballaggio dimostra nei dati di essere una risorsa preziosa per l’industria cartaria in tema di sostenibilità, rappresentando un prodotto e una materia essenziale per nostro sistema industriale. A dimostrazione che nella sostenibilità c’è la concreta possibilità della riutilizzazione del prodotto”.

E QUELLA DELLA POLITICA

Non poteva mancare poi il punto di vista della politica. Al netto dell’intervento del ministro dell’Agricoltura, Teresa Bellanova, intervenuta via videomessaggio, ha detto la sua Filippo Gallinella, deputato e presidente della commissione Agricoltura in quota M5S. “La logistica è una debolezza strutturale del nostro Paese, abbiamo un panorama frammentato, occorre sfruttare grandi poli di mercato sia per la distribuzione sia per la logistica. C’è quest’idea del Recovery Plan, vediamo come sarà concepito tutto lo sviluppo”.

Luca de Carlo, senatore della commissione Bilancio Fratelli d’Italia, ha spiegato: “Se è vero che con il Recovery Fund dobbiamo puntare ad avere un certo tipo di società ed evitare di rischiare una marginalità, occorre ragionare se il nostro modello di sviluppo futuro preveda attenzione alle aree periferiche che garantiscano di vendere nel mondo la specificità tutta italiana. Una maggiore attenzione per quei territori significa dare un sostegno che implicitamente sostiene noi stessi. Queste imprese, grazie al fatto di esistere, ci aiutano a mantenere sul territorio le nostre tradizioni e di esportare il nostro stile di vita”.

Mattia Mor, deputato Italia Viva ha ricordato ai presenti come oggi l’Italia abbia una “enorme occasione davanti a sé per implementare una strategia che aiuti le aziende di tutta la filiera agroalimentare per trattare prodotti e marchi nel mondo in maniera sempre più forte rispetto a prima. Deve essere una strategia continua della nostra politica industriale, oltre il Recovery Fund”. D’altronde “siamo in un momento in cui, al di là della crisi del Covid, dobbiamo immaginare un tessuto delle nostre imprese sempre più proiettato nel mondo in maniera strutturata attraverso l’utilizzo digitale e grandi piattaforme digitali. Questo per moltiplicare la nostra presenza nel mondo”.

Un ultimo intervento di carattere politico è stato quello di Susanna Cenni, deputato Pd e vicepresidente della commissione Agricoltura. “Dovremmo lanciare un appello per la crescita del settore agroalimentare italiano. Noi abbiamo un sistema importante, forte, ma che ha delle fragilità da prima della pandemia che le ha rese ancora più visibili. Su queste criticità dobbiamo lavorare e non solo grazie alle risorse del Next Generation Eu, ma perché quando siamo dentro una crisi, il modo migliore per uscirne è a testa alta, cogliendo l’occasione per un grande cambiamento. C’è questo davanti a noi, tutti i fattori ci dicono che la strada è questa, quella di una sostenibilità vera”, ha spiegato.

“Poi c’è un tema strategico di organizzazione della filiera: è mai pensabile che noi non proviamo, avendo cibo di qualità e filiere forti, a costruire una piattaforma nazionale del vino italiano? Che venda online ma non soltanto? Il nostro successo non è solo arrivare al 100% di produzione italiana ma i nostri prodotti che vanno in tutto il mondo andrebbero messi su una piattaforma nazionale del cibo italiano”.

DALL’AGRIFOOD A PAPA FRANCESCO

Una sintesi è stata fatta da Ermete Realacci, presidente della fondazione Symbola. “Le imprese che vanno nella direzione della sostenibilità sono quelle che funzionano meglio. L’agricoltura italiana è a più basso impatto rispetto ad altre e ha più prestigio e, soprattutto, attira. Si tratta di un settore che può dare molto a questo Paese. Un esempio è Enel che è adesso la più forte utilities elettrica del mondo, in borsa la più quotata, perché ha fatto scelta netta sul rinnovabile”. Ora, secondo Realacci, il Recovery Fund “parla molto chiaro, ha tre linee di intervento, l’Europa si è data questi indirizzi perché ha capito che lì c’è futuro e competizione: il 37% per il contrasto alla crisi climatica rappresenta una scelta di competizione economica fatta adesso anche da Giappone, Corea, Cina perché chi arriva prima vince. L’agricoltura può rientrarci”.

E “papa Bergoglio ha detto che per uscire da questa crisi dobbiamo recuperare la consapevolezza che come popolo abbiamo un destino comune. In Italia sostenibilità fa rima con territorio e identità”.

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