Non solo l’indagine antitrust. Lo Stato cinese vuole entrare nelle società di Jack Ma, fondatore di Alibaba. La stretta economica e tecnologica di Pechino potrebbe spaventare gli investitori stranieri e pure l’Ue
Il governo cinese sta cercando di mettere le mani sull’impero di Jack Ma, il fondatore di Alibaba e uomo più ricco della Cina. Ma non è solo questione di affari. Pechino starebbe pensando di entrare nelle attività del magnate, in linea con gli sforzi per rafforzare la sua posizione d’influenza nella sfera tecnologica.
A rivelarlo sono stati Bloomberg e il Wall Street Journal che, citando funzionari cinesi e consiglieri del governo, raccontano come, oltre all’indagine antitrust in corso, è al vaglio uno spacchettamento di Ant Group Co. Obiettivo: spalancare le porte all’ingresso di grandi banche statali e altri gruppi controllati da Pechino. Il Fondo pensionistico cinese, la China Development Bank e China International Capital Corp., la principale banca di investimento statale, investono già in Ant. Ma non sembra bastare più al governo. Anche il Financial Times raccontano la stretta di Pechino, descrivendola come “parte di uno sforzo di ‘rettifica’” del regime.
“I giorni del laissez-faire sono finiti” per Jack Ma, riassume il Wall Street Journal, sottolineando come la sua ascesa preoccupi anche il presidente Xi Jinping, il “più potente leader nella recente storia cinese”. Fino a poco tempo fa il controllo burocratico sulle attività del tycoon era “relativamente leggero”. Ora, però, le sue società “sono arrivate a sfidare il dominio del settore statale in settori come banche e gestione del denaro”. Così Pechino ha deciso di metterlo nel mirino.
Ma la sfida non è senza rischi. Il governo cinese potrebbe perdere quell’equilibro tra il controllo dei grandi imprenditori e quello “spirito innovativo che ha contribuito a sostenere l’ascesa tecnologica ed economica della Cina”, spiega il giornale statunitense. Il tutto cercando anche di non creare allarmismo tra gli investitori stranieri. Sfide, economiche ma non solo, che potrebbero influenzare il Parlamento europeo, che ha già promesso battaglia alla Commissione sull’imminente accordi sugli investimenti con la Cina.