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L’orizzonte transatlantico e il fattore Cina. La versione di Ian Bremmer

Di Ian Bremmer

L’Europa non dovrebbe limitarsi esclusivamente all’attività normativa, ma sviluppare al contempo una propria dottrina tecnologica che risulti più concreta. Quando si tratta di innovazione, è evidente come l’Unione europea si sia soffermata eccessivamente sulla regolamentazione tralasciando del tutto un approccio più pragmatico che avrebbe potuto innescare una concorrenza transatlantica più vantaggiosa. L’analisi di Ian Bremmer, presidente e fondatore Eurasia Group

Solo due Stati nel mondo dominano l’innovazione tecnologica. Sfruttando il potere che deriva dalla raccolta e dalla comprensione dei dati digitali, essi la governano con mano ferma. Si tratta di Stati Uniti e Cina. Tecnologicamente il mondo di oggi si trova in una Guerra fredda. In effetti, Cina e Stati Uniti identificano sempre più i successi dell’altro come un problema e sul tema si crea un gioco a somma zero. Dando un’occhiata al commercio tra Stati Uniti e Cina, invece, si osserva un gioco a somma positiva, o win-win. I due Paesi si fidano l’uno dell’altro.

Sul tema tecnologico, invece, la sensazione è che sussista un gioco a somma zero: la maggior parte delle aziende tecnologiche americane più importanti, come Amazon, Google, Facebook, anche quelle no profit come Wikipedia, non ha accesso al mercato cinese. D’altra parte, le aziende cinesi, come Huawei o Tik Tok, sono sempre meno benvenute negli Stati Uniti. I governi si scontrano tra loro con più foga, cercando anche di far sì che gli altri Paesi del globo si allineino con l’uno rispetto che con l’altro. Si tratta di un cambiamento molto serio nella natura dell’economia globale e dell’ordine geopolitico. Sul tema, l’occidente necessita di un piano molto più incisivo.

Certamente ci sono alternative al 5G cinese, ma non sono molti i fondi stanziati. Se si guarda alle realtà europee, come Ericsson o Nokia, per esempio, è evidente che non si tratta di aziende ben finanziate: hanno problemi economici e spesso non sono ben governate; gli Stati Uniti dovrebbero investire direttamente in esse molto più di quanto facciano, sia nel settore privato, sia in quello pubblico. Purtroppo, però, l’architettura istituzionale ideale per farlo ancora non esiste. In altre parole, c’è bisogno di governi più trasparenti tra le democrazie del mondo, in particolare fra quelle industriali. È necessaria una regolamentazione più coordinata. Per questo fine sarebbe utile la costruzione di un’organizzazione mondiale digitale sulla falsariga del Wto, che imposti delle regole e crei un meccanismo giudiziario indipendente per avere un trattamento comune dei dati.

La Cina dovrebbe essere ammessa a un’organizzazione del genere, ma ciò potrebbe avvenire solo nel caso in cui decidesse di cambiare la natura del proprio sistema tecnologico per allinearsi a quello dell’occidente, cosa che al momento non sembra voler fare. Un altro attore importante, l’Unione europea, ha oggi le maggiori capacità normative in materia di tecnologia. Il superpotere europeo risiede proprio in questo; ciò che si decide in Europa, da un punto di vista normativo, viene spesso emulato da altri Paesi.

A tal proposito è importante capire che gli europei, nonostante si impegnino nel regolare il comparto tecnologico, non possiedono aziende o imprenditori impattanti nel settore e quindi in realtà non sviluppano nuove competenze sul tema. Gli americani dovranno essere coinvolti maggiormente. Inoltre, sul tema non si possono considerare solo gli Stati Uniti. Il Giappone è essenziale: è la terza economia mondiale, è chiaramente sotto l’ombrello sicuritario americano e non è secondario che intrattenga con la Cina buoni rapporti e commerci vantaggiosi.

Senza dubbio il Giappone, in seno alla cooperazione tecnologica, svolgerebbe un ruolo fondamentale. In conclusione, lo spettro di nuova Guerra fredda è inverosimile, poiché nel complesso da parte americana e cinese sussistono ancora forti interessi che vanno nella direzione opposta. Fra cinque anni saranno ancora molti i turisti cinesi che verranno in America e la Cina sarà ancora foraggiata dall’agricoltura statunitense. Questa non è una Guerra fredda. Fra i due Paesi c’è ancora troppa integrazione economica affinché si delinei uno scenario del genere. Piuttosto, è la Guerra fredda tecnologica a essere reale: la mancanza di fiducia tra i due Paesi esiste ed è sempre più forte.

(Traduzione Vittoria Valentini)


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