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Investire in Difesa per rilanciare il Paese. Parla Tripodi (FI)

Conversazione con Maria Tripodi, capogruppo di Forza Italia in commissione Difesa a Montecitorio, tra legge 244/2012, investimenti per il settore e legge di bilancio. E sulla Libia “l’Italia deve tornare protagonista in tutto il Mediterraneo, evitando tentativi goffi e maldestri”

Nel Recovery Fund ci dovrà essere spazio per la Difesa, settore strategico per l’economia nazionale, per la sicurezza del Paese e per il suo peso nelle relazioni internazionali. Parola di Maria Tripodi, capogruppo di Forza Italia in commissione Difesa a Montecitorio, prima firmataria di un emendamento alla legge di bilancio che stanzia 7,6 milioni di euro per l’indennità di comando a tutto il personale dell’Arma dei Carabinieri. Lo commenta a Formiche.net insieme alle altre sfide per la Difesa nazionale, tra pandemia, investimenti e Mediterraneo.

La Commissione Bilancio ha approvato il suo emendamento. Come commenta?

Credo sia un emendamento di portata storica, in grado di venire incontro alle esigenze del comparto. Riguarda l’indennità di comando per oltre quattromila stazioni e tenenze su tutto il territorio nazionale. È un riconoscimento ai Carabinieri che ogni giorno operano in trincea a tutela della legalità e della sicurezza. Destinare risorse alle forze dell’ordine e forze di polizia è sempre un ottima cosa, poiché da ciò passa l’implementazione della nostra sicurezza collettiva, soprattutto nella lotta alla criminalità organizzata.

Non è l’unico emendamento per la Difesa nella legge di bilancio, tra l’altro in un testo che prevede per la prima volta uno strumento pluriennale per il settore. Che segnali sono?

Segnali di una moderata soddisfazione, la stessa che ho avuto leggendo i numeri previsti per la Difesa. Dopo il confronto serrato nelle aule parlamentari con il ministro della Difesa e i sottosegretari, abbiamo accolto con soddisfazione il fatto che il governo abbia inserito, per la prima volta in quindici anni, un piano pluriennale per la Difesa, come io stessa ho spesso caldeggiato. Investire nella Difesa è un balsamo per l’economia nazionale. Il settore è strategico per il sistema-Paese poiché innesca una molteplicità di ricadute di varia natura, sull’innovazione tecnologica, sulla sicurezza nazionale e sui posti di lavoro qualificati che si vengono a creare. Senza dimenticare la strategicità del settore sul piano delle relazioni internazionali, in ambito atlantico e non.

A proposito di supporto all’economia nazionale, ci sarà spazio per la Difesa nel Recovery Plan?

Me lo auguro vivamente. Già a livello europeo c’è stato uno stanziamento di fondi pari a 7,9 miliardi di euro per l’Edf, minore rispetto ai 13 miliardi che erano stati preventivati, ma comunque considerevole. Io sono persuasa dal fatto che il Recovery Fund non possa prescindere da un settore strategico come la Difesa. I 209 miliardi devono essere ripartiti con un visione lungimirante, e in tal senso non può mancare un asset strategico per il Paese. Non dimentichiamoci che lo strumento militare è stato (ed è tutt’ora) in prima linea nella lotta alla pandemia da Coronavirus.

Si parla molto di revisione della legge 244 del 2012. Sarà uno degli obiettivi per la Difesa italiana nel prossimo anno?

Sicuramente rappresenterà un punto di inizio fondamentale per rilanciare il comparto per quanto concerne la freschezza del personale delle Forze armate. Lo hanno detto in ogni sede i capi di Stato maggiore e ci stiamo già lavorando in Parlamento. È sicuramente un punto di inizio importante, ma le sfide del 2021 saranno molteplici.

Ad esempio?

Ad esempio sul settore dell’aerospazio, dove l’Italia vive un ritrovato protagonismo a livello internazionale (ne sono esempio i contratti Esa assegnati all’Italia). In generale, sarà opportuno soffermarsi sul potenziamento della politica industriale di questo settore; potrebbe rappresentare il punto di svolta per la nostra economia.

Ha fatto riferimento all’interlocuzione con il ministero della Difesa. Può davvero essere bipartisan questo settore?

Io credo che debba esserlo. Sulla Difesa del Paese non ci sono da mettere bandiere politiche. Nell’interlocuzione con palazzo Baracchini ho trovato uomini delle istituzioni che hanno colto questo spirito e credo che stia diventano trasversale lungo tutto l’arco costituzionale. Può fare solo bene al Paese. Come indicato dal presidente della Repubblica, occorre seguire la linea della coesione nazionale, soprattutto in questi tempi di grave crisi che il Paese sta vivendo.

Nel frattempo sono rientrati i pescatori italiani sequestrati in Libia. Lei come commenta la liberazione e il viaggio a Bengasi di Conte e Di Maio?

La notizia migliore è che i 18 pescatori siano tornati a casa e abbiano riabbracciato le loro famiglie. Sulle dinamiche di quello che resta un vero e proprio rapimento c’è sicuramente da riflettere. Senza dubbio, le radici di tale situazione affondano ormai nell’ultimo decennio. L’Italia ha perso il ruolo da protagonista che aveva nel Mediterraneo durante l’ultimo governo Berlusconi, e ora si trova a subire l’influenza di altri attori stranieri, come la Turchia. A parte le polemiche sull’opportunità del viaggio del presidente del Consiglio e del ministro degli Esteri, credo che la risoluzione di questa triste vicenda sia da dare alla nostra intelligence e, in particolare, all’Aise guidata dal generale Caravelli.

Che fare dunque?

Da tempo auspico che la Farnesina si ponga come attore principale nel Mediterraneo. In caso contrario perderemmo capacità di influenza in Paesi che da sempre sono considerati partner, riducendoci a tentativi goffi e maldestri come la visita ad Haftar, con cui abbiamo di fatto legittimano un governo non riconosciuto dalla comunità internazionale.

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