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Perché gli Usa sbuffano sulle ultime mosse Ue nel digitale

Clete Willems, ex consigliere di Trump, ha scritto un editoriale per spiegare che l’ottimismo per migliori relazioni Usa-Ue non basta. Serve fermare le mosse unilateralistiche (come quelle di Bruxelles contro le Big Tech)

Checché ne dica la Commissione europea, Digital Markets Act e Digital Services Act sono mossa sovraniste. Ne è convinto Clete Willems, partner della società di consulenza Akin Gump Strauss Hauer & Feld con un passato (recente) alla Casa Bianca. Fino alla primavera dell’anno scorso, infatti, era vice-assistente del presidente Donald Trump agli Affari economici internazionali, vice-direttore del Consiglio economico nazionale oltre che membro del Consiglio di sicurezza nazionale. È stato uno dei protagonisti dei negoziati con la Cina.

Willems, che oggi è consulente di multinazionali, ha pubblicato un op-ed su Cnbc in cui punta il dito contro la Commissione europea e incoraggia gli Stati Uniti di Joe Biden. L’esperto non sembra credere a Thierry Breton, super-commissionario al Mercato interno, che anche durante un webinar organizzato dall’Aspen Institute Italia ha provato a spiegare che il pacchetto (definito da molti analisti come una stretta sulle Big Tech) “non è affatto una mossa protezionistica”. Si tratta, invece, di una scelta “nell’interesse dei nostri cittadini”, ha dichiarato il commissario suscitando la reazione di un altro relatore del convegno, Carlo Alberto Carnevale Maffè, docente di Strategia alla Sda dell’Università Bocconi, che ha ironizzato sulla excusatio non petita, accusatio manifesta.

Willems riconosce che gli ultimi anni, quelli trumpiani, “sono stati contrassegnati da tensioni bilaterali che hanno ostacolato gli sforzi per lavorare insieme su questioni chiave come la Cina o la riforma dell’Organizzazione mondiale del commercio” e che “l’elezione di Joe Biden ha convinto molti che il tempo per un’agenda congiunta produttiva è finalmente arrivato”.

Tuttavia, prosegue Willems, “parlare è facile”. Ma serve abbandonare “misure e tendenze unilateraliste”: gli Stati Uniti dovrebbe revocare i dazi su acciaio e alluminio e ripensare il Buy America; l’Europa dovrebbe fermare la tassazione e la regolamentazione “asimmetrica” che prende di mira le aziende e i lavoratori statunitensi. In particolare, il Digital Markets Act europeo “minaccia di mettere a dura prova l’alleanza”: la Commissione europea ha messo nel mirino le aziende americane per favorire quelle europee. Una mossa “in netto contrasto con la sua stessa agenda transatlantica, che propone una definizione di standard comuni con gli Stati Uniti”, aggiunge Willems.

La strada è in salita. Ma ci sono segnali di ottimismo, nota. Per esempio, è “la prima volta” che i leader politici di Stati Uniti e Unione europea sembrano “comprendere l’importanza di mettere da parte le differenze bilaterali per concentrarsi su problemi più esistenziali”. Un esempio? La Cina. Con cui, però, l’Unione europea — su impulso franco-tedesco — vorrebbe firmare al più presto l’accordo sugli investimenti. Un altro segnale che l’ottimismo non basta.



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