L’ambasciatore giusto al posto giusto. Per Mario Caliguri, presidente della Società italiana di intelligence, la scelta di Pietro Benassi come autorità delegata agli 007 è una buona notizia. Dal golden power al 5G, ecco le sfide che lo attendono
Il 4 marzo 2020, quasi un anno fa, su questo giornale avevamo auspicato la nomina dell’autorità delegata dei Servizi per affrontare i prevedibili rischi della pandemia, che venne poi dichiarata una settimana dopo dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Il Presidente del Consiglio ha convocato stanotte alle 22 un Consiglio dei Ministri per comunicare la nomina dell’autorità delegata.
La scelta è caduta sul consigliere diplomatico del Presidente del Consiglio, l’Ambasciatore Pietro Benassi. Una decisione probabilmente opportuna, per una serie di ragioni.
Per prima è stata sottratta a una rovinosa spartizione politica una nomina così delicata.
In secondo luogo, ha rappresentato in qualche modo una risposta alle polemiche sul comportamento attribuito ad alcuni operatori dei Servizi in occasione della crisi di governo, che non è ancora del tutto definita.
Un terzo aspetto è la nomina di un ambasciatore. E questo non solo richiama la conduzione di Giampiero Massolo alla guida del Dis ma ricorda il ruolo degli ambasciatori nei secoli passati nella raccolta e nell’utilizzo sapiente delle informazioni per la sopravvivenza e l’espansione degli Stati.
Sostanzialmente nella categoria delle “Spie onorate” potevano essere considerati gli ambasciatori della Serenissima, le cui relazioni inviate a Venezia dalle corti europee e ottomana rappresentano ancora oggi degli straordinari esempi di finezza psicologica.
Non a caso negli anni Ottanta del Novecento, la professoressa Adda Bozeman auspicava che gli Stati Uniti sviluppassero una direttrice “veneziana” per rivelare i reali legami internazionali tra le principali potenze e gli stati satelliti.
Assegnando le funzioni dell’intelligence a una persona di sua fiducia, il Presidente del Consiglio potrebbe affrontare più compiutamente le difficoltà della crisi pandemica, pur mantenendo l’alta direzione e la responsabilità generale della politica dell’informazione per la sicurezza, oltre che la nomina e la revoca del segretario e del vice segretario del Dis e dei direttori e vice direttori delle Agenzie.
Analogamente, l’ambasciatore Benassi potrà concentrarsi sui rischi per la sicurezza nazionale che il nostro Paese sta inevitabilmente correndo.
L’utilizzo tempestivo del Golden Power per la tutela delle aziende strategiche, la sicurezza fondamentale del cyber space, il contrasto serrato alla criminalità organizzata che si espande durante le crisi e che si sta adoperando per gestire l’emergenza sanitaria e sopratutto gli ingenti flussi finanziari del recovery fund.
Inoltre, il rischio del disagio sociale potrebbe essere più che concreto nei prossimi mesi, se l’andamento della pandemia risulterà fuori controllo e sopratutto se gli aiuti europei verranno utilizzati in ritardo o in modo poco efficace.
Particolare attenzione, inoltre, potrebbe essere dedicata a possibili influenze nella regolamentazione dei decreti attuativi del recovery fund, poiché gli interessi economici sono molteplici, sopratutto nei settori strategici delle infrastrutture, dell’energia, della sanità, della finanza e dell’industria.
Cosi come vanno monitorati i registri delle imprese nelle Camere di Commercio per verificare i passaggi di proprietà delle attività economiche.
Come si vede, Benassi, se ne avrà il tempo, avrà tanti compiti a cui assolvere, fornendo precisi indirizzi politici al comparto dell’intelligence per tutelare la sicurezza ed il benessere dei cittadini, delle aziende e delle Istituzioni, in Italia e all’estero.
Bonne chance, Monsieur l’Ambassadeur.