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A che serve il cashback? I numeri di un programma controverso ma di successo

Non solo lotta all’evasione, non solo incoraggiamento all’uso di strumenti elettronici. Il cashback è servito a dare una spinta alla modernizzazione delle transazioni finanziarie, dal caffè al bar agli acquisti più importanti

Il 2020 è stato un anno particolare e unico sotto tanti punti di vista. Tra le tante novità che ci ha portato una delle più significative è stata l’innegabile accelerazione nell’uso dei pagamenti elettronici da parte degli italiani. In verità, non si tratta di un aspetto di poco conto, soprattutto perché gli italiani sono tradizionalmente poco inclini a farne uso: nell’82% dei casi, infatti, stando ai più recenti dati della Banca Centrale Europea, preferiscono usare il contante.

Sul finire dell’anno, poi, il miglioramento di questa statistica è stato ulteriormente incentivato dall’avvio del cashback: una delle principali misure varate dal Governo a trazione PD-5Stelle per agevolare la transizione verso un’economia più digitale, innovativa, semplice e, ovviamente, priva dei contanti e del loro costo.

Ma quali sono i numeri della fase sperimentale del cashback terminata il 31 gennaio 2020?

Stando ai dati ufficiali, gli aderenti all’iniziativa sono stati 5,8 milioni di cittadini che hanno caricato sulle piattaforme messe a disposizione 9,8 milioni di strumenti di pagamento elettronici, di cui oltre 7,6 milioni sull’app IO. Sono poi state effettuate oltre 63 milioni di transazioni. Solo il 3,1% dei beneficiari, tuttavia, ha raggiunto il massimo del cashback di 150 euro

Partendo da queste cifre, scopriamo che sono oltre 222 milioni di euro in rimborsi in arrivo per 3,2 milioni di aventi diritto. Ciò significa che il rimborso medio è di circa 69 euro a testa. Quasi la metà degli aventi diritto (il 49,6%, pari a 1.602.297 persone) otterrà un rimborso tra i 50 e i 99 euro; il 32,8% (1.059.399 valore assoluto) avrà meno di 50 euro; il 14,5% (468.822) otterrà tra 100 e 149 euro.

Analizzando più in profondità i dati a nostra disposizione si scopre che l’importo medio dei pagamenti con moneta elettronica è di 46 euro, ma molti hanno preferito carte e bancomat anche per gli acquisti di piccolo importo: quasi la metà delle transazioni (il 48,5%), infatti, è stata per importi inferiori ai 25 euro. In questo dato è racchiusa buona parte del senso stesso della misura, in quanto è stata in grado di spingere i consumatori a utilizzare la moneta elettronica anche per acquistare quella famosa colazione al bar di cui spesso si parla.

Sia da parte del Governo sia da parte di PagoPA (l’ente che gestisce la app IO e, di fatto, l’intera operazione) questi numeri sono considerati un vero e proprio successo, soprattutto alla luce dei problemi di avvio del cashback a inizio dicembre 2020 e delle chiusure che tutt’oggi condizionano il commercio al dettaglio in tutta Italia.

Dal primo gennaio 2021, ha preso avvio la fase “ordinaria” del cashback che terminerà (se ne avrà modo e tempo) nel giugno del 2021. Le regole sono le stesse della versione sperimentale di dicembre con la differenza che per ottenere il bonus saranno necessarie 50 transazioni a semestre.

Finora, a torto o a ragione, il cashback è stato percepito “solo” come un incentivo alla spesa tramite moneta elettronica e come una misura di lotta all’evasione fiscale e come tale è stato giudicato, trascurando quello che, invece, potrebbe (e dovrebbe) essere il suo più importante contributo nei confronti della semplificazione e della digitalizzazione dell’economia, delle persone e della pubblica amministrazione.

Il cashback, infatti, deve permettere l’accelerazione del processo di inclusione digitale che parte dall’ottenimento dello SPID e passa dall’inserimento dei dati sulle piattaforme abilitate all’erogazione del bonus, arrivando fino al rapporto tra Pubblica Amministrazione e cittadini e viceversa.

Si tratta di un meccanismo ben più lungo e complesso della “semplice” scelta dello strumento di pagamento più adatto alle nostre esigenze ma da cui può dipendere la sostenibilità e la competitività del Sistema Italia del prossimo decennio, cui è legato anche un concetto nuovo ed estensivo di cittadinanza attiva, oltre a diversi miliardi di euro che spesi in cashback potrebbero rientrare in risparmio per le casse dello Stato.

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