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Bene il rinnovo del New Start, ma la Cina? Il punto del gen. Arpino

Intervista al generale Mario Arpino, già capo di Stato maggiore della Difesa, sull’intesa di massima tra Usa e Russia per la proroga del trattato New Start sulle armi nucleari. “Una buona notizia”, anche se il vero successo sarà includere la Cina, ormai potenza militare a tutti gli effetti. Un mondo senza armi nucleari? “Resta una grande utopia”

Sarà probabilmente ricordato come uno dei primi successi dell’amministrazione targata Joe Biden. È l’ormai probabile rinnovo del trattato New Start, ultimo baluardo del sistema di controllo degli armamenti nucleari che affonda le radici nella Guerra fredda. Un successo a metà spiega a Formiche.net il generale Mario Arpino, già capo di Stato maggiore della Difesa, perché non c’è alcun segnale di poter includere in tale sistema la Cina, potenza in ascesa anche in campo nucleare. Intanto però, il rinnovo è una “buona notizia”. Dopo l’intesa di martedì nella telefonata tra Biden e Vladimir Putin, ieri è arrivato l’ok della Duma per negoziare una proroga di cinque anni del “Nuovo trattato sulla riduzione delle armi strategiche”. Firmato a Praga nell’aprile del 2010 dagli allora presidenti Barack Obama e Dimitrij Medvedev, il trattato ha sostituito tutti i precedenti accordi sulla riduzione delle armi nucleari, fissando a 1.550 il limite di testate nucleari per le due superpotenze e a 700 il massimo di vettori nucleari dispiegati contemporaneamente (tra velivoli, missili e sottomarini). Con durata decennale, scade il prossimo 5 febbraio.

Generale, sembra essersi sbloccata la situazione tra Stati Uniti e Russia sul rinnovo del trattato. Che notizia è?

Senza dubbio una buona notizia. Il New Start è uno dei pochi trattati sul controllo degli armamenti rimasto integro dopo le varie defezioni degli ultimi anni. Certo, sarebbe stato meglio se si fosse riusciti a coinvolgere la Cina, come voleva Donald Trump.

Perché?

Perché la Cina si sta potenziando molto sul fronte nucleare. Senza un accordo che la comprenda, è difficile immaginare un sistema di controllo davvero efficacie. La Cina va coinvolta, e credo che prima ciò accadrà, magari utilizzando la Russia come intermediario. Al momento però la vedo difficile.

Come leggere il rinnovo del trattato New Start per la Russia?

Effettivamente, il rinnovo del New Start è una buona notizia soprattutto per Mosca, che può prendersi una boccata d’aria tra gli enormi sforzi che sta compiendo per tenersi aggiornata sul fronte degli armamenti. D’altra parte, l’intesa raggiunta con i russi è anche un segnale importante da parte della nuova presidenza democratica, da cui si attende una postura decisamente più assertiva nei confronti di Mosca. In ogni caso, il rinnovo del New Start non risolve il problema né agli americani né ai russi. Diciamo che lo mette da parte in vista di un problema ancora maggiore.

A tirare un sospiro di sollievo sul rinnovo del New Start c’è anche l’Europa…

Certo, l’Europa è nel mezzo del confronto tra Russia e Stati Uniti. Non facciamoci però troppe illusioni: con Biden ci sarà più dialogo per gli europei, ma non verrà meno la richiesta di un’Europa auto-sufficiente e non dipendente dall’impegno americano. Gli Stati Uniti si impegnano volentieri per l’Europa, purché essa spenda e si assuma le sue responsabilità. Il rinnovo del New Start è dunque una buona notizia per tutta l’area europea, ma non aggiunge molto sotto il profilo strategico.

Torniamo alla Cina, che per ora non ha mai accettato di sedersi al tavolo negoziale sul controllo degli armamenti. Come convincerla?

Non la convincerà nessuno. È una potenza in espansione, che potrebbe fermarsi solo se avesse grossi problemi sociali all’interno, e prima o poi potrebbe averli. Non escludo che Stati Uniti e Russia stiano aspettando proprio questo.

Ci spieghi meglio.

La parte debole del sistema cinese è nel faticoso controllo interno affinché tutti obbediscano. Ma se qualcuno inizia a non obbedire più (come sta accadendo in Russia) e riesce a sfuggire alla repressione, allora il sistema comincia a perdere pezzi. Parliamo di un Paese grande e disperso, che richiede sforzi rilevanti per controllare ogni singolo individuo. Lo si può fare nelle città, ma non ovunque. Se emerge contestazione, e se non viene repressa immediatamente, allora il sistema crolla, soprattutto se a questo si associa l’impiego di risorse in settori non voluti.

Cosa intende?

Oltre gli aspetti sociali, l’altro elemento che potrebbe far cadere il sistema cinese è l’uso forzato di risorse verso settori a cui non vorrebbero destinarle. Lo fece Reagan con l’Unione sovietica, quando la costrinse a impiegare risorse dove non voleva. Ciò incrinò il rigido sistema comunista, basato su una severa pianificazione. Allo stesso modo funziona la Cina comunista. E il comunismo, si sa, è pianificazione.

Per ora la pianificazione sembra funzionare bene. È così?

Assolutamente sì. Conservo ancora il piano strategico della Cina per lo Spazio di qualche anno fa. Lo stanno rispettando colpo su colpo, con una precisione incredibile, e ciò vale per ogni settore. I fallimenti ce li hanno sicuramente anche loro, ma non ce li fanno vedere. Lo può fare solo uno Stato totalitario.

Nel frattempo, con la cinquantesima ratifica, è entrato in vigore il Trattato per la proibizione delle armi nucleari (Tpnw), in cui non figura nessun Paese dotato di armi nucleari. Cosa cambia con il nuovo strumento?

Non cambia assolutamente nulla. L’iniziativa è positiva, ma non altera alcun equilibrio. Credo che quello che c’era prima per il controllo degli armamenti fosse già sufficiente. Certo, era ragionato in un’altra epoca, ma restava valido in un momento di ritorno alla polarizzazione globale. Ora questo trattato non aggiunge nulla. È una cosa bella da dire e meravigliosa da vantare sui tavoli internazionali, ma non risulta né utile né indispensabile se non a scopo di moral suasion.

Pensare a un mondo senza armi nucleari resta un’utopia?

Sì, una grande utopia.

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