Anche “UsaToday” smonta la teoria del complotto internazionale (con base in Italia) per fregare Trump. Intanto spunta un video di un avvocato che si presenta come legale dell’ex dipendente di Leonardo. Peccato che non sia nel collegio difensivo…
La teoria del complotto secondo cui il presidente uscente degli Stati Uniti Donald Trump sarebbe stato vittima di una frode elettorale internazionale con il coinvolgimento, tra gli altri, dell’ex presidente del Consiglio italiano Matteo Renzi e del colosso della difesa Leonardo continua a riservare sorprese. E bufale. Tanto che anche UsaToday si è messa a indagare sulla storia smontando, con un approfondito fact checking, la teoria alimentata dagli stessi ambienti che inneggiano alla guerra civile negli Stati Uniti contro il presidente eletto Joe Biden.
IL PRESUNTO AFFIDAVIT
Nei giorni scorsi era spuntato un affidavit di Arturo D’Elia in cui l’ex dipendente di Leonardo, arrestato nelle scorse settimane per il caso spionaggio ai danni della stessa società, avrebbe ammesso la sua partecipazione alla frode elettorale per favorire Biden. Tuttavia, come osservato su Formiche.net, il documento fa riferimento a un satellite inesistente. E non è l’unica incongruenza.
L’ULTIMO VIDEO
Nelle ultime ore è spuntato un video — caricato sulla piattaforma BitChute, frequentata dalla galassia complottista statunitense di ultradestra (dopo il ban da YouTube InfoWars ha trasferito lì i suoi contenuti) — dell’avvocato Alfio D’Urso, che si presenta come legale di D’Elia e conferma (leggendo una dichiarazione in inglese maccheronico) quanto contenuto in quell’affidavit. Il video “ha un taglio inspiegato a 40 secondi dall’inizio”, ha fatto notare sul suo blog Paolo Attivissimo. Che evidenzia un’altra stranezza: nell’affidavit “stranamente manca il numero civico dello studio, ed è bizzarro che un avvocato commetta un’omissione del genere in un documento legale così importante”.
L’AVVOCATO (NON DIFENSORE)
Ma altri elementi fanno aumentare i dubbi attorno a questa teoria. L’avvocato D’Urso (di Catania) non risulta nel collegio difensivo di D’Elia, secondo la procura di Napoli che sta indagando sull’ex dipendente di Leonardo. Che, sempre stanno alla teoria dell’ItalyGate, avrebbe operato negli ultimi sei mesi collaborando al complotto: in questo caso a non tornare sono i tempi, visto che l’uomo non lavora più per Leonardo da inizio 2018.
LE FALLE “GEOGRAFICHE”
Quanto all’indagine a suo carico, è opportuno ricordare che l’attacco sarebbe avvenuto attraverso un trojan di nuova ingegnerizzazione, inoculato nei computer attraverso delle pendrive Usb, per quasi due anni, tra maggio 2015 e gennaio 2017 e trafugando 10 gigabyte di dati e informazioni (classificati di rilevante valore aziendale) alla divisione aerostrutture e velivoli di Pomigliano d’Arco della nota azienda attiva nel settore della difesa e di aver poi nascosto la gravità dei fatti. E anche sotto l’aspetto “geografico” qualcosa non torna: l’avvocato D’Urso cita il sito di Pescara, quando in realtà D’Elia lavorava a Pomigliano D’arco. Inoltre, il legale aggiunge che il suo “assistito” avrebbe operato anche attraverso il Centro Spaziale del Fucino. Tuttavia, Pescara e Fucino sono due centri di aziende diverse — Pescara è di Leonardo, mentre il Fucino è di Telespazio (che è una controllata) — e sono tecnicamente segregate. Inoltre, Leonardo non ha satelliti militari, ma solo civili. Così emergono alcuni interrogativi sulla teoria #ItalyDidIt. Come avrebbe fatto quindi D’Elia a operare sul Fucino che non comunica con Pescara? Come avrebbe fatto a operare da Pescara visto che lavorava per Pomigliano D’Arco? Ma soprattutto, come avrebbe fatto a fare tutto questo negli ultimi sei mesi se non era più neppure a Pomigliano D’Arco, in quanto allontanato da Leonardo nel 2018?
TRA CONTE E RENZI…
Tra i “documenti” dell’ItalyGate (diffuso anche con l’hashtag #ConteComeClean) c’è anche un audio della trumpiana Maria Strollo Zack, leader dell’organizzazione Nations in Action. È lo stesso audio che tira in ballo il generale Claudio Graziano, presidente del Comitato militare europeo, presentato come “membro del board” di Leonardo (un’altra falsità: in quel board non c’è). Secondo Zack “l’intelligence italiana ci ha fornito documenti, telefonate e foto degli agenti della Cia coinvolti”. L’incongruenza, in questo caso, è che se Zack avesse ragione allora Renzi (che sarebbe uno dei registi dell’operazione) potrebbe provare che Giuseppe Conte avrebbe fornito elementi sensibili all’intelligence americana fuori dai criteri della cooperazione tra i due Paesi.