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Quota 161 non è imprescindibile per Mattarella. Parola dei quirinalisti

Che succede se Conte non ottiene la maggioranza assoluta in Senato? I quirinalisti sono concordi: ci sono una trentina di precedenti (anche dell’era berlusconiana) che vincolano Mattarella ad accettare un simile risultato. Ma Bruno Vespa rievoca Napolitano nel 2011…

Ore d’apprensione anche al Quirinale, in attesa dei passaggi difficili del presidente del Consiglio Giuseppe Conte alla Camera oggi e al Senato domani dopo l’uscita dalla maggioranza di governo di Italia Viva, il partito di Matteo Renzi.

Che cosa accadrebbe se il governo tenesse al Senato ma senza raggiungere la maggioranza assoluta di 161 voti? Bruno Vespa ha risposto a questa domanda evocando il precedente di Silvio Berlusconi: “L’8 novembre 2011, sul rendiconto generale dello Stato, il governo ebbe 308 voti (e non 316) e fu mandato a casa da Giorgio Napolitano”.

I prendenti sono una trentina, tra cui “un paio legati all’era berlusconiana, che vincolano [il presidente della Repubblica Sergio] Mattarella ad accettare — comunque lo giudichi — un simile risultato”. A scriverlo oggi è Marzio Breda, quirinalista del Corriere della Sera. Un esito, continua, “dal quale, per inciso, il premier uscirebbe automaticamente confermato dal timone di Palazzo Chigi, senza bisogno di dimettersi rinascere sotto la voce ‘ter’. Tanto che, secondo la prassi, Conte potrebbe perfino non sentirsi in obbligo di salire al Quirinale, se non per cortesia, o per proporre un rimpasto, peraltro ampiamente prevedibile”. In questo caso, però, “è logico pensare che sarebbe Mattarella a voler incontrare il premier”.

A Breda fa eco Ugo Magri, che sulla Stampa cita — anch’egli — i precedenti, “una trentina” e riporta una “precisazione che arriva dai consiglieri di Mattarella: se Conte chiederà la fiducia, per tirare avanti gli basterà ottenere la maggioranza dei voti espressi. In particolare non sarà necessario che al Senato superi ‘quota 161’”. E ancora: “Né la Costituzione pretende una maggioranza assoluta”. Il Presidente della Repubblica, continua Magri analizzando un simile scenario, “non potrà intimargli di gettare la spugna, perché cacciare un governo esorbita dai suoi poteri e sarebbe più consono a qualche regime golpista del Sud America”.

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