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Cosa resta di Trump nell’era Biden. L’analisi di Spannaus

Quattro anni di Trump non si cancellano da un giorno all’altro. Il presidente Biden può e deve sfruttare la finestra di opportunità per portare a casa risultati, ma anche recuperare ciò che di buono è stato fatto, a partire dall’economia. L’analisi di Andrew Spannaus

Non c’è dubbio, la presidenza di Joe Biden si apre in un momento di grave difficoltà. In mezzo al guado della pandemia, a due settimane dall’assalto al Campidoglio, nel suo discorso di insediamento il nuovo presidente ha fatto appello all’unità, ha promesso che sarà il presidente di tutti. Parole che pesano, ma da sole non bastano. Ora servono i fatti.

Le prime mosse dell’amministrazione delineano un’agenda ambiziosa. Al primo punto c’è la lotta al virus e la distribuzione dei vaccini, poi un mastodontico pacchetto di aiuti economici, quasi 2 triliardi di dollari.

Poi ancora una lunga serie di ordini esecutivi per contrastare, o cancellare, le scelte dell’amministrazione precedente. Sia chiaro: Biden ne ha tutto il diritto. Ma ha anche poco tempo per andare all’incasso, portare a casa grandi successi. Forse si è mosso da subito memore della prima amministrazione di Barack Obama, che ha fatto troppo poco all’inizio e si è ritrovata azzoppata poco dopo.

Il presidente ha oggi una finestra di opportunità. L’opposizione repubblicana è divisa, preoccupata, atterrita dall’assalto al Congresso e dall’incognita del trumpismo. Gli eventi delle ultime settimane, tuttavia, non possono cancellare ciò che di buono ha fatto Trump alla Casa Bianca, soprattutto nella politica economica e industriale.

Dai dazi, non sempre efficaci ma utili a trattare, in particolare con la Cina, fino alla revisione dei grandi accordi di libero scambio, come il Nafta con il Messico, sostenuta perfino dai grandi sindacati. Sono questi eventi che non si possono né devono dimenticare da un giorno all’altro.

Certo, la presidenza Trump si è conclusa male, con un presidente che fino all’ultimo non ha riconosciuto la sconfitta. Ma consegna al successore un Paese e un mondo molto diversi da quattro anni fa, con cui bisogna fare i conti. A partire dalla ricostruzione della classe media, e, a causa della pandemia, dal reshoring in alcune aree, dal settore medico alla sicurezza nazionale e alla Difesa.

Poi la sfida più grande: la tecnologia. Gli Stati Uniti di Biden dovranno recuperare campo per non perdere la competizione con la Cina di Xi Jinping, che vuole diventare dominante in aree come l’Intelligenza artificiale, uno strumento che ha enormi implicazioni per la manifattura, il mondo della Difesa e dello spazio, e, purtroppo, per il controllo sociale.

Sarà compito del presidente unire le istituzioni di fronte a questa rivoluzione industriale. Senza ripetere alcune miopie di chi lo ha preceduto allo Studio Ovale, come anteporre sempre gli obiettivi geopolitici ai problemi di ordine interno, allargando la sfiducia della classe media verso la politica.

Calare il sipario su quattro anni di Trump può rivelarsi un errore. Per il successo della nuova Casa Bianca bisognerà tenere in considerazione tutto quel bagaglio d’esperienza, dai successi più eclatanti agli errori più clamorosi.

 


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