Gli Usa si preparano all’Inauguration Day di Biden (Fbi in allerta). Si fa strada l’idea delll’interdizione a vita dai pubblici uffici per Trump al fine di evitare la sua candidata nel 2024. Scenario che piace ai dem ma anche al Gop
Mentre il Congresso s’inoltra in procedimenti dall’esito incerto contro il presidente sobillatore Donald Trump, si rafforzano i dispositivi di sicurezza per proteggere Washington e le istituzioni nell’Inauguration Day, mercoledì 20 gennaio, quando Joe Biden sarà insediato come 46° presidente degli Stati Uniti.
Saranno impiegati fino a 15.000 uomini della Guardia Nazionale: 6.000, provenienti da sei Stati, sono già nella capitale federale. Trump ha ieri accolto una richiesta del sindaco Muriel Bowser, approvando una dichiarazione d’emergenza e ordinando l’assistenza federale da oggi al 24 gennaio per garantire la sicurezza in vista del giuramento di Biden.
Il presidente eletto non teme di giurare all’aperto sul fronte occidentale del Campidoglio, nonostante quanto accaduto mercoledì 6 e le minacce dei sostenitori di Trump. “Non ho paura di giurare all’esterno”, ha detto, dopo essere stato informato di un’allerta Fbi. Esperti di sicurezza consigliano di spostare la cerimonia all’interno del Congresso per motivi di sicurezza.
Infatti, cresce l’allarme per nuove proteste, anche armate, a Washington, nel fine settimana e il 20: l’Fbi monitora gruppi sediziosi che preparano “un’enorme rivolta” e ha notizie di “varie minacce” contro Biden e anche contro la vice-presidente eletta Kamala Harris e la speaker della Camera Nancy Pelosi.
Il dipartimento di Giustizia e l’Fbi stanno perseguendo oltre 150 sospetti nelle indagini sull’assalto al Congresso, dopo averne già arrestati e incriminati una quindicina. Lo scrive il New York Times, indicando che il numero è destinato a salire. Il Bureau chiede l’aiuto del pubblico per identificare individui che appaiono in foto e video dell’attacco del 6 e ha già ricevuto oltre 70.000 soffiate.
Gli analisti dell’Fbi stanno esaminando le informazioni per accertare se organizzazioni terroristiche domestiche o enti stranieri abbiano avuto un ruolo nel radicalizzare i rivoltosi.
Nel frattempo, la polizia del Campidoglio ha aperto un’indagine interna su 10/15 agenti – due sono già stati sospesi – per il ruolo nell’assalto: si tratta di valutare se gli agenti abbiano collaborato o fraternizzato con i facinorosi.
Contrastano con questo quadro di crescente preoccupazione per la sicurezza dell’Inauguration Day le dimissioni del responsabile ad interim della Sicurezza interna Chad Wolf, ad appena nove giorni dall’evento della cui protezione era il massimo referente. Le ragioni delle dimissioni non sono chiare. Lo sostituisce Peter Gaynor, il responsabile della Fema, la protezione civile degli Stati Uniti.
Intanto, si ha pure notizia del primo caso di contagio da coronavirus collegabile agli eventi del 6: una deputata democratica del New Jersey, Bonnie Watson Coleman, 75 anni, è risultata positiva, dopo essere rimasta in un rifugio anti-sommossa con molti altri colleghi, alcuni senza mascherina, durante l’occupazione del Congresso. La Coleman, che è sopravvissuta a un cancro, ha già ricevuto la prima dose del vaccino.
Il caso della Coleman s’inserisce nel contesto d’un Paese dove l’epidemia imperversa: stando ai dati della John’s Hopkins University, alla mezzanotte di ieri sulla East Coast i contagi nell’Unione sfioravano i 22.614.000 e i decessi superavano i 376.000.
Tutto ciò relega in secondo piano gli sviluppi politici, che pure sono importanti. I democratici vogliono bruciare i tempi, sbarazzarsi per sempre di Trump presidente e candidato alla presidenza, costringere il suo vice Mike Pence a uscire allo scoperto sul XXV emendamento, tracciare il percorso per un nuovo impeachment.
I repubblicani frenano e riescono a imporre un voto di verifica: oggi, la Camera dovrà pronunciarsi su una risoluzione che chiede a Pence di attivare entro 25 ore l’emendamento della Costituzione che prevede la rimozione del presidente in caso di incapacità.
I democratici, in realtà, avrebbero già voluto varare ieri la risoluzione, ma i repubblicani, con l’arma del regolamento, sono riusciti a guadagnare un giorno con manovre dilatorie.
Però i democratici hanno già fatto i compiti a casa: se il XXV emendamento sarà un binario morto, perché Pence e il governo non saranno di sicuro unanimi nell’attivarlo, è già pronto ed è già stato formalmente presentato alla Camera l’articolo per l’impeachment di Trump. L’atto di accusa cita l’avere incoraggiato, mercoledì scorso, l’assalto dei suoi sostenitori al Campidoglio che ha fatto cinque morti e diversi feriti.
Il capo di imputazione è uno: incitamento all’insurrezione. Nelle sue quattro pagine, il documento fa riferimento ai proclami di vittoria – falsi – di Trump sul suo rivale Joe Biden, alle pressioni fatte sui responsabili della Georgia per ribaltare l’esito del voto nello Stato e al comizio del 6, quando sobillò i suoi fan perché attaccassero il Congresso.
Ci si muove su un terreno costituzionalmente inesplorato: per nessun presidente, s’è mai fatto uso del XXV emendamento in casi simili – è avvenuto per interventi chirurgici in anestesia totale o, solo al cinema, in AirForceOne, quando si temeva che il presidente fosse ostaggio di terroristi –; e nessun presidente è mai stato sottoposto a due impeachment; e non c’è mai stato un impeachment ‘postumo’, a presidenza scaduta.
Si pensa di avviare il processo cento giorni dopo l’insediamento di Biden il 20 gennaio, per evitare che i primi passi della nuova Amministrazione s’impantanino in beghe politiche. A quel punto, tutto si ridurrebbe all’interdizione a vita del magnate dai pubblici uffici: una mossa dettata – parrebbe – più dal timore dei democratici si ritrovarselo candidato nel 2024 che da ansia di giustizia; e che farebbe pure gioco agli altri aspiranti repubblicani alla nomination 2024.
Biden, che punta sulla riconciliazione e non sull’inasprimento delle divisioni, si mantiene estraneo dell’operazione orchestrata dalla speaker della Camera Nancy Pelosi, che non è affatto sicura che l’impeachment passi. La Camera, dove i democratici sono maggioranza e dove già si contano nero su bianco180 adesioni (su 435 deputati), approverà la messa in stato d’accusa del magnate, fors’anche con qualche voto repubblicano. In Senato, però, per la condanna serve una maggioranza dei due terzi: democratici e repubblicani sono 50 pari; bisognerà trovare 17 senatori repubblicani che votino con i democratici – ammesso che questi siano compatti – e, finora, a uscire allo scoperto contro Trump, sono stati solto Mitt Romney, Lindsey Graham, Lisa Murkowski e Pat Toomey.
Biden, che ieri ha ricevuto la seconda dose del vaccino anti-Covid, spera che l’impeachment non impedisca al Senato di lavorare sulla sua agenda. Sempre ieri, Biden ha annunciato che il direttore della Cia sarà William Burns, un diplomatico di carriera, uomo chiave dei negoziati sul nucleare con l’Iran che condussero all’accordo del 2015. Il nome di Burns era pure stato fatto per il dipartimento di Stato.
Trump, che secondo vari media si sarebbe pentito di avere dato via libera a una transizione pacifica dei poteri e che non parlerebbe con Pence dal 6, sta formando la squadra di legali per difendersi dall’impeachment: dovrebbero farne parte Rudolph Giuliani e Alan Dershowitz, che hanno già lavorato per lui nel primo impeachment, un anno fa. Giuliani, però, ha pure i suoi guai: rischia l’espulsione dall’Ordine degli avvocati di New York per le dichiarazioni ai sostenitori del magnate prima che assaltassero il Congresso. Un’inchiesta è in corso: l’essere espulsi dall’Ordine non comporta, però, a New York l’impossibilità di praticare la professione.
https://www.giampierogramaglia.eu/gpnewsusa2020/2021/01/12/usa-2020-inauguration-day-sicurezza/