Il capodelegazione di Fratelli d’Italia al Parlamento Europeo risponde a Carlo Fusi, che su Formiche.net ha paragonato la destra di Meloni a quella di Michelini e Almirante: molti consensi ma niente governo. “Non abbiamo bisogno di poltrone per contribuire al bene del Paese. Andremo al governo ma dopo le elezioni”
Ho letto con attenzione il pezzo di Carlo Fusi che, richiamando l’esperienza storica del Movimento Sociale Italiano e dei suoi milioni di voti perennemente congelati dalla logica dell’arco costituzionale nella Prima Repubblica, invita Giorgia Meloni ad assumersi le responsabilità di una “destra di governo” aprendo a un governo di larghe intese.
Mi pare che questo articolo, certamente ben argomentato, si aggiunga all’ormai lunga lista dei “consigli interessati” di tanti importanti commentatori che cercano di disegnare una destra presentabile soltanto se smette di fare la destra, o per lo meno se accetta di collaborare con la sinistra. Sono le stesse sirene che anni fa portarono alla disfatta politica di Gianfranco Fini. Le stesse che Giorgia Meloni ha scelto di non seguire dando vita a Fratelli d’Italia, un capolavoro di coraggio e lungimiranza politica destinato a lasciare il segno.
La destra di governo è già, di nuovo, realtà. FdI ha una leader coerente e mai banale, esprime gruppi parlamentari di qualità, presidenti di regione, sindaci di capoluoghi, presidenti di provincia, migliaia di amministratori che ogni giorno si misurano con la necessità di trasformare gli slogan in azioni di buon governo. È forse oggi il partito nel centrodestra maggiormente attrezzato per una futura esperienza di governo e, forse per questo, da fastidio. E allora, ritornando alle argomentazioni di Fusi, la domanda è: questa sua vocazione di governo si deve esplicitare per forza passando dalle urne come chiede insistentemente Giorgia Meloni oppure può aiutare la nazione anche in uno scenario di larghe intese da costruire nei prossimi giorni, in questa legislatura e con questo Parlamento?
E qui occorre andare oltre gli interessi elettorali del momento (è fin troppo banale pensare che sia interesse di FdI andare a votare per capitalizzare la crescita dei consensi, se non fosse che lo chiedevamo anche quando eravamo al 3%) e ragionare di quale sistema politico vogliamo costruire per il futuro.
Quella della Prima Repubblica richiamata da Fusi era una “democrazia bloccata”, in cui il contesto internazionale impediva ai comunisti l’accesso al governo nazionale e in cui, dopo i tentativi del governo Tambroni e l’elezione di Leone al Quirinale con i voti decisivi del MSI (che già allora era molto di più e molto meglio della descrizione caricaturale che ne fa Fusi), la sinistra impose alla Dc la “pregiudiziale antifascista” congelando così per decenni milioni di voti raccolti dalla Destra nazionale.
La “destra di governo” nacque con il superamento del proporzionale, la rivoluzione maggioritaria e l’affermazione – finalmente – del bipolarismo e della democrazia dell’alternanza. Una stagione certamente imperfetta ma in cui agli elettori veniva offerta la scelta tra due opzioni chiare e alternative. L’irruzione sulla scena politica del M5S ha reso per alcuni anni il sistema italiano nuovamente sbilenco ma lo slittamento a sinistra dei grillini rende possibile, di nuovo, uno schema maggioritario e la scelta tra diverse idee dell’Italia. È un bene che vogliamo preservare da qualsiasi rigurgito proporzionalista che ci riporterebbe indietro alle paludi della Prima Repubblica, di cui in fondo stiamo avendo un triste revival in queste ore.
Non abbiamo bisogno di posti di governo per contribuire al bene della Nazione: lo abbiamo fatto anche in questi durissimi mesi di pandemia, in cui abbiamo costantemente accompagnato le nostre critiche – dure ma sempre puntuali – con centinaia di proposte su sanità, imprese, scuola, trasporti. Proposte che, se fossero state maggiormente ascoltate, probabilmente avrebbero risparmiato a tanti italiani molte sofferenze.
Non c’è quindi contraddizione tra la disponibilità a mettere rapidamente in sicurezza i progetti da finanziare con il Recovery Fund o i ristori per le categorie colpite e la richiesta urgente di elezioni anticipate. In questa legislatura infatti non hanno brillato i giallo-verdi e hanno fallito i giallo-rossi: non si vede per quale ragione dovrebbe far meglio un governo giallo-rosso-verde-blu. Perché la verità è che questi colori sottendono visioni dell’Italia diverse e alternative e, quando il palazzo si dimostra incapace di risolvere i problemi, non c’è niente di più “responsabile” che chiedere agli italiani di scegliere tra queste. Per avere finalmente un governo serio e coeso che ci porti fuori dalle secche.
Carlo Fidanza
Capodelegazione FdI al Parlamento Europeo