“Si rischia l’aumento di azioni risarcitorie, a cui le strutture e le aziende assicurative dovranno far fronte.”
Questo il rischio che vede l’avvocato Gaetano Scuotto, Cassazionista e fiduciario di alcune tra le principali compagnie assicurative.
Scuotto, autore di numerose pubblicazioni in tema assicurativo, è, tra l’altro, componente del “Consiglio Direttivo della Scuola di Specializzazione delle Professioni Legali” presso l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli e Docente al Master responsabilità sanitaria e risk management di Giuffrè Editore sul tema della disciplina sulle coperture assicurative delle strutture sanitarie e dei medici.
Un tema chiave quello posto da Scuotto che investirà sia direttamente il Ministero della Salute, le Regioni e le Asl, che le strutture ospedaliere pubbliche e private a partire da colossi come il Gruppo San Donato e l’Humanitas e ancor di più le principali compagnie assicurative che oggi assicurano le strutture sanitarie ed i medici, come Generali, Allianz, Unipol e Berkshire Hathaway.
“L’uso eccessivo- spiega Scuotto- della decretazione amministrativa da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri, si è sostituita alla legiferazione delle Camere, riparandosi dietro lo stato d’emergenza che la Costituzione Italiana, per la verità, non prevede e non disciplina. Il rischio è quello di trascurare l’assistenza ordinaria”
D: Avvocato, cosa la preoccupa maggiormente?
R: “La difficoltà di accesso alle prestazioni ordinarie, sia per quelle in elezione che in via d’urgenza, ed ovviamente gli eventuali inadempimenti qualificati che ne potrebbero derivare, e ciò in termini di ritardi, perdite di chances, affannosa gestione di patologie importanti, mancanza o ritardi di esami diagnostici”
D: Eppure sono stati richiamati medici in pensione e precettati gli specializzandi.
R: “Complessivamente, la scelta si presta a contraddizioni in termini. L’equivoco è nella forma contrattuale che si vuol forzatamente affidare ad un soggetto (lo specializzando) che entra in una struttura pur non avendo superato alcun concorso ad evidenza pubblica, ed a cui andrebbero applicate le regole generali che governano i rapporti tra strutturato ed Azienda Le stesse regole, poi, si riversano sui rapporti assicurativi, atteso che come previsto all’articolo 7 della L. 24/17 (c.d Gelli-Bianco), la struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata, risponde sempre ai sensi degli articoli 1218 e 1228 del Codice Civile.
D: Quindi in termini assicurativi questo cosa significa?
R: Significa che i criteri di calcolo del rischio adottati al tempo della sottoscrizione della polizza sono mutati. Basti pensare che lo specializzando che sottoscrive il contratto non essendo più in formazione presso l’Università, non può che assumere un ruolo di “interno” trovando così tutela assicurativa (in primo rischio) al pari dei dipendenti.
D: Ma la copertura assicurativa è obbligatoria?
R: Certo, lo impone la L. 24/17, oltre che il buon senso. Ma il punto è che le Compagnie andrebbero tutelate, ad esempio, con una detassazione mista a compensazione. Fare un po’ come proposto dalla Cassa Forense per gli avvocati: mettere in compensazione le somme (i crediti) da riscuotere dalla Pubblica Amministrazione, con quelli dovuti a titolo di imposte. Poter garantire il rischio è troppo importante, troppo prezioso per l’intera collettività.
D: Parlava prima dei medici in corsia che sono, a loro volta, esposti a rischio di contagio
R: Se un sanitario contrae il Covid nello svolgimento delle mansioni lavorative, parliamo di infortunio sul lavoro e pertanto ne risponde l’INAIL salvo regresso e differenziale.
D: Ma è un meccanismo automatico?
R: Certamente no. Grava sul lavoratore l’onere di provare la correlazione tra il danno lamentato e la mancata adozione di determinate misure di sicurezza specifiche o generiche: successivamente grava sul datore di lavoro l’onere di dimostrare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno.
D: Cosa vuol dire differenziale?
R: Poiché l’indennità Inail non copre l’intero danno alla salute, il lavoratore, alla luce dell’articolo 10 del TU 1124/1965, ha diritto ad agire contro il datore di lavoro per il ristoro del danno biologico c.d. differenziale, ovvero quella parte di danno alla salute che, quantitativamente, non sia coperta dall’assicurazione obbligatoria, e che soggiace a criteri liquidativi civilistici.
D: In termini ancor più pratici?
R: Destinare più soldi alla sanità, trovare la giusta sintesi non più con i dpcm ma con una legge!
Auspicabile era inserire in finanziaria le opportune finestre per realizzare questa compensazione. Del resto è un po’ il tema politico che ha portato alla apparente crisi di governo di questi giorni.
D: In conclusione quale il possibile scenario?
R: Se da un lato l’emergenza/imprevedibilità potrebbe mandare – forzosamente – senza responsabilità i vertici apicali, a partire dal Ministero della Salute, dall’altro le strutture sono tenute a mantenere gli standard di assistenza ed assumersi direttamente tutte le responsabilità e gli oneri come la gestione dei lavoratori esposti a contagio da Covid.