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Se Candide vedesse la politica italiana, chiamerebbe Gentiloni per il dopo-Conte

Di Candide

L’ex consigliere parlamentare e uomo delle istituzioni Luigi Tivelli indossa i panni dell’ingenuo e ottimista personaggio di Voltaire. Se osservasse con sguardo candido la situazione italiana, avrebbe solo un nome per il dopo Conte. Quello del commissario europeo all’Economia

Il titolo di questa rubrica nasce dal libro e dal personaggio da me da sempre più amato tra le mie intense e non sempre ordinate letture, il Candide di Voltaire, avendo tra l’altro io un grande debito culturale con l’illuminismo. I principali aspetti del Candide magistralmente scandito da Voltaire, erano un certo candore di fondo, una tendenza a porsi continue domande su grandi e piccoli temi, una fresca capacità di stupirsi, senza una forma di cinismo e disincanto, come proverò in qualche modo a fare io, mutatis mutandis, nell’osservazione periodica in questa rubrica degli sviluppi delle nostre più significative vicende politiche, istituzionali e sociali, cercando di pormi dalla parte di un cittadino che si è depurato dall’aver vissuto per più di trent’anni, pur da tecnico imparziale, nei palazzi del potere.

Il primo spunto che mi ha indotto a prendere i panni di Candide è stata la telefonata con un autorevole amico di oltre oceano, di grande saggezza e di grande esperienza, sempre molto attento alle sorti dell’Italia, che a un certo punto mi ha posto un quesito un po’ tipico di una certa mentalità americana. “Ma se fossi tu ad indicare chi sarebbe il migliore e il più idoneo Presidente del Consiglio per il tuo paese, quale sarebbe la tua opzione?”.

A quel punto non è che mi sono messo a pensare a tutti gli arzigogoli della politica nostrana ma mi sono venuti alla mente dei dati semplici. Il primo è che è vero che Matteo Renzi non ha posto nell’incontro con il Presidente della Repubblica un veto esplicito rispetto ad un Conte Ter, ma ha precisato che per ora è “Conte No”, spiegando poi ai suoi che “Mattarella può dare un carico esplorativo a Roberto Fico”.

Poi, ho detto al mio caro e saggio amico americano che l’interpretazione migliore dello stato dell’arte l’ha data nei giornali, come capita spesso, Stefano Folli su Repubblica. Secondo Folli infatti, Renzi ha alzato il livello della contesa e cogliendo il punto su cui Conte è più debole: “Il terreno del rapporto con l’Unione…i progetti e gli investimenti del Recovery Plan…come dire tutto ciò che rende l’Europa diffidente verso l’Italia, nel timore di un fallimento… che finirebbe per coinvolgere l’intero impianto comunitario”.

“Altro che il gruppetto i dieci “voltagabbana” o “responsabili” europeisti messi insieme in fretta al Senato – continua Folli. È ben altro il problema che abbiamo con l’Europa, visti i ritardi accumulati con un Recovery Plan ancora in fase arretrata e senza uno straccio di Governance, tant’è che la stampa tedesca parla delle “tendenza clientelari” dell’Italia a 5Stelle. Fra l’altro Renzi tra le possibili soluzioni ha parlato anche di Governo istituzionale e aleggia anche l’ipotesi di una maggioranza allargata ad una parte del centro destra. E in questo quadro perfino un ormai rispettato notabile cauto come Pier Ferdinando Casini ha rilevato che Conte “ha fatto troppi errori”.

Sin qui ho dovuto essere meno candido di quanto sarò nelle prossime occasioni, perché il saggio amico politologo americano mi ha chiesto di dargli una riposta motivata. Ebbene, proprio perché il vero nodo della questione è di portare finalmente in porto un Recovery Plan adeguato, dotato di progetti concreti che contribuiscano alla produttività e alla crescita del paese, ben attrezzato quanto a fattibilità concreta e organizzazione delle stazioni appaltanti, finalmente dotato di quella Governance operativa adeguata di cui sin qui non si è visto un minimo di traccia, con una cabina di regia in grado di dialogare con quella di Bruxelles, e visto che tratta di un’occasione davvero storica che l’Italia non può fallire (pena il default del debito pubblico), credo di poter dire che la scelta più adeguata per il nuovo Premier è richiamare da Bruxelles l’ottimo Paolo Gentiloni.

Una personalità che dalla sua posizione di Commissario europeo agli affari economici ha sin qui seguito il Recovery Plan italiano, lanciando con la sua consueta sobrietà e fermezza di tanto in tanto moniti chiari e precisi rispetto ai ritardi del Governo Conte. In quel certo provincialismo della politica italica qualcuno nei giorni scorsi ha pensato a Gentiloni come a un eventuale possibile candidato con scarse probabilità del Pd, ma non sarebbe certo questa la sua origine.

Certo, Gentiloni è stato un buon Ministro e un buon Presidente del Consiglio, sobrio negli annunci e aduso a raccontare la verità agli italiani, espressione del Pd, ma oggi, se fosse chiamato alla funzione di Premier, lo sarebbe come figura politico istituzionale di statura Europea, apprezzato a Bruxelles e nelle capitali Europee, e che nel frattempo ha acquisito un’indubbia competenza nelle materie e delle questioni economiche.

Un Governo Gentiloni si, sarebbe un Governo europeista, in grado di coinvolgere anche altre componenti oltre al ristretto cerchio attuale della maggioranza (una maggioranza Ursula ad esempio) e poi, con il candore e la capacità di stupirsi che caratterizza Candide, non vedo perché dopo quasi tre anni (che in Politica sono oggi come ieri dieci anni dall’inizio della legislatura), è vero che i 5Stelle sono stati nel 2018 il partito di maggioranza relativa, ma in tutte le elezioni parziali successive si sono rivelati  più o meno il quinto o sesto partito e nei sondaggi sono il quarto partito.

Non si vede dunque perché necessariamente il Presidente del Consiglio, vista anche la posizione di Italia Viva, debba essere per forza ancora Conte, dopo le ultime prove fornite, che è sostanzialmente espressione dei 5Stelle. Gentiloni è uomo di grande sobrietà, equilibrio e cautela e non si sentirebbe certo espressione del Pd, visto il ruolo istituzionale da cui proviene, ma un punto di equilibrio politico e istituzionale. E soprattutto, non solo sarebbe in grado di mandare in porto finalmente il Recovery Plan, ma sarebbe il miglior garante rispetto a Bruxelles e alle Capitali Europee che guardano con sempre più preoccupazione agli sviluppi della crisi Italiana.

Ciò che stupisce, in questo quadro è che dalle file del Pd si segua una linea sostanzialmente appiattita sui 5Stelle, come se l’unico punto di equilibrio per il Governo debba essere un Premier che fu indicato a suo tempo sostanzialmente dal Ministro Bonafede. Senza bisogno di rivendicare appartenenze politiche, dalle loro file sono state espresse personalità istituzionali che potrebbero formare un vero Governo Europeista, mentre l’attuale Premier per dare un colore europeista al Governo lavora con scarso successo a mettere in  un piccolo gruppo parlamentare raffazzonato, fatto di responsabili o “voltagabbana” rispetto ad alcuni dei quali Altiero Spinelli si rivolterebbe nella tomba. Ciò che, tra l‘altro, alimenta ancor più gli strali di Renzi.

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