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Quel traffico illegale di greggio dal Venezuela alla Cina

Segnali satellitari silenziati, petrolio mischiato ad altre sostanze, imprese fantasma. Il regime venezuelano è riuscito ad aggirare le sanzioni internazionali e ha consegnato a Pechino circa 12 milioni di barili di petrolio. Le nuove misure di Biden e l’indagine di Bloomberg

Ancora una volta il regime di Nicolás Maduro è riuscito ad incassare milioni, aggirando le sanzioni internazionali. Questa volta grazie alla consegna di importanti carichi di petrolio al governo cinese.

Per Bloomberg si tratta del “peggior segreto del mercato petrolifero”. Per compierlo, in una specie di inseguimento, ci sono trasferimenti di nave in nave, identificazioni evitate, imprese fantasma e persino segnali satellitari silenziati.

Ma c’è anche un’altra strategia: mescolare il contenuto dei barili con additivi chimici e cambiare il nome nella documentazione per riuscire a venderli come un greggio completamente diverso senza fare vedere l’origine made in Venezuela.

Ma l’operazione non è passata inosservata a tutti. L’agenzia Bloomberg ha avuto accesso a fatture ed email che dimostrano come è stato “travestito” l’origine di questo petrolio per trasportarlo in Asia e convertirlo nelle raffinerie cinesi.

L’applicazione dell’embargo americano sull’industria petrolifera del Venezuela ha una difficile interpretazione. Scott Modell, direttore di Rapidan Energy Advisors LLC, ha spiegato a Bloomberg che “ci sono molte forme per evadere le sanzioni. C’è molta gente disposta a correre il rischio perché il denaro da guadagnare è tantissimo”.

Per esempio, quella di mascherare il prodotto. Tra gli indizi trovati dall’agenzia di notizia finanziaria ci sono carichi di petrolio partiti dal Venezuela, come uno chiamato Hamaca, che vengono trattati con elementi chimici nelle coste di Singapore e poi tornano sul mercato con nuovi nomi come “Singma” o semplicemente “mix bituminosa”.

Aggiungere altri agenti chimici al petrolio non è illegale, anzi. È una pratica comune per fare un uso alternativo del carburante ed eliminare l’impurezza. È vietato invece nascondere l’origine del greggio o cambiarle il nome.

“Swissoil Trading SA, una casa con sede a Ginevra – sostiene Bloomberg – ha fatto accordi in nome dell’impresa di petrolio messicana Libre Abordo SA, che è stata sanzionata dagli Stati Uniti a giugno per avere acquistato greggio venezuelano”. La Swissoil ha venduto e consegnato l’anno scorso alla Cina 11,3 milioni barili di petrolio venezuelano sotto altri nomi.

La statale China National Petroleum Corp. ha tagliato l’acquisto diretto con le imprese venezuelane. Ma, anche se ufficialmente, Pechino sostiene di non avere comprato petrolio al Venezuela da settembre del 2019, alcune statistiche evidenziano che la Cina è il destinatario di tutte le esportazioni del regime di Maduro.

All’inizio dell’anno 2019, gli Stati Uniti hanno deciso di sanzionare il governo socialista di Maduro, riducendo ai minimi storici le vendite del petrolio venezuelano. Tuttavia, solo a novembre, da Caracas sono partiti 15 milioni di barili di greggio per un valore di 660 milioni di dollari.

Secondo Diego Moya-Ocampos, assessore di rischio politico di IHS Markit, “Maduro ha bisogno di tutti i soldi possibili per finanziare il macchinario militare che protegge il regime”.

Nonostante, Moya-Ocampos ha detto a Bloomberg che il cambiamento è nell’aria a Washington sul Venezuela: “Con la successione di questa settimana da Donald Trump a Joe Biden, le esportazioni di petrolio venezuelano potrebbero sperimentare una riattivazione limitata. I funzionari di Biden possono alleggerire le limitazioni più recenti sul cosiddetti scambi di combustibile, dove le imprese vendono benzina a Pdvsa in cambio di un pagamento in greggio”.

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