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Il giorno dopo la crisi. Il governo Conte va avanti

Il Governo Conte II ottiene la fiducia anche al Senato. Con 156 voti contro 140 passa la fiducia e il governo può continuare a lavorare. Italia Viva, alla fine, si astiene. Cosa significa tutto questo per il futuro del Governo e del Paese?

Una crisi incomprensibile

A chi ha avuto modo di seguire il dibattito alla Camera, ma soprattutto al Senato non sarà sfuggito: le argomentazioni che avrebbero dovuto sostenere le ragioni di questa crisi di governo da parte di Italia Viva non si sono né sentite né viste.

Una forza politica ha tutto il diritto di far valere le proprie posizioni durante le discussioni e gli incontri, ma se questa stessa forza politica non lo fa e usa i media per picconare il governo di cui fa parte, con ultimatum su ultimatum mentre le altre forze della coalizione lavorano, discutono e si confrontano, va da sé che viene meno un rapporto di fiducia, oltre che di lealtà.

Agli occhi del paese questa crisi era ed è incomprensibile dal punto di vista politico. Mentre è chiaro che le ragioni sono puramente personalistiche, di interesse.

Italia Viva voleva dare una spallata al governo Conte, ma alla fine ha fallito negli intenti: non solo ha perso alcuni esponenti che sono tornati nel PD, ma ha anche perso ogni credibilità che le era rimasta verso l’esterno.

Dopo aver lavorato al miglioramento dei progetti per il Recovery Plan, infatti, Italia Viva ha deciso di far saltare tutto, di ritirarsi, per problemi non noti. Ha detto bene Conte: i progetti erano stati discussi con le forze di coalizione, in modo bilaterale, nei gruppi parlamentari e non certo in “oscure cantine di Palazzo Chigi”.

Un governo debole

Questa vittoria al Senato non va certo letta come una vittoria entusiasmante. Il governo Conte si è salvato il collo. Ma una maggioranza così debole deve preoccupare: prima o poi, infatti, qualcuno inciamperà. E una nuova crisi si aprirà, inevitabilmente. Abbiamo alcune scadenze fondamentali in questi giorni: la decisione di come e dove investire i soldi che ci arrivano per il rilancio economico, sociale, culturale e sanitario del Paese.

Non si tratta, quindi, di chi subentrerà nei due ministeri che Italia Viva ha abbandonato, ma di come si vorranno spendere le risorse che ora sono a nostra disposizione. Mentre si consumava questa crisi incomprensibile, milioni di italiane ed italiani assistevano allibiti. Posti di lavoro cancellati come impronte sulla sabbia dall’onda lunga della crisi pandemica; disoccupazione e nuove povertà, inefficacia delle strutture di prevenzione sui territori, un sistema economico-produttivo quasi al collasso (ma non da oggi), e prospettive per le giovani generazioni sempre meno promettenti.

Un governo debole è un problema per il Paese. Questa debolezza non nasce certo oggi, dopo la crisi incosciente prodotta da Italia Viva e dall’egocentrismo di Renzi. Oggi, però, è certamente più accentuata. Se questo governo arriva all’estate è già un successo. Eppure, non dimentichiamolo, a febbraio 2022 scade il mandato del Presidente della Repubblica e in quell’occasione si dovrà trovare – se il governo reggerà fino ad allora – un accordo tra le forze politiche per un nuovo nome. Inversosimile che Mattarella possa mettersi a disposizione per un secondo mandato, seppur a tempo come fece Napolitano.

La speranza nella coscienza e l’appello alla responsabilità di elette ed eletti dell’opposizione ed ora anche di Italia Viva è poca cosa. Leggendo tweet e post di illustri esponenti del partito di Renzi, si prospetta una sorta di guerriglia a colpi di voti contrari in ogni occasione possibile per far andare “sotto” il governo. Che farà allora Conte?

Prospettive elettorali

E così circolano già sondaggi che parlano di un partito o meglio, di una lista Conte. Viene quotata addirittura tra il 10 e il 15%. Lo sappiamo, però, i sondaggi dicono poco o nulla. Vanno sempre presi con tanto scetticismo. Non fotografano quasi mai la realtà. Ci parlano però dei trend e degli scenari possibili. Non vanno sottovalutati.

Conte è la figura politica più apprezzata in Italia. Questo governo, nonostante una debolezza strutturale, effetto di una coalizione tra anime che fino a ieri erano antagoniste; di contenuto e ora anche di numeri, gode di un alto indice di gradimento.

In un tempo di sconvolgimenti, pandemia, disperazione e morte, la stabilità politica è vista come una garanzia. La garanzia che qualcuno possa gestire al meglio la situazione. Per questo, forse, la crisi ha sconvolto tutti. Anche le cancellerie estere. L’Italia non può permettersi una crisi, né nuove elezioni in questi mesi. Forse dopo l’estate. O ad anno nuovo. Ma certo non ora, in fase espansiva dell’epidemia.

Però, è indubbio: la domanda principe è cosa accadrà se…

Il Partito Democratico è l’unico partito con un profilo istituzionale consolidato, esperienza di governo, radicamento territoriale (anche all’estero), capace di offrire una prospettiva di governo credibile nel campo del centro-sinistra. Il M5S sarà una forza ridimensionata potentemente nella sua presenza parlamentare, ma manterrà pur sempre quel 15% che è imprescindibile per la formazione di altri governi. Alternativi a quelli della destra.

Italia Viva è ormai un movimento in dissoluzione. A stento supera il 2% e ora, dopo questa crisi, non ha molto spazio nel centro-sinistra. O si coalizza con il pulviscolo liberale (ci perdoneranno i liberali genuinamente tali per l’abuso del concetto) ora presente in Italia (Azione, +Europa…) avvicinandosi a Forza Italia e quindi creando un polo di centro-destra rinnovato, o scompare del tutto.

LeU, la sinistra, resta un partito minoritario, ma consolidato attorno a un 3% che è certamente insufficiente per qualsiasi tipo di riflessione di lungo termine. O coalizza attorno a se, anche in questo caso, quella miriade di liste e listine esistenti, o resterà di poco impatto. Certo, non può prescindere da un’alleanza strutturale col PD.

La destra, invece, con Lega e FdI, è molto ben consolidata attorno a un nocciolo ideologico nazionalpopulista, antieuropeista e dai preoccupanti tratti del radicalismo di destra che ben conosciamo. Se Forza Italia resta un satellite di quella costellazione, la maggioranza assoluta potrebbe essere tutt’altro che impossibile. A meno che…

Il Partito Democratico e il rilancio di un progetto politico per il Paese

Il PD non può, è stato detto da molte parti, restare una comparsa sulla scena politica. Secondo alcuni sarebbe una stampella per il M5S. Si sarebbe “grillizzato”. Per me è una sciocchezza. Il PD ha dato un impronta molto chiara e positiva a questo governo. Con Conte, nonostante tutto, sono state portare avanti azioni molto importanti. Certo, il PD soffre (non da ora) di un problema di identità profondo.

Le domande che dovrebbe porsi – cosa che ho detto non so ormai quante volte, alle assemblee PD come all’incontro di CentoFiori promosso dall’Eurodeputato Brando Benifei, sono alla fine molto semplici: chi siamo? cosa vogliamo? Come lo vogliamo fare e, infine, dove vogliamo andare?

Se vogliamo che alle prossime elezioni una maggioranza progressista, europeista, socialdemocratica o comunque sensibile alle questioni sociali ed ecologiche si consolidi, è capitale che il PD si rafforzi. Oscillare tra il 20 e il 23% è certamente positivo, meglio di quanto ci è stato consegnato nel 2018 da anni di pessima amministrazione e di pessime idee politiche, ma non è certo sufficiente per la forza politica che aspira ad essere partito di maggioranza relativa ed esprimere un’idea di paese alternativa a quella di Meloni e Salvini.

Sono da sempre convinto – oggi più che mai – che un profilo ideologico chiaro ed onesto possa premiare. Il PD, oggi, ha risolto molte delle sue ambiguità interne. Sono servite scissioni di ogni genere, tumulti. Ma, alla fine, il PD non è morto. Il PD esiste e si è consolidato attorno alla gestione di Nicola Zingaretti. Il lavoro interno al partito ha dato i suoi frutti. Non è sufficiente. Ma è un primo passo in avanti. Serve di più.

Serve anche coinvolgere le persone, aprirci, ma tenendo presente anche che le risorse per un vero rilancio sono dentro di noi: militanti, dirigenti, personale con grandi competenze, passioni e visioni. Mi si chiedeva ( e diceva), se ci sono ritorni da Italia Viva dobbiamo accoglierli. Certo. Chi ha mai detto il contrario. Ma un conto è accogliere, un conto è far finta che niente sia successo.

Ricandidature e ruoli di responsabilità non possono essere merce di scambio. Sono traguardi che si dovrebbero ottenere con lealtà, fiducia, impegno, sacrificio e perché si è guadagnato tutto questo col duro lavoro e l’impegno, per la comunità a cui si appartiene. Un partito non è un grand hotel con le porte girevoli, è una comunità di persone e valori.

Il domani, il rilancio della politica

Ecco, quindi, il punto centrale della questione: il rilancio della politica. Della capacità di visione, di costruzione di ponti, di relazioni. La condivisione di aspettative e la capacità comune di immaginare il domani e di plasmarlo, attraverso il coinvolgimento, l’ascolto, il mettersi al servizio. Un lavoro che è una missione. Una vocazione, per evocare Max Weber. La politica è anche questo.

Abbiamo la responsabilità di offrire un’alternativa, un orizzonte a cui tendere e andare insieme. Nonostante tutto, arriverà il tempo in cui ci ritroveremo di persona. E forse saremo tutti più sereni, comprensivi e disposti all’ascolto reciproco. Se questo isolamento fisico non ci avrà trasformati radicalmente, inariditi. Non credo.

Ma nel frattempo usiamo al massimo il potenziale del digitale, per non perdere mai il contatto con l’altro. Creare occasioni di confronto, discussione e di elaborazione di idee e proposte. Un forum aperto, sempre e comunque, a tutte e tutti coloro che vogliono dare un contributo di idee e progetti per costruire questo domani. Che sarà certamente migliore di quanto oggi temiamo. Dobbiamo crederci. Dobbiamo.



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