Spesso si definisce un’organizzazione o un’azienda innovativa solo perché opera in settori nuovi, o considerati tali dai media. Ma è un errore perché anche in tanti settori ‘tradizionali’ ci sono aziende e organizzazioni che fanno innovazioni di processo, di prodotto o dell’offerta. E dietro a tutte queste innovazioni, ci sono donne e uomini che amano il proprio lavoro.
Persone che hanno fatto loro il proverbio africano “Chi vuole sul serio qualcosa trova una strada, gli altri una scusa” e che sanno che la vera innovazione è quella condivisa in grado di generare benessere per la collettività.
Quest’intervista fa parte della rubrica Innovatori pubblicata su www.robertorace.com.
Uno spazio in cui proviamo a raccontare le storie degli Innovatori, a scoprirne modi di pensare, predilezioni e visioni del mondo. Cercando di capire meglio cosa ci riservano presente e futuro.
———————–
Innovatori: Anna Dato: la vera innovazione è inclusiva!
“Il mio più grande privilegio è poter dedicare la mia vita al bello”.
Appassionata di arte, bocconiana per formazione, dedicata alla cosmesi asiatica per professione. Anna Dato, responsabile Marketing Asia per Intercos – multinazionale Italiana leader mondiale nella produzione di cosmetici per i migliori brand. Una delle eccellenze imprenditoriali italiani che ai primi di dicembre ha annunciato l’ingresso nel capitale come socio di minoranza del fondo sovrano di Singapore GIC.
Anna lavora per creare i trend e i prodotti del futuro, studiandoli per i consumatori d’oriente.
Nel parlare di valori fondamentali, le piace partire da una citazione di Amleto: “Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante tu ne possa sognare nella tua filosofia”.
La curiosità, l’apertura, e l’idea che la strada da percorrere non sia necessariamente quella già scritta costituiscono elementi fondamentali per chi voglia essere un innovatore. “Il caso, la fortuna e il destino”, spiega, “mi hanno portato ad accettare uno stage da Intercos – azienda che non avevo mai sentito nominare, in un settore che non sapevo ancora avrei amato moltissimo! Il beauty. La mia fortuna è stata trovare un lavoro che mettesse in risalto non solo le competenze per cui avevo studiato, ma anche le passioni che avevo accumulato con la mia personale formazione. Quando si parla di cosmesi, e in particolare della creazione di prodotti, vediamo spesso nell’oggetto il suo puro aspetto utilitaristico: un rossetto serve per colorare le labbra. Tuttavia c’è molto di più nel pensiero che forma il prodotto stesso: la scienza in una formulazione che crea performance mai ottenibili prima, la sensibilità nel colore ispirati da arte e moda, la sociologia nell’interpretare la cultura di chi lo indosserà. Tutto questo mi ha fatto innamorare di questo settore, e dell’azienda di cui faccio parte, che mette in valore queste competenze come nessun altro nella nostra industria”.
D. Chi è un innovatore per te? Perché?
R. Penso che l’innovatore sia la persona in grado di vedere la quotidianità ogni giorno con occhi nuovi, avendo il coraggio di cambiare quello che sembra già funzionare bene. Guardando più in là del domani immediato, anticipando il cambiamento che sarà. Credo che la cultura del luogo abbia un’importanza capitale nel supportare il pensiero innovativo. Ci sono paesi che noi percepiamo come molto innovativi, ad esempio il Giappone, che tuttavia ha una cultura fortemente gerarchica che scoraggia il pensiero dissonante. La cultura dell’innovazione deve essere coltivata, così come la propensione al rischio.
Ho letto di recente nel libro di Francesco Costa – Questa è l’America – che un posto come la Silicon Valley è possibile perché lì c’è chi investe nelle idee, mentre è difficile trovare lo stesso livello di supporto in Europa. Mi sono trovata in grande accordo con lui: accogliere e sostenere l’innovazione è un atteggiamento fondamentale, da vivere nella quotidianità come accoglienza e ascolto di un pensiero fuori dal coro. Magari non necessariamente giusto, ma senz’altro stimolante.
D. Qual è l’innovazione che cambierà il mondo nei prossimi anni?
R. Mi ricordo che scrissi in un tema del liceo, in cui parlai del modo in cui il mondo dei consumi si sarebbe evoluto nella direzione di accorciare sempre di più il tempo tra manifestazione del desiderio, e suo compimento. Portai ad esempio l’evoluzione tecnologica dei computer, dove la semplificazione aveva diminuito drasticamente i tempi di accensione, e perciò mi sarei aspettata che saremmo diventati sempre più impazienti. Se fossimo riusciti ad accorciare il tempo tra il volere e l’ottenere, avremmo anche massimizzato i consumi – perché avremmo perso per strada molto meno della domanda.
La mia idea non fu ben accolta dal mio professore – eravamo alla fine degli anni ’90! – ma vent’anni dopo sono ancora di questa opinione.
Semplificazione ed accessibilità sono il segreto del successo di tanti prodotti.
Pensiamo a perché in tanti abbiano comprato un iPad: in fondo ha molte meno funzionalità di un computer, e a paragone è molto più costoso per quello che può fare. La mia opinione è: perché l’hanno studiato con il principio del gioco per l’infanzia “la vecchia fattoria” (quello in cui toccavamo le facce degli animali per fargli emettere il loro verso!). L’innovazione è stata proprio la semplificazione, l’accessibilità che rende uno strumento tecnologico talmente intuitivo che persino un bambino di tre anni o un anziano luddista possa usarlo.
In qualsiasi industria che guarda al consumatore finale, la vera innovazione è pensare con l’inclusività.
D. Qual è il ruolo di un leader in un’organizzazione?
R. In una sessione di coaching ci fecero fare un esercizio legato alla nostra visione di leadership, scegliendo un’immagine che la rappresentasse.
Mi ricordo che selezionai un quadro astratto – sarà stato freudiano! – perché per me il senso della leadership è dare significato ad un’immagine rarefatta come può essere una visione, e renderla comprensibile e raggiungibile al resto della squadra. Ma anche anticipare il cambiamento, e agire di conseguenza. Il nostro lavoro in effetti vive sull’idea che vediamo il futuro prima degli altri.
Mi piacque moltissimo anche l’opinione di una collega, che selezionò un gruppo di cheerleader intente a sollevare una di loro. La sua idea è che un bravo leader deve innalzare le persone attorno a sé, farle crescere, ma anche essere pronto ad accoglierle quando cadono.
Non sono una grande sportiva, però questa domanda mi accende l’immagine di una cordata di scalatori. Un gruppo di persone interdipendenti, legate tra di loro, in cui ogni contributo è necessario.
C’è chi guida, chi si trascina, ma ci si salva l’un l’altro.
In questo chi guida deve accogliere il contributo di ognuno dei membri del suo team, ma soprattutto fare arrivare tutti in cima alla montagna.
D. Una persona che ha lasciato il segno nella tua vita?
R. C’è senz’altro una persona a cui devo tanto, e che ogni giorno ringrazio per essere il mio mentore: Dario Ferrari, il founder e presidente di Intercos.
Un visionario illuminato, che ha creato un’industria che non esisteva, e che è lui stesso il punto di riferimento mondiale per l’industria cosmetica.
Mi ha insegnato ogni giorno a credere nell’eccellenza, che il cambiamento e miglioramento costante è l’unica soluzione per essere sempre all’avanguardia, che la curiosità è la sorgente per capire quello che ancora non sappiamo.
D. La tua più grande paura/la tua più grande speranza?
R. Sono un’adepta del pensiero positivo, immagino i miei obiettivi e non penso alle mie paure.
D. Il tuo progetto di lavoro attuale e quello futuro.
R. Penso che il beauty è e sarà sempre nella mia vita. Il privilegio di essere in Asia è avere la visione sul futuro a grande velocità. Il nostro universo lavorativo sta subendo una trasformazione radicale, cambiando anche il significato della nostra attività.
Da produttori dobbiamo diventare migliori comunicatori, visto che in Cina l’evoluzione sembra essere M2C – Manufacturer to Consumers!
D. La cosa che più ti fa emozionare e quella che ti fa più arrabbiare.
R. Sono innamorata del mio lavoro, e vedere un prodotto innovativo mi dà una grande emozione!
Ogni volta che superiamo un limite, è un risultato straordinario.
Parliamo di tecnologia come se fosse un elemento astratto ed arido, tuttavia è totalmente umano, è il risultato di un pensiero, di lavoro, di dedizione.
Ho grande ammirazione per chi lavora con dedizione ed impegno, ogni cosa se fatta con amore è bella.
Dobbiamo riscoprire il nostro artigianato, il savoir faire nelle mani di chi lavora, che è un tesoro da proteggere come fanno i giapponesi.
Al contrario la sciatteria, l’allontanamento dalla scienza e dal sapere, l’imbarbarimento, sono il decadimento che dobbiamo combattere.
Tuttavia vedo emergere tante nuove voci intelligenti, che hanno il giusto seguito nei social media.
E sono sicura che, dopo l’oscurantismo degli ultimi anni e questa atroce pandemia, siamo pronti per il Rinascimento che ci meritiamo!
P.S. Ho conosciuto Anna seguendo il suo profilo su Instagram e grazie a lei sto viaggiando con la mente e scoprendo la Corea del Sud.
Val la pena seguirla: https://www.instagram.com/annadato.