Raz Zimmt, esperto dell’Inss (Università di Tel Aviv), spiega che con l’arricchimento dell’uranio al 20% l’Iran punta a mettere pressione a Biden. Che, se vuole rientrare nell’accordo Jpcoa, ha poco tempo. Ecco perché
L’annuncio dell’Iran di avviare il processo di arricchimento dell’uranio al 20% è “chiaramente un segno di rottura rispetto agli impegni presi dal Paese in tema di nucleare”, ha dichiarato oggi un portavoce della Commissione europea. Che però ha aggiunto: “Occorre ricordare comunque che, nonostante queste deprecabili azioni intraprese dall’Iran, il Jcpoa (il Piano d’azione congiunto globale sul nucleare, l’accordo sul nucleare iraniano, ndr) prevede misure di controllo e verifica molto stringenti, che sono ancora in corso. Quindi sulla base delle dichiarazioni dei partecipanti all’accordo, dichiarazioni dello scorso dicembre, faremo tutto il possibile per tenere in piedi l’accordo e perché tutte le parti mantengano i propri impegni”.
LA REAZIONE DI ISRAELE
Di avviso opposto è Israele: infatti, il ministro degli Esteri Gabi Ashkenazi ha lanciato un appello alla comunità internazionale, chiedendo di “non tollerare gli atti sfida dell’Iran” e di considerare l’avvio del processo di arricchimento dell’uranio come “una linea rossa che richiede una risposta decisa e immediata”. “Israele non permetterà mai all’Iran di acquisire un’arma nucleare”, ha dichiarato Ashkenazi sottolineando come “l’impianto di Fordow è stato costruito con l’obiettivo di arricchire l’uranio per un programma di armi nucleari”.
LA SPONDA EUROPEA
Quella europea è musica per le orecchie di Teheran, spiega in una conversazione con Formiche.net Raz Zimmt, esperto di Iran e research fellow presso l’Institute for National Security Studies dell’Università di Tel Aviv. “È esattamente quello che l’Iran aspettava”. Dopo il passo indietro degli Stati Uniti di Donald Trump, “l’Unione europea ha fatto importanti sforzi per tenere in vita il Jpcoa”, continua l’esperto, che si dice convinto che “vedremo sempre più forti pressioni” per non lasciar morire l’accordo nucleare. Quello di Bruxelles è anche un segnale a Washington di disponibilità a facilitare il dialogo con Teheran in caso di volontà di rientrare nel Jpcoa.
TEMPISMO PERFETTO
Secondo Zimmt dobbiamo soffermarci sul tempismo della decisione iraniana. Infatti, come fatto da Unione europea e Cina per il recente accordo sugli investimenti, anche l’Iran ha pensato di approfittare sul tumultuoso cambio di amministrazione a Washington senza attendere l’insediamento di Joe Biden. L’annunciato arricchimento “è una mossa importante ma non tale da provocare, almeno per ora, una reazione militare da parte di Israele o del presidente Trump”, spiega Zimmt. Ma offre “all’Iran un’altra leva attraverso cui può mettere pressione all’amministrazione Biden affinché gli Stati Uniti rientrino nel più breve tempo possibile nel Jpcoa”. E non è l’unica: basti pensare, per esempio, alla capacità di interrompere un corridoio marittimo cruciale dimostrata nei giorni scorsi da Teheran con il sequestro di una nave cisterna battente bandiera sudcoreana nello Stretto di Hormuz.
BIDEN NOVELLO OBAMA?
“Molto cose sono cambiate” da quando l’amministrazione di Barack Obama (di cui Biden era vicepresidente) firmava quell’accordo, sottolinea Zimmt. Sono passati solo cinque anni e mezzo. Ma “l’amministrazione Biden non sarà in linea di continuità con l’esperienza di Obama”, aggiunge evidenziando come il presidente eletto voglia rientrare nel Jpcoa. C’è la volontà di mettere fine alla strategia della “massima pressione” portata avanti dal predecessore a suon di sanzioni (anche in materia di diritti umani con l’evidente intento di ingabbiare il successore e impedirgli di tornare al tavolo delle trattative con Teheran). Ma solo a due condizioni: che l’Iran rispetti gli impegni e che l’accordo venga allargato alle politiche regionali e ai programmi missilistici della Repubblica islamica, come ribadito in una recente intervista alla CNN da Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale di Biden.
L’INCOGNITA DELLE URNE
Il tempo non è molto. Se Biden vuole negoziare con il presidente iraniano Hassan Rouhani ha solo cinque mesi. A giugno, infatti, sono in programma le elezioni presidenziali che potrebbero far passare il Paese dalle mani dei “pragmatici” (i cosiddetti moderati) a quelle degli intransigenti ultraconservatori. Gli stessi che a dicembre hanno fatto passare, sfidando il presidente Rouhani, la legge che prevedeva al 20% la soglia di arricchimento dell’uranio e di bloccare le ispezioni dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica nel caso in cui i Paesi europei e gli Stati Uniti non avessero rimosso le sanzioni sulla vendita di petrolio e sul sistema bancario iraniano. Ecco perché, spiega Zimmt, l’annuncio iraniano — frutto di quella decisione di un Parlamento dominato dai conservatori — è legato all’uccisione dello scienziato nucleare Mohsen Fakrizadeh, ritenuto il padre del programma nucleare militare iraniano, e non all’anniversario della morte del generale Qassem Soleimani. Ed ecco perché, conclude Zimmt, “non è da escludere” un ritorno degli Stati Uniti al tavolo delle trattative con l’obiettivo di favorire il fronte pragmatico, forti anche delle recenti aperture del presidente Rouhani.