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Serve un nuovo modello di leadership. L’analisi di Mancini (Sorgenia)

Di Gianfilippo Mancini

È tempo, per il nostro Paese, di scelte in rottura con il passato per affrontare le nuove sfide che ci attendono. Scelte che abbiano al centro un’attenzione alle risorse, ai giovani e alle donne e un ripensamento del ruolo delle istituzioni. Il commento di Gianfilippo Mancini, ceo Sorgenia

La crisi planetaria iniziata un anno fa è la più drammatica degli ultimi decenni e promette di portare grandi discontinuità. In Italia, poi, la pandemia è arrivata dopo un ventennio di lento e continuo declino, e questo ci mette di fronte a sfide di portata maggiore non solo rispetto ad altri Paesi ma anche rispetto alle tante difficoltà che il nostro Paese ha dovuto affrontare dal dopoguerra ad oggi.

È però anche vero che le vicende più significative della storia italiana sono quelle in cui abbiamo collettivamente fatto ricorso ai nostri migliori valori ed alle nostre migliori energie per uscire da situazioni che avevano colpito gravemente la società. Il rinascimento si sviluppa dopo la peste del 1300, il risorgimento nasce dal bisogno di riscatto da un lunghissimo sfruttamento straniero e il miracolo economico viene dopo la distruzione della seconda guerra mondiale.

Ma allora: quale strada dobbiamo imboccare, e come dobbiamo attrezzarci per percorrerla, se vogliamo sperare di guardare tra 10 o 20 anni al 2021 come anno della ripartenza?

La buona notizia – ora possiamo dirlo – è che la strada giusta l’abbiamo già imboccata e si chiama Europa. La socializzazione europea del Recovery Fund è una prima ed epocale decisione, che ci consente di investire in nuove direttrici di sviluppo, e che non dobbiamo sprecare. Ma sarà anche necessario rafforzare i legami e la sovranità europea in altri campi, per cogliere l’enorme potenziale di quello che può più concretamente diventare non solo il primo mercato economico mondiale ma anche un’unione che ci protegga a lungo, perché basata sui valori condivisi di democrazia, solidarietà e cultura.

Rimanere agganciati al treno europeo però non può bastare. Occorre che il nostro Paese compia delle scelte, discontinue e in alcuni casi coraggiose. E che si doti delle capacità per realizzarle. Ecco le tre scelte che mi sembrano più importanti.

Un primo insegnamento che anche questa pandemia ci ha messo sotto gli occhi e che non credo possiamo più ignorare è che dobbiamo rapidamente passare da un’economia basata sul consumo ad un’economia basata sulla valorizzazione delle risorse. Non mi riferisco solo alle risorse naturali, ma anche al potenziale umano, culturale e territoriale che il nostro paese ha in straordinaria abbondanza e diversità. Lo sviluppo della “digital and sharing economy” spinge velocemente verso la de-materializzazione e, in questo senso, ci viene incontro.

Una seconda scelta chiave consiste nel mettere i giovani e le donne al centro. Perché sono risorse essenziali per questa ripartenza, e semplicemente non possiamo più permetterci di essere il fanalino di coda in qualsiasi statistica internazionale che misuri il loro ruolo nella società.

La terza scelta riguarda il ruolo delle istituzioni e del settore pubblico. Per le salite impegnative servono buoni scarponi, gambe fresche e uno zaino leggero. Noi abbiamo bisogno di un buono “stato di diritto”, di un settore privato vitale e dinamico e di un settore pubblico leggero ed efficiente. E quindi di riforme istituzionali (le più importanti riguardano il rapporto stato-regioni, la giustizia ed il sistema elettorale) e di condizioni e stimoli affinché cittadini, imprese e non-profit possano far crescere l’economia e rafforzare il tessuto sociale. E di un settore pubblico e para-pubblico più snello, che non si sostituisca al mercato appesantendo il cammino.

Riusciremo a fare questa rivoluzione?

C’è infine un’altra domanda, che dovremmo farci ogni giorno: che tipo di leader vogliamo a capo delle nostre organizzazioni? Dalla politica al governo, dalle aziende alle scuole, dagli ospedali alle palestre.

Per rilanciare il Paese intorno alla sostenibilità, all’inclusione e alla valorizzazione di tutte le nostre forze, credo che il passaggio da una leadership di potere ad una leadership di servizio sia la scelta più importante che possiamo compiere.

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