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Next generation? I giovani contano l’1%. L’allarme di Competere

Di Giacomo Bandini

Si chiama “Next generation Italia” ma ai giovani è destinato solo l’1% dei fondi, due miliardi di euro. Cioè un settimo della Francia e un ottavo della Spagna. L’analisi di Giacomo Bandini, direttore generale di Competere

Definire le priorità in un momento di crisi è sempre difficile. Tuttavia è sempre possibile imparare dagli errori commessi nel passato. E ne sono stati fatti molti. Uno su tutti, dopo il 2008: dimenticarsi dei giovani contribuendo così all’aumento del divario generazionale. Ossia il ritardo accumulato dalle nuove generazioni, rispetto alle precedenti, nel raggiungimento della propria indipendenza economica.

PERCHÉ È IMPORTANTE

Aver lasciato indietro le nuove generazioni per oltre un decennio ha rallentato la ripresa economica e accelerato l’esodo di forza lavoro ad alto tasso di educazione. Anche il mercato del lavoro ha subito le conseguenze dei numerosi espatri.

Da un lato risulta più difficile reperire personale ad alta qualificazione con un livello educativo adeguato alle evoluzioni tecnologiche del mercato. Dall’altro è andato crescendo il mismatch tra offerta di lavoro e skill dei lavoratori. È più che dimostrato che la componente demografica fa la differenza nella crescita economica. Più giovani = più crescita.

PIÙ NEET, MENO IMPRENDITORI

Frequentemente, parlando di divario generazionale ci si riferisce ai livelli di pensioni e rendite percepite oggi dalla popolazione più anziana (elevati) comparati a quelli previsti per i più giovani (molto bassi). La questione rischia di essere fuorviante.

È importante guardare anche ad altri parametri fondamentali. Il primo riguarda i cosiddetti NEET (persone tra i 15 e i 34 anni che non hanno né cercano un impiego e non frequentano una scuola né un corso di formazione o di aggiornamento professionale).

Trattasi del cosiddetto potenziale sprecato laddove le generazioni che si sono affacciate all’età adulta nel nuovo millennio nel nostro Paese si sono trovate con inadeguato investimento pubblico rispetto ai coetanei delle altre economie avanzate e ad accentuare la necessità di dover contare sempre più sul tradizionale aiuto privato dei genitori.

Un altro parametro poco considerato è quello del tasso di nuove imprese nate negli ultimi anni. L’assenza di strumenti di sostegno all’imprenditorialità e le scarse risorse a disposizione hanno funzionato da deterrente alla creazione di nuove società soprattutto tra i giovani. L’impatto è esteso così a tutto il sistema di imprese che si è dimostrato poco vitale nel periodo seguente alla crisi economica del 2008.

Nel 2017 il tasso di creazione delle nuove imprese in Italia era del 7,1%, mentre in Spagna e Francia rispettivamente del 9% e 10%. Nei paesi con età media più bassa i livelli di imprenditorialità crescono ulteriormente (ad es. Polonia 12,2% ed Estonia 11,8%).

UNO NON BASTA

Nell’ambito del piano #NextGenerationItalia le risorse dedicate alle politiche giovanili costituiscono solamente l’1% del totale (circa 2 miliardi). Se confrontate con quelle di alcuni paesi più lungimiranti risultano piuttosto limitate. La Francia prevede investimenti pari a 15 miliardi di euro da destinare equamente alle politiche attive del lavoro e alla formazione attraverso piattaforme ad hoc. In Spagna la copertura dedicata agli interventi di sostegno ai giovani occuperanno il 17,6% del totale delle risorse, mentre in Porto gallo l’8,6%.

INVESTIRE NEL FUTURO

Di fronte a questo scenario è necessario strutturare diversamente gli investimenti previsti dal governo italiano. È possibile infatti portare i 2 miliardi previsti fino ad un totale di 15 miliardi attraverso l’utilizzo di due strumenti:

10 miliardi provenienti dal PNRR (Recovery Fund) da destinare alle politiche attive per il lavoro e alla formazione come già previsto in quel risicato 1%;
5 miliardi attraverso un Fondo di Garanzia per imprese under 35, analogo a quello già esistente per le PMI e da alimentarsi attraverso le future emissioni di titoli di Stato (come avviene già per il Patrimonio Destinato).

Si parla sempre di garanzie e ritorni nel medio-lungo periodo. Investire nei giovani e ridurre il divario generazionale non passa solo per la riforma delle pensioni, ma anche nella creazione di politiche attive. Educazione, imprenditorialità e lavoro sono le parole chiave.



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