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Per Navalny e non solo. Ecco chi è sceso (davvero) in piazza a Mosca

Record di arresti nelle proteste in Russia per la liberazione di Alexey Navalny, può seguire una maxi ondata di repressione. E i dati svelano che in piazza non scendono più solo i teenager. Il racconto da Mosca del prof. Giovanni Savino, Senior lecturer presso l’Istituto di scienze sociali dell’Accademia presidenziale russa dell’economia pubblica e del servizio pubblico a Mosca

Le manifestazioni svoltesi nella giornata di sabato in tutta la Russia per protestare contro l’arresto di Alexey Navalny hanno avuto storie diverse a seconda delle città. Se è vero che una partecipazione simile in alcune realtà non si vedeva da tempo – ad esempio, a Mosca era dal luglio 2019, quando erano stati esclusi alcuni candidati dalle elezioni al parlamento cittadino, che non vi erano mobilitazioni simili – in alcune regioni, come nell’Estremo Oriente russo, tali manifestazioni si pongono in continuità con le proteste estive del 2020.

Quantificare le presenze in piazza è difficile, visto che in molti casi gli assembramenti son stati dispersi per poi riformarsi o proseguire in forma di piccoli cortei di volta in volta. A Mosca vi son state circa 15-20.000 persone per le strade del centro, in fiumane silenziose e con pochi sparuti tricolori nazionali qui e lì, divise in vari tronconi perché dalle 15:00 in poi piazza Pushkinskaya era irraggiungibile, chiusa dalle forze dell’ordine.

Vi son state cariche degli Omony (la celere russa) sull’Anello dei boulevard, intorno alla stazione metropolitana di Tsvetnoy bul’var e per il Kamergerskij pereulok, stradina del turismo moscovita, dove i manifestanti hanno trovato rifugio nei caffè.

Alcune reazioni da parte dei manifestanti non sono mancate, come una battaglia di palle di neve a Tsvetnoy, e eccessi delle forze dell’ordine, soprattutto a San Pietroburgo, dove una donna è stata raggiunta da un calcio violentissimo di un agente nello stomaco, finendo per terra con un trauma cranico e un ematoma.

Il totale degli arrestati e dei fermi di ieri rappresenta un record per gli ultimi anni: 3324, di cui 1320 a Mosca e 490 a San Pietroburgo, una cifra simile alle ultime grandi proteste del 2012. È possibile che si ripresenti una campagna di repressione come in quell’anno, quando la manifestazione del 6 maggio 2012 a piazza Bolotnaya a Mosca sfociò in incidenti e cariche, per avere come conseguenza processi che condannarono gli imputati a pene pesanti.

Nulla di nuovo, quindi? Una considerazione simile sarebbe inesatta, perché nelle piazze di ieri, a livelli diversi, vi son state dinamiche rilevanti. La prima è la partecipazione nelle regioni, dove si son visti cortei importanti, espressione di una crescente insoddisfazione nei rapporti con Mosca.

In tal senso, le proteste si caricano qui di significati politici, al di là della battaglia anticorruzione di Navalny e dei suoi sodali, e chiedono conto di quale sia la strategia del centro verso le province, che vedono peggiorare la propria condizione socioeconomica ormai da qualche anno.

La seconda dinamica riguarda il “cambio” nella composizione generazionale delle manifestazioni: secondo la ricerca sul campo effettuata dal gruppo di indagine antropologica sulle proteste coordinato da Alexandra Arkhipova, ieri a Mosca in piazza il 37% era rappresentato dalla fascia d’età 25-35, seguito dai 18-24 (25%).

Un dato importante, perché negli ultimi 5 anni la retorica filogovernativa si era concentrata sugli adolescenti (denominati con disprezzo “scolaretti”), considerati il nucleo principale delle manifestazioni di Navalny; da questi dati invece emerge sì una composizione giovanile, ma non relegabile ai teenager, e che coinvolge essenzialmente chi è entrato nel mercato del lavoro in un periodo di crisi.

Ultimo elemento da tener in considerazione è lo scendere in piazza anche se non si è d’accordo con Navalny, come esercizio di espressione del disaccordo e del dissenso verso l’azione di governo del Cremlino e della Casa Bianca (sede del consiglio dei ministri russo), uno stato d’animo significativo.

Quel che resta sullo sfondo, senza alcuna chiarezza, è la proposta politica complessiva di Navalny. Se i video continuano a registrare successi enormi, come l’ultimo, sulla residenza “estiva” di Putin, che ha visto 70 milioni di visualizzazioni, ancora non è chiaro, oltre l’anticorruzione, quale sia il programma del blogger.

Che ricette propone Navalny per l’economia, per la diseguaglianza sociale che si aggrava sempre di più, per la riorganizzazione del sistema russo? Si tratta di questioni cruciali per il futuro della Russia, e su cui manca una riflessione alternativa, in grado di uscire dal putinocentrismo del dibattito.

E anche la strategia sembra essere, in alcuni momenti, d’inerzia: Leonid Volkov, uno dei sodali di Navalny, ha chiamato a manifestare anche il prossimo fine settimana, mossa carica d’incognite, perché sembrerebbe voler ricalcare lo scenario bielorusso, senza però aver avuto una mobilitazione simile, almeno a Mosca, a quelle di Minsk, e con il rischio di veder evaporare anche il potenziale della protesta.

Di certo, per la squadra del blogger l’appuntamento centrale restano le elezioni alla Duma a settembre, dove, in un contesto non semplice, si proverà a verificare bontà e successo della strategia di Navalny.

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