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Pnrr e rifiuti, meno precauzione (più un indice degli argomenti)

Un’analisi del Piano nazionale di ripresa e resilienza dal punto di vista dell’efficienza nella gestione dei rifiuti non può prescindere dal prendere in considerazione la mancanza di impianti, l’aumento dell’export dei rifiuti e le diverse capacità territoriali. Il commento di Massimo Medugno, direttore generale di Assocarta

Il commento alla bozza del Piano nazionale di Ripresa e resilienza (Pnrr) sta diventando ormai un vero e proprio “genere giornalistico”, in attesa, forse, di diventare una branca della scienza economica e di dare un contributo anche alla letteratura del secolo.

Gli interventi si susseguono, in attesa che nel Piano venga “coinvolto” il Parlamento, come indicato a pag. 11 dello stesso.
Difficile, quindi, sottrarsi e non andare a riguardarsi il capitolo 2, “Rivoluzione verde e transizione ecologica” e, in particolare, il paragrafo 2, “Economia circolare e valorizzazione del ciclo integrato dei rifiuti” (pag. 76).
Innanzitutto, un suggerimento preliminare: fare un bell’indice per aiutare la consultazione e quindi il coinvolgimento (si fa nei documenti e nei contratti più corposi, perché non farlo per il Pnrr?).
Ma torniamo a pag. 76. Innanzitutto, rispetto ad altre parti del Piano, sia la sensazione che sia (come dire) un po’ striminzito (si vedano, ad esempio, le parti sull’energia, sulla mobilità).

Eppure, non mancherebbero contenuti da riportare. La mancanza di impianti, soprattutto al Centro-Sud (anche se si scrive della criticità delle grandi aree metropolitane nel Centro Sud…inclusa Roma), un export dei rifiuti che cresce anziché diminuire, l’esigenza di aumentare gli impianti anche per il compostaggio, il contributo che i rifiuti possono dare in termini di decarbonizzazione alle filiere industriali, la bonifica di siti contaminati che possono “liberare” aree per nuovi impianti gestite da “comunità di simbiosi industriale” (in analogia alle comunità energetiche). Contenuti ai quali “accostare” numeri e relativi vantaggi sotto il profilo sociale e ambientale.
La normativa in materia di rifiuti c’è, è robusta (anche se potrebbe essere migliorata) e su di essa si possono “appoggiare” progetti e proposte.

Ad esempio, il principio di autosufficienza per le Regioni, indica il fatto che, per alcune frazioni di rifiuti, occorre avere una capacità adeguata a livello territoriale.
Ancora quello di prossimità, che serve a indirizzare una ricaduta in termini di sviluppo sostenibile che dev’essere innanzi tutto nazionale ed europea. L’economia circolare (come l’economia in genere) è mondiale (ce lo ricorda spesso anche l’Unione europea quando si occupa di Convenzione di Basilea sui movimenti transfrontalieri), ma qui si tratta di non commettere gli stessi errori fatti per le rinnovabili, in cui le molte risorse disponibili determinarono un’ottima domanda per i produttori di equipment extra Ue.

Non si tratta di creare barriere all’export dei rifiuti (e d’altro canto le barriere nel commercio mondiale non riguardano soltanto i rifiuti… ma anche le materie prime e i prodotti! Le cronache del commercio internazionale sono piene di notizie di questo tipo), ma indicare delle priorità.
In questo senso anche il Piano nazionale sulla gestione dei rifiuti, previsto dalla normativa sui rifiuti più recente (Dlgs 116/2020), dovrebbe essere un punto di riferimento (ma non citato dal Pnrr).
Ricordiamo alcuni dei contenuti del Programma nazionale (comma 3 dell’art. 198 bis):

lett c) l’adozione di criteri generali per la redazione di piani di settore concernenti specifiche tipologie di rifiuti, incluse quelle derivanti dal riciclo e dal recupero dei rifiuti stessi, finalizzati alla riduzione, il riciclaggio, il recupero e l’ottimizzazione dei flussi stessi;
lett f) l’individuazione dei flussi omogenei di produzione dei rifiuti, che presentino le maggiori difficoltà di smaltimento o particolari possibilità di recupero sia per le sostanze impiegate nei prodotti base sia per la quantità complessiva dei rifiuti medesimi, i relativi fabbisogni impiantistici da soddisfare, anche per macro-aree, tenendo conto della pianificazione regionale, e con finalità di progressivo riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale;
lett f -bis) l’individuazione di flussi omogenei di rifiuti funzionali e strategici per l’economia circolare e di misure che ne possano promuovere ulteriormente il loro riciclo;
lett h) la definizione di un Piano nazionale di comunicazione e conoscenza ambientale in tema di rifiuti e di economia circolare;
lett i) il piano di gestione delle macerie e dei materiali derivanti dal crollo e dalla demolizione di edifici ed infrastrutture a seguito di un evento sismico, definito d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, sulla base dell’istruttoria presentata da ciascuna Regione e Provincia Autonoma.

Fare una buona pianificazione, significa contribuire, con adeguate infrastrutture, a creare un ambiente dinamico e innovativo, tipico del mercato.
In questo modo le imprese, sia quelle che producono rifiuti siano quelli che li recuperano – grandi, medie e piccole – potranno prosperare e contribuire sviluppo sostenibile.
Così potremo attivare una rivoluzione verde, far crescere l’economia circolare ed avere un sistema di gestione dei rifiuti più equilibrato.

Nel Pnrr si tace, poi, completamente sull’aspetto normativo in materia di economia circolare, sul quale occorre tornare (nonostante proprio il recente Dlgs n. 116/2020), almeno per disporre di procedure di recupero in linea quelle europee (si veda l’EoW caso per caso).
Insomma, si ha quasi la sensazione che sul punto ci sia uno strano pudore …e precauzione da parte (degli estensori) del Pnrr.

Ma come ha ricordato, recentemente, il Tar del Lazio (sentenza n. 00129/2021) il principio di precauzione, postula la sussistenza di una effettiva incertezza scientifica circa l’effetto di un determinato impiego di tipologie di prodotti nell’attività industriale o produttiva, ai fini della protezione ambientale e della salute umana.

Tuttavia, l’osservanza di tale fondamentale principio non può spingersi al punto di impedire l’ammodernamento di impianti produttivi… in caso di meri timori o incertezze.



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