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Pregi e difetti dell’euro digitale. Apriremo il conto corrente presso la Bce?

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Secondo Lagarde, l’area euro potrà contare sulla propria CBDC (Central Bank Digital Currencies) entro cinque anni, per non perdere terreno nei confronti di Cina e Stati Uniti. L’Abi ha iniziato un suo studio. Ma c’è il rischio che la Bce diventi controllante e controllata

Giorni fa, la presidente della Banca Centrale Europea, Christine Lagarde, ci ha dato contemporaneamente una conferma e una notizia: la prima riguarda la più che sostanziale apertura nei confronti dell’euro digitale già conosciuta da tempo, la seconda (ben più importante) rappresenta al contempo il punto di genesi e il tracciamento di quella che alle prime sembra essere il prodromo di una vera e propria roadmap sull’adozione dell’euro digitale.

Secondo Lagarde, infatti, l’area euro potrà contare sulla propria CBDC (Central Bank Digital Currencies) entro cinque anni. Il progetto è sicuramente ambizioso e rientra in una più ampia strategia finanziaria che spazia dalla politica digitale, a quella monetaria, a quella internazionale, il cui primo passo è stata la consultazione pubblica recentemente conclusasi.

Il progetto dell’euro digitale si muove quindi lungo due linee direttrici principali: una innovativa tesa a favorire la digitalizzazione di cittadini e strumenti di pagamento e l’altra strategico/regolamentare.

La necessità di una CBDC europea, infatti, è sia indirizzata a favorire l’inclusione finanziaria e digitale dei cittadini europei sia a contrastare l’emergere delle valute digitali private (come Libra/Diem di Facebook di cui si parla da oltre un anno), e a guadagnare significative posizioni nel mercato internazionale delle CBDC, in particolare nei confronti di Cina e Stati Uniti.

Come ha sottolineato di recente anche il membro del Board BCE Fabio Panetta: “L’introduzione di un euro digitale sosterrebbe la spinta dell’Europa verso la continua innovazione, contribuendo inoltre alla sua sovranità finanziaria e al rafforzamento del ruolo internazionale dell’euro”.

In questa frase è racchiusa tutta la strategia alla base dell’iniziativa, una moneta parallela a quella attuale che beneficia, tra l’altro, anche delle caratteristiche del bene rifugio. L’euro digitale non solo avrebbe la capacità di accrescere la competitività delle nostre imprese ma potrebbe anche aiutare a rafforzare il sistema finanziario europeo e a contrastare il riciclaggio di denaro e i finanziamenti al terrorismo. Esiste poi un ultimo ma fondamentale ruolo che potrebbe rendere l’euro digitale fondamentale: la sua funzione di riserva di informazione.

Proprio in questi giorni, l’ABI, tramite la sua struttura fintech, ha  avviato lo studio preliminare per la realizzazione dell’euro digitale. Si tratta di un passo in avanti tutt’altro che trascurabile e che coinvolge direttamente le banche nel progetto anche se queste potrebbero essere coinvolte dal suo avvento ancora più profondamente.

Fino ad ora la BCE, infatti, al pari di ogni altra banca centrale, ha creato moneta in due forme: il contante e le riserve costituite dalle banche private presso la banca centrale. La novità, a questo punto, risiederebbe nell’arricchire l’offerta con uno strumento (l’euro digitale appunto) che unisce le caratteristiche di entrambe essendo destinato però a famiglie e imprese per i pagamenti al dettaglio in forma digitale. Con il “rilascio” dell’euro digitale verrebbe a crearsi la possibilità di aprire un vero e proprio conto corrente presso la stessa BCE senza la necessità di passare attraverso degli intermediari (ovvero le banche).

L’evidenza immediata di questa possibilità è quella di favorire l’inclusione finanziaria di circa 30 milioni di cittadini europei di fatto unbanked, con la conseguenza anche di rendere sterile uno dei principali asset operativi di centinaia di attori finanziari. È ovvio, infatti che, sebbene il progetto preveda che siano le banche private o i prestatori di servizi a pagamento a gestire i nuovi conti correnti garantiti dalla BCE, il loro ruolo attivo sarebbe fortemente ridimensionato.

Sempre dal punto di vista delle garanzie, per il risparmiatore questa potrebbe essere una buona notizia. La BCE, come ogni banca centrale, infatti, non può fallire e in questo senso i risparmi sarebbero letteralmente “in cassaforte”. Tutto da vedere sarebbe, poi, il nuovo rapporto col credito e le comunità locali, il vero valore aggiunto di buona parte degli intermediari bancari.

In ambito normativo, infine, va rilevato che col nuovo assetto si configurerebbe una sostanziale invasione di campo in materia fiscale da parte della BCE in cui questa diventerebbe contemporaneamente controllante e controllata, costringendo a ridefinire i rapporti e i ruoli di autorità monetaria, governi e banche.

L’euro digitale avrebbe, quindi, evidenti pregi relativi soprattutto alla competitività internazionale, alla bancarizzazione dei cittadini e alla stabilità del risparmio. Rimangono, però, alcuni aspetti che la fase di sperimentazione dovrà chiarire, come quelli afferenti la gestione del credito, della privacy e dei dati. In ogni caso, per l’euro digitale sembra che sia solo questione di tempo. Troppo chiacchierato il suo avvio e troppo necessaria la realizzazione di una alternativa digitale alle CBDC straniere, così come la necessità di innescare un meccanismo vincente per tutti.

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