L’assalto a Capitol Hill non solo è la dissacrazione dell’istituzione parlamentare ma anche un duro monito al mondo conservatore, americano come italiano. O si prendono (subito) le distanze dai violenti, o si è condannati alla marginalità, per sempre. Il commento di Francesco Giubilei, presidente della Fondazione Tatarella
Il 6 gennaio 2021 verrà ricordato come il giorno in cui il trumpismo è tramontato.
Una fine certificata non a novembre con il risultato delle elezioni presidenziali ma con quanto accaduto ieri a Washington DC con l’irruzione a Capital Hill da parte di alcuni partecipanti alla manifestazione pro Trump. Una follia costata la vita a quattro persone e che non può essere in alcun modo giustificata né tollerata specialmente dal mondo conservatore e della destra.
Quanto accaduto deve indurci a una riflessione: cosa vogliamo sia la destra e chi vogliamo la rappresenti. Se pensiamo la destra debba essere rappresentata agli occhi dell’opinione pubblica da un tizio con le corna o da un gruppo di esaltati che fa irruzione nel Parlamento, siamo condannati all’emarginazione.
Se non si riesce a capire che fare irruzione al Congresso non è una forma di dissenso intelligente e che questi comportamenti danneggiano in primis le battaglie e i valori della destra, siamo destinati a non poter incidere. La destra è in primis rispetto delle istituzioni, delle regole, della legge, dell’ordine, tutto il contrario di quanto avvenuto a Washington.
Non ci possono essere ambiguità o scusanti e la posizione del vicepresidente Mike Pence, vero conservatore dell’amministrazione Trump, è stata netta, così come quella delle voci più autorevoli del mondo conservatore americano a partire dalla rivista “The American Conservative”.
La manifestazione di ieri è stata legittima finché non è scaduta nella violenza e nell’occupazione di un luogo che rappresenta un simbolo per la democrazia ed è perciò sacro.
C’è poi un altro aspetto da tenere in considerazione ed è la disparità di trattamento nei confronti delle proteste realizzate nei mesi scorsi dai seguaci della cancel culture e dai Black Lives Matter quando venivano buttate giù le statue, messe a ferro e fuoco le città o compiute occupazioni, la condanna da destra era (giustamente) unanime.
Ora non possiamo accettare comportamenti contro la legge solo perché compiuti dai sostenitori di Trump, significherebbe adottare i “due pesi e due misure” di cui in tante occasioni abbiamo accusato il mondo progressista di utilizzare nel commentare i principali fatti di attualità.
Potremmo fare un’analisi nel merito, spiegare le motivazioni che hanno portato i manifestanti a scendere in piazza, discutere dei brogli denunciati da Trump, ma tutto ciò passa in secondo piano nel momento in cui avvengono fatti come quelli di ieri.
Quanto avvenuto a Washington è un favore in primis ai democratici ed è un assist perfetto al mondo giornalistico liberal che avrà gioco facile nel dipingere i repubblicani e la destra americana come macchiettista, violenta, sovversiva.
Un favore che in un momento del genere non ci si poteva permettere e che, al tempo stesso, condanna Trump all’isolamento anche all’interno della destra americana e tra molti suoi elettori. Che, forse la cosa sfugge a tanti “analisti” italiani, non sono solo i trumpiani, ma le numerose, diverse anime che compongono il Partito repubblicano.