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Le relazioni transatlantiche dopo Trump? L’opinione di Lammert (Fond. Adenauer)

Di Norbert Lammert

Il professor Lammert, presidente della Fondazione Konrad Adenauer e già presidente del Bundestag, disegna il futuro dei rapporti tra Europa e Stati Uniti, “l’alleanza di maggior successo della storia moderna”. Tra relazioni militari, commerciali e politiche, resta fondamentale il ruolo dei parlamenti “contro gli estremisti, i populisti e i fondamentalisti di destra e di sinistra”

Il Prof. Dr. Norbert Lammert, presidente della Fondazione Konrad Adenauer, già presidente del Bundestag e per 37 anni parlamentare della CDU, ha pubblicato questo articolo sul settimanale tedesco  “Der Spiegel” del 3 gennaio 2021. Formiche.net ne pubblica una traduzione, a cura di Dario Morabito per conto della Fondazione Konrad Adenauer.

Un nuovo inizio

Negli Stati Uniti si costituisce il 117° Congresso. Tra pochi giorni entrerà in carica il nuovo Presidente Joe Biden. Ciò cosa significa per le relazioni transatlantiche?

“We will be back”, così aveva promesso Joe Biden alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco all’inizio del 2019, riferendosi principalmente all’irrinunciabile ruolo di leadership dell’America nei forum internazionali.

Né la cooperazione transatlantica né il multilateralismo sono state tra le priorità della politica estera di Washington sotto la presidenza di Donald Trump.

Il ritiro dall’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici o dall’accordo con l’Iran, i dubbi in merito alla NATO: questi non sono stati aspetti marginali, ma decisioni e dichiarazioni che hanno rivelato sia interruzioni a livello di operatività nelle relazioni transatlantiche sia orientamenti di tutt’altra natura.

Queste differenze hanno anche lasciato il segno nell’opinione pubblica: secondo i sondaggi attuali, solo 14 dei cento intervistati in Germania, considera gli Stati Uniti come l’unica potenza leader affidabile a livello mondiale, e ancora meno sono coloro che considerano l’America il migliore amico della Germania.

Ma la costituzione a Washington del 117° Congresso – ancora prima dell’insediamento del nuovo Presidente degli Stati Uniti –, esprime l’incoraggiamento per cui i Parlamenti, nonostante alcune delusioni reciproche, hanno dato prova di essere canali di comunicazione resistenti alle crisi.

Nel 2019, il Congresso degli Stati Uniti ha assunto diversi impegni a favore dell’alleanza transatlantica e ha sventato l’intenzione della Casa Bianca in merito al suo ritiro unilaterale dalla NATO. Nancy Pelosi, la speaker della Camera dei rappresentanti, nel febbraio 2019 ha guidato una delegazione del Congresso in Europa, riaffermando l’impegno degli Stati Uniti a sostenere le relazioni transatlantiche.

La Camera dei rappresentanti ha così invitato nell’aprile 2019 a carattere dimostrativo il Segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, a tenere un discorso nell’ambito di una riunione congiunta di entrambe le Camere.

Anche con l’annunciato ritiro delle truppe statunitensi dalla Germania, il Congresso si è posto nel suo ruolo di correttivo nelle relazioni transatlantiche, come ha dimostrato la delibera relativa al bilancio della difesa nel dicembre 2020, che pochi giorni fa il Congresso ha difeso con una maggioranza di due terzi contro il veto del Presidente Trump.

Ciò non elimina le incongruenze tra i parlamenti europeo e americano, soprattutto per quanto concerne il contributo militare degli europei e il gasdotto tedesco-russo Nord Stream 2. Ma anche su punti controversi, i parlamentari si impegnano nel sottolineare la loro volontà di scendere a compromessi.

Nel dicembre 2020, ad esempio, in riferimento alle sanzioni statunitensi concernenti il gasdotto Nord Stream 2, il Congresso ha escluso sanzioni contro i Paesi partner, richiedendo una consultazione con gli europei riguardo sanzioni contro le società coinvolte.

Questi esempi mostrano quanto sia importante per il Bundestag tedesco e il Parlamento europeo mantenere stretti rapporti con il Congresso degli Stati Uniti. Lo scambio internazionale tra i membri del parlamento è più aperto, più diretto e spesso anche più indipendente, ad ogni modo più diversificato, rispetto a quello che intercorre a livello governativo. Dovremmo quindi attribuire più importanza a questo canale di comunicazione transatlantico, perché rappresenta più di un semplice accompagnamento alla politica estera del governo.

A fine agosto 2020, nell’ambito del Dialogo legislativo transatlantico (Transatlantic Legislators’ Dialogue), i parlamentari di entrambe le sponde dell’Atlantico hanno assicurato che, in quanto rappresentanti eletti dei loro Paesi, avrebbero continuato ad ascoltarsi l’un l’altro e a lavorare insieme in modo responsabile. La definizione che hanno dato di loro stessi è: “collante che tiene unita questa importante alleanza”.

Questo collante è importante; ma c’è bisogno anche di sostanza cui la colla possa aderire. Devono manifestarsi, su entrambe le sponde dell’Atlantico, una volontà e un interesse riconoscibili, necessari per proseguire nel solco dell’alleanza. La buona notizia è che questi elementi sembrano esserci. Ma non possiamo evitare una revisione generale dell’alleanza transatlantica.

È quindi un segnale incoraggiante osservare come l’Europa stia seriamente discutendo la sua posizione futura a livello di politica estera e di sicurezza. La ministra tedesca della Difesa Annegret Kramp-Karrenbauer ha recentemente raccomandato di porre fine alle “illusioni sull’autonomia strategica europea”, in quanto appare scontato che senza le capacità militari degli Stati Uniti né la Germania né l’Europa saranno in grado, nel prossimo futuro, di difendersi in maniera efficace.

Gli USA forniscono la maggior parte delle capacità della NATO, estendono il loro scudo di protezione nucleare sull’Europa e, in caso di emergenza, se non intervenissero le forze armate statunitensi, non sarebbe possibile difendere i Paesi baltici. Gli Stati Uniti sono perciò vitali e insostituibili per la sicurezza dell’Europa.

Il presidente francese Emmanuel Macron sottolinea, giustamente, che gli Stati Uniti accetteranno l’Europa come partner solo se questa sarà in grado di disporre di capacità militari autonome e dalle alte prestazioni. Non può esservi un’autonomia resistente dal punto di vista della politica di sicurezza e di difesa di fronte alle sfide e alle minacce globali; tuttavia, il tema posto da Macron non può essere ignorato: l’Europa è tanto più attraente come partner per gli Stati Uniti quanto maggiori sono il potere e i mezzi che essa dispiega, sia da un punto di vista economico che da quello militare.

Ecco perché anche la Germania deve investire di più nelle proprie capacità militari. Il raggiungimento dell’obiettivo del 2% della NATO e le modalità dichiarate per tale scopo giocheranno un ruolo decisivo.

La Germania deve, inoltre, mantenere e approfondire la sua stretta cooperazione con le forze armate statunitensi. Le truppe americane in Germania ed Europa, nonché la partecipazione nucleare, sono nel nostro interesse strategico.

Infine, l’Europa, in quanto attore della politica estera e di sicurezza, deve assumere, il prima possibile, un atteggiamento più risoluto e perentorio. Dobbiamo portare avanti in modo coerente e determinato l’iniziativa di difesa dell’UE per la Cooperazione strutturata permanente (PESCO), al fine di colmare le lacune in termini di capacità militari, aumentare i bilanci della difesa europea e investire in ricerca e sviluppo, anche se ciò non si presenta di facile attuazione alla luce delle ingenti spese investite per il superamento della pandemia da coronavirus e delle sue conseguenze.

Per quanto riguarda le questioni relative al bilancio, sono in primo luogo il Bundestag e gli altri parlamenti europei ad avere il dovere di dare un contributo decisivo a una politica estera e di sicurezza responsabile e sostenibile.

Spetta ai governi europei, ma anche ai rispettivi parlamenti, superare le divergenze e quindi la mancanza di peso dell’Europa nelle questioni di politica internazionale.

Questa è la nostra responsabilità, non quella degli Stati Uniti. Negli ultimi quattro anni, l’amministrazione di Trump ha rappresentato, troppo spesso, una buona scusa per qualche problema europeo “domestico”: incolpare il Presidente americano è stato il minimo comune denominatore su cui gli europei sono stati per lo più in grado di mettersi d’accordo, nonostante siano gli Stati Uniti a finanziare un esercito operativo a livello globale che protegge le rotte commerciali mondiali, di cui l’Europa e, in particolar modo l’economia tedesca, beneficiano da decenni.

Se l’Europa non troverà presto risposte comuni a tutta una serie di questioni, il continente non sarà più un attore creativo, ma soltanto un luogo sede d’incontri della politica internazionale. La Russia mette lo zampino nelle elezioni – non solo in Europa – e conduce una politica sfrontata e aggressiva ai nostri confini.

Le guerre civili in Siria e Libia sono ancora crisi irrisolte che avvengono a un passo dal nostro continente.

La Cina si sta espandendo a livello militare ed economico, investe nelle infrastrutture europee e tenta di creare un cuneo tra gli Stati membri dell’UE e gli Stati Uniti.

Con l’aggressiva politica estera della Russia e l’ascesa della Cina, l’alleanza occidentale si trova nuovamente posta davanti a sfide strategiche; è da tempo, ormai, che ci troviamo nel mezzo di una competizione geopolitica. Non può esserci un’equidistanza dalla Cina, dalla Russia o dagli Stati Uniti. Gli Stati Uniti sono nostri alleati, la Cina e la Russia no.

Per questo dobbiamo trovare, insieme agli Stati Uniti, strumenti e modalità per affrontare entrambi i Paesi senza chiudere la porta a una cooperazione affidabile. Ciò richiede maggiore coesione e migliore coordinamento da parte dell’Europa e dell’Alleanza occidentale. A tale scopo, possono contribuire anche un ammorbidimento del principio di unanimità nella NATO o la possibilità di una maggiore cooperazione tra alcuni membri, come è stato recentemente avanzato in un documento di riforma americano-tedesco presieduto dall’ex diplomatico statunitense Wess Mitchell e dall’ex ministro della Difesa tedesco, Thomas de Maizière.

Le capitali europee, Bruxelles e Washington devono collaborare più strettamente in molteplici settori e formare un fronte comune, valido sia per i governi che per i parlamenti: dal contrasto ai cambiamenti climatici e il rispetto dei diritti umani fino alla protezione dei dati, alla digitalizzazione e alla lotta contro le pandemie. Dobbiamo coordinarci insieme, mostrare considerazione gli uni per gli altri e sviluppare soluzioni comuni.

Ultimo, ma non meno importante, la ripresa dei negoziati TTIP e la risoluzione tardiva di un accordo commerciale transatlantico invierebbero un chiaro segnale, soprattutto sullo sfondo della più grande area di libero scambio del mondo promossa dalla Cina insieme a 14 Stati asiatici, che ha trovato più membri ma accordi meno ambiziosi delle nostre aspettative nei riguardi di una regolamentazione commerciale liberale.

Il gasdotto del Mar Baltico Nord Stream 2 è un tema molto incalzante all’interno dell’agenda transatlantica; le serie preoccupazioni degli Stati Uniti per il progetto tedesco-russo sono condivise anche da molti dei nostri partner europei. Non c’è nulla che suggerisca che il nuovo Congresso, Senato e Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti assumeranno una posizione diversa su questo argomento, e se gli europei hanno ragione a rifiutare l’intervento extraterritoriale degli Stati Uniti, dovrebbero intraprendere qualsiasi sforzo per trovare finalmente una soluzione amichevole in merito a questa questione.

Una relazione stabile include la reciprocità. Possiamo senz’altro alleggerire il carico militare degli Stati Uniti in una prospettiva a medio e lungo termine, ma le nostre possibilità sono limitate. L’Europa deve perciò concentrarsi sui suoi punti di forza e utilizzare il suo potere economico in modo più strategico, sotto forma di accordi commerciali e aiuti allo sviluppo, al fine di legare a noi gli Stati del nostro vicinato e non consegnarlo all’influenza cinese.

La pandemia da coronavirus ci ha appena mostrato come la Cina stia alimentando uno scontro delle narrazioni per discreditare le democrazie e le società pluralistiche che, con i loro diritti fondamentali, si porrebbero, presumibilmente, da ostacolo alla lotta contro la pandemia.

Per consolidare il richiamo dell’Europa a livello globale, gli organi nazionali di rappresentanza europea e il Parlamento europeo possono e devono agire con maggiore sicurezza.

Certo, nelle democrazie parlamentari affiorano dubbi, si presentano discussioni e dibattiti; si lotta per prendere delle decisioni e si fanno compromessi. Ma prima o poi il processo decisionale che avviene all’interno del parlamento è superiore nella gestione delle crisi, non perché nelle democrazie tutte le decisioni siano sempre giuste e immediatamente efficaci; ma formulare decisioni vincolanti a livello comune sulla base di considerazioni e interessi diversi, legittimati da maggioranze e perfezionati da nuove maggioranze, impedisce, con un maggior grado di affidabilità, di arrivare all’assunzione di decisioni affrettate ed errori duraturi rispetto all’adozione di procedure autoritarie. Questa è una conquista della civiltà occidentale, che unisce l’Europa e gli Stati Uniti, e alla quale dovrebbe essere dato più risalto più spesso.

È, al contempo importante, proteggere la società civile contro l’influenza straniera che pregiudica le nostre democrazie. In tale contesto, anche l’educazione politica rivestirà un ruolo ancora più importante, e a tal riguardo anche le fondazioni politiche tedesche possono svolgere un ruolo importante. Grazie alla loro vasta rete di uffici internazionali, esse forniscono il loro contributo nelle relazioni con la società civile di entrambe le sponde dell’Atlantico.

Il mondo ha ancora bisogno di un’alleanza occidentale affidabile e attiva per garantire pace e libertà, sicurezza e benessere. Gli interessi americani ed europei non sono sempre gli stessi, ma le nostre culture politiche sono congruenti e i nostri valori comuni sono solidi. “Come sappiamo, in ogni partnership ci sono divergenze d’opinione”, hanno dichiarato i parlamentari europei e americani durante il loro incontro digitale nell’agosto 2020. “Quando ciò accade, lavoriamo a fondo per risolvere le nostre differenze e, a volte, dobbiamo essere d’accordo per non essere d’accordo. Ma la nostra amicizia, la nostra storia comune e i nostri valori sono alla base di questa partnership, che è come nessun’altra alleanza al mondo”.

Perciò adesso dobbiamo lavorare sodo per guidare verso il futuro l’alleanza di maggior successo nella storia moderna.

Possiamo certamente avere più fiducia nei confronti dei rispettivi Parlamenti su entrambe le sponde dell’Atlantico e dovremmo coinvolgerli ancor più di prima nel mantenimento e nel consolidamento del partenariato transatlantico.

Alcuni osservatori avrebbero già gradito molto tempo prima che il Congresso americano facesse mostra della propria sicurezza e consapevolezza nei confronti del governo della propria nazione.

E anche dal Bundestag tedesco, non pochi elettori, si aspettano una volontà di azione ancora più incisiva.

Il superamento delle sfide e la percezione delle opportunità nell’ambito delle relazioni euro-americane è un compito comune che spetta sia ai governi sia ai parlamenti. Ancor più dei governi, i parlamenti dei rispettivi Paesi possono e devono assumere la portata delle aspettative e tradurle in risultati vincolanti nel dibattito pubblico, dimostrando, al di là dell’irriducibile rivalità tra partiti in competizione, la solidarietà di tutti i democratici contro la sfrontatezza esecutiva e contro gli estremisti, i populisti e i fondamentalisti di destra e di sinistra.

L’autore

Prof. Dr. Norbert Lammert, classe 1948, è presidente della Fondazione Konrad Adenauer, affiliata alla CDU. Prof. Dr. Lammert è stato in precedenza Presidente del Bundestag dal 2005 al 2017 e membro della CDU nel parlamento tedesco per 37 anni.

 

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