Skip to main content

DISPONIBILI GLI ULTIMI NUMERI DELLE NOSTRE RIVISTE.

 

ultima rivista formiche
ultima rivista airpress

La rinascita americana e le sfide di Biden secondo Giovanna Pancheri

Di Mario Gentili

Il giuramento di Biden, la difficile eredità trumpiana e le prospettive della nuova amministrazione. Giovanna Pancheri, corrispondente di SkyTg24, ha scritto “Rinascita americana. La nazione di Donald Trump e la sfida di Joe Biden” (SEM editore)

Giovanna, qual è l’atmosfera a Washington?

Molto diversa dal solito, e molto diversa dalle cerimonie degli anni scorsi. La città è irriconoscibile, c’è una presenza militare mai vista, come neanche il 12 settembre dopo l’attacco al Pentagono. Pur essendo la capitale e la sede delle agenzie federali e di sicurezza, finora avevano sempre cercato di non “militarizzarla”. Invece c’è un presidio a ogni angolo.

L’assalto al Congresso del 6 gennaio ha cambiato tutto?

Sì, la ferita è ancora aperta e le autorità non possono permettersi un’altra debacle. Ovviamente anche la pandemia ha stravolto la tradizione. Biden ha sempre preso molto sul serio il Covid-19, non ha mai creato assembramenti in campagna elettorale e non lo farà certo oggi. La presenza dei cittadini sarà ridotta all’osso, tanto che il sindaco di Washington ha esortato tutti a vedere la cerimonia da casa.

Il tuo libro, “Rinascita Americana”, si apre proprio con il giuramento di Trump

Era sempre il 20 gennaio, ma il clima era molto diverso. Non solo perché quattro anni fa pioveva (oggi c’è il sole ma si gela), ma perché la festa di Trump si è subito trasformata nella festa dei trumpiani. Il suo discorso profondamente divisivo e violento – la frase chiave era American carnage, strage americana – era rivolto soprattutto a chi aveva votato per lui. Non tanto i repubblicani, quanto i suoi supporter. Questo è stato il timbro dato ai quattro anni seguenti.

Secondo te cosa sarà di questa fetta importante di americani che ha creduto in “The Donald”?

Il suo sostegno popolare è stato molto indebolito dai fatti del 6 gennaio. Che gli hanno sbarrato la strada nel partito repubblicano e un’eventuale candidatura nel 2024. Non solo: se mettesse in piedi un movimento indipendente, l’establishment del partito avrebbe molte armi per fermarlo, tra tutte votare il secondo impeachment. Un verdetto negativo gli impedirebbe di ricoprire ruoli pubblici. Quell’assalto è stato un turning point nella parabola politica di Trump. Ma i suoi fedelissimi non sono solo quegli scalmanati che hanno assaltato il Congresso.

Chi sono?

Tra gli arresti di quel giorno c’erano figli di giudici, veterani dell’esercito, anche persone della buona borghesia. Molti con problemi mentali, uno dei temi poco affrontati di questo paese. Quei personaggi, tra l’altro, hanno capito che dopo simili azioni non porti a casa solo un selfie con le statue di Capitol Hill, ma rischi vent’anni di carcere. Ci penseranno bene prima di ripetere una simile follia, anche perché il loro punto di riferimento non è più in grado di dargli protezione politica o giuridica. Il popolo di Trump è composto da persone che facevano parte della classe media e sono scivolate giù nella scala sociale. I deplorables che Hillary Clinton prima sottovalutò e poi non riuscì a conquistare, fino a perdere la Casa Bianca.

Biden li ha riconquistati?

Sicuramente è riuscito a parlare con loro meglio di quanto abbia fatto Hillary, ma anche Obama: l’ex presidente aveva un carisma ineguagliabile, era amato dalle élite più ricche e colte e allo stesso tempo da minoranze etniche, immigrati e classi storicamente povere. Ma non ha capito la sofferenza di chi stava perdendo terreno a livello sociale ed economico, quegli americani che non riuscivano più a comprare una macchina nuova o mandare i figli al college. Queste persone vedevano il sogno americano allontanarsi, e Trump ha saputo conquistarli.

Tra loro il suo consenso è rimasto forte?

Per molti, il presidente non ha portato i risultati promessi. In una delle contee più povere degli Stati Uniti, la Lee County del Kentucky, Trump prese oltre l’80% dei voti nel 2016, nonostante il 50% dei residenti avesse avuto una copertura sanitaria per la prima volta grazie all’Obamacare. Nel 2020 il suo consenso è sceso a poco più del 50%.

E tra i cosiddetti moderati?

Mi ha stupito, perché a Trump ho sempre riconosciuto intelligenza politica, mancandogli quella istituzionale. Invece questa fine di mandato fatta di sgambetti, asserragliamento nel bunker, chiusura totale, “grazie” indiscriminate a tutti i suoi uomini, ha alienato anche molti elettori repubblicani “classici”.

Ora tocca a Biden: i suoi ministri passeranno il vaglio del Senato senza problemi?

La maggioranza è risicatissima, serve l’intervento della vicepresidente per avere il 50+1 al Senato. Su questo piano la politica americana assomiglia a quella italiana: per dare il via libera alle sue nomine si metteranno in campo altre trattative: leggi da approvare, impeachment da votare, strategie politiche pro o contro determinate policies. Sulla carta il presidente-eletto ha scelto personalità ineccepibili, alcuni con un curriculum bipartisan, nessuno preso dal campo di Sanders e Warren, cosa che avrebbe messo di traverso i repubblicani.

E la sfida principale quale sarà?

È legata al motivo per cui ho intitolato il libro Rinascita americana. Non c’entra Biden, l’ispirazione viene dal discorso di Gettysburg, quando Lincoln parlò alla nazione dopo aver vinto la battaglia. Un discorso di unità, rinascita e libertà. La chiave della nuova presidenza sarà la stessa: non parlare solo a una parte del paese, e chiamare a sé anche il mondo trumpiano.

Avere la capacità di ascoltare anche quella fetta di popolazione che negli ultimi anni si è sentita loser, perdente. Anche perché, passata l’emergenza sanitaria, si rischia quella economica e sociale. L’America dovrà sviluppare gli anticorpi necessari per evitare che qualcun altro provi a guidare gli attuali sostenitori di Trump verso obiettivi distruttivi o eversivi.

 

×

Iscriviti alla newsletter