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Nuove sanzioni cinesi contro gli Usa. Chi e perché sarà bandito da Pechino

Ingerenze nella gestione delle crisi di Taiwan e Hong Kong. Il governo cinese non ha diffuso i nomi ma saranno sanzionati impiegati degli organi amministrativi americani, membri del Congresso e rappresentanti di organizzazioni non governative

 

Nuove misure della Cina contro gli Stati Uniti. Questa volta a causa di Taiwan. Il ministero degli Affari esteri cinese ha annunciato che saranno puniti con nuove sanzioni i funzionari americani che sono stati “scorretti” sul tema di Tapei.

La notizia arriva dopo che Washington ha frenato la linea politica su Taiwan, annunciando la fine di “tutte le restrizioni che avevamo imposto”. “Le agenzie di governo devono considerare nulle tutte le guida di contatto previamente emesse dal Dipartimento di Stato sui rapporti con Taiwan”, ha spiegato il segretario di Stato americano, Mike Pompeo.

La tensione era già salita la scorsa settimana, durante uno scambio tra il rappresentante degli Stati Uniti all’Onu, Kelly Craft, e la presidente di Taiwan, Tsai Ing-wen, in seguito all’annullamento del viaggio programmato a Tapei.

Hua Chunying, portavoce del governo cinese, ha spiegato che, “a causa delle azioni sbagliate degli Stati Uniti, la Cina ha deciso di imporre sanzioni ai funzionari statunitensi che si sono impegnati in comportamenti sgradevoli sulla questione di Taiwan”.

Il sito russo Sputnik sostiene che le misure di Pechino sono motivate anche per l’ingerenza americana nella gestione della situazione di Hong Kong.

“In risposta alle azioni degli Usa – ha spiegato Chunying -, la Cina ha preso la decisione di imporre sanzioni di risposta contro gli impiegati degli organi amministrativi americani, membri del Congresso, così come rappresentanti organizzazioni non governative che si sono comportati male con il tema Hong Kong”. Tuttavia, per ora non è stato diffuso l’elenco dei nomi dei sanzionati.

La portavoce ha sottolineato che Washington interferisce, con le sue sanzioni, nella sovranità della Cina e negli affari di Hong Kong, violando in questo modo il diritto internazionale e principi fondamentali della diplomazia.

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