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Dagli Usa e dall’Europa messaggi chiari a Cina e Russia. Parla McAllister (Cdu)

La leadership Cdu di Laschet e la sfida dei populismi, i rapporti transatlantici con Biden e la risposta democratica ai regimi. Intervista a tutto campo con David McAllister, esponente di spicco della Cdu, vicepresidente del Ppe e presidente della commissione Affari esteri del Parlamento europeo

Quale futuro per i rapporti transatlantici con l’insediamento del dem Joe Biden alla Casa Bianca e l’elezione di Armin Laschet, esponente dell’ala più centrista della Cdu, alla guida del partito della cancelleria tedesca Angela Merkel? Formiche.net ne ha parlato con David McAllister, esponente di spicco dell’Unione cristiano-democratica di Germania, vicepresidente del Partito popolare europeo e presidente della commissione Affari esteri del Parlamento europeo. Chi meglio di lui, che come immagine di profilo su WhatsApp ha la foto di una stretta di mano tra lui e Biden.

McAllister, è soddisfatto del nuovo leader della Cdu e possibile candidato cancelliere a settembre?

Ho accolto con favore l’elezione di Laschet. È importante, però, sottolineare che il leader della Cdu ha un importante ruolo nell’individuazione del candidato cancelliere ma non c’è alcun automatismo. Ha ottime possibilità di diventarlo ma è necessaria l’intesa con la Csu. La decisione verrà presa verso Pasqua.

Intervenendo al congresso Cdu, il presidente del Partito popolare europeo Donald Tusk ha chiesto chiede una “posizione chiara e decisiva” sull’esclusione degli ungheresi di Fidesz dalla famiglia europea di centrodestra. Il discorso si può allargare anche ad altre situazioni, dalla Lega in Italia ad Alternative für Deutschland in Germania.

Io posso parlare soltanto della situazione in Germania. Non c’è e non ci sarà alcun tipo di cooperazione tra Cdu e AfD. Per noi l’AfD è un avversario politico che si pone su posizioni opposte ai nostri valori fondamentali. È un partito nazionalista; la Cdu è un partito europeo. L’AfD vuole polarizzare e dividere la società; l’approccio della Cdu come volkspartei (partito popolare, ndr) è di costruire ponti per rafforzare la coesione e l’unità della nostra società. L’AfD è contro l’Unione europea; la Cdu è stato il partito per l’Unione europea in Germania. Non abbiamo nulla in comune e per questo Armin Laschet ha il mio pieno sostegno quando dice che affronteremo l’AfD e convinceremo il popolo tedesco che questo partito populista di destra sta dando risposte molto semplici, troppo semplici, a domande complesse. I populisti falliscono sempre quando sono chiamati a offrire risposte concrete nel momento in cui affrontiamo una pandemia che è la più grande sfida da decenni in Germania, proprio come in Italia e in altri Paesi. La Cdu vuole dimostrare la vera leadership, che l’AfD non è in grado di dimostrare.

Veniamo alla politica estera. Che cosa cambierà nei rapporti con gli Stati Uniti?

La Cdu è tradizionalmente in Germania il partito che sostiene una stretta cooperazione transatlantica: pensiamo a Konrad Adenauer con John Fitzgerald Kennedy, a Helmut Kohl con Ronald Reagan, George Bush e Bill Clinton, ma anche a Angela Merkel con George W. Bush e Barack Obama.

Ha dimenticato un presidente: Donald Trump, che sappiamo non ha avuto un rapporto facile con la cancelliera Merkel.

È opinione ampiamente diffusa in Germania che gli anni di Donald Trump sia stati uno stress-test per le relazioni transatlantiche e che le cose non possono che andare meglio. Molti in Germania auspicano nel successo di Joe Biden nel costruire ponti negli Stati Uniti per riparare una società profondamente polarizzata: ha certamente molto da fare in patria, ma noi siamo pronti a nuovo inizio nella cooperazione transatlantica.

Anche sulla Cina?

Gli Stati Uniti e l’Unione europea hanno molti interessi in comune, anche perché assieme difendiamo gli stessi valori: la democrazia, lo stato di diritto, la libertà individuale, la libertà d’informazione, il diritto all’opposizione e molti altri. Per questo lavoreremo assieme sulla politica estera. Siamo alleati nella Nato e molti nell’Unione europea attendono il ritorno americano alle organizzazioni internazionali, agli accordi internazionali e alla cooperazione multilaterale. Sulla Cina, abbiamo molte posizione comuni, ma ovviamente ci sono anche differenze.

Per esempio?

Avere a che fare con la Cina prevede tre parole che iniziano con la lettera “c”: cooperare quando possibile, competere quando serve e confrontarsi quando necessario. La Cina può essere per noi nell’Unione europea un importante partner con cui cooperare, per esempio sul contrasto al cambiamento climatico: il nostro obiettivo è essere climaticamente neutri nel 2050, quello cinese è il 2060 — c’è cooperazione su questo fronte. Competere vuol dire che siamo competitor economici: è importante che ci sia concorrenza leale da entrambe le parti e parità di condizioni per le aziende europee. Confrontarsi significa che siamo anche, sotto diversi aspetti, di opinioni diverse dalla Cina: critichiamo la sua assertività in politica estera, le sue posizioni su Hong Kong, il deterioramento della libertà d’informazione, dei diritti dell’opposizione e dello stato di diritto, la situazione degli uiguri nello Xinjiang.

Gli Stati Uniti si preparano al ritorno al multilateralismo e Biden ha proposto un’alleanza di democrazie in America, Europa e Indo-Pacifico anche per affrontare l’ascesa cinese. In linea con questo progetto, il Regno Unito ha invitato al prossimo G7, come ospiti, Australia, Corea del Sud e India. Che ne pensa?

Accolgo con favore l’annuncio del presidente Biden di un’alleanza di democrazie e il ritorno dell’amministrazione americana alle organizzazioni internazionali. Con Trump abbiamo visto che quando l’America si ritira, la Cina è immediatamente lì pronta a riempire il vuoto. Quindi, gli Stati Uniti, il Canada, gli Stati membri dell’Unione europea, il Giappone, Corea del Sud, Australia, Nuova Zelanda, India, alcuni Paesi in Sud America e in Africa: ci sono molti Paesi nel mondo che credono nella democrazia e nello stato di diritto, nella libertà religiosa, nella libertà individuale e nell’uguaglianza tra uomini e donne. Metterli assieme e dimostrare che, nonostante le differenze, condividiamo gli stessi valori e che, come democrazie, siamo disposti a difendere la nostra causa contro la disinformazione e le fake news: è qualcosa mi fa piacere, è un segnale a tutti i Paesi e leader nel mondo che mettono in discussione la forza delle democrazie liberali. Ed è il motivo per cui dobbiamo essere chiari: l’Occidente, intenso non in senso geografico ma filosofico, deve mandare messaggi chiari alla Cina, alla Russia, all’Iran, alla Corea del Nord, al Venezuela: difenderemo la democrazia e lo stato di diritto nel mondo.

Dopo sette anni di negoziati, alla fine dell’anno scorso è arrivata la firma dell’accordo sugli investimenti tra Unione europea e Cina. Diversi europarlamentari hanno lamentato la mancanza di trasparenza da parte della Commissione europea e sottolineato alcune problematicità, a partire dai non vincolanti impegni cinesi per mettere fine al lavoro forzato.

Le nostre aziende che affrontano il mercato cinese hanno bisogno di una maggiore protezione dei loro investimenti in Cina. Questo accordo può portare benefici per le aziende europee che competono in difficili condizioni nel mercato cinese. Non ho visto ancora l’accordo, sarà presentato in vista dei lavori del Parlamento (chiamato a ratificarlo o meno, senza poterlo emendare, ndr). Non posso giudicarlo. Ma una cosa è chiara: la portata delle relazioni tra Unione Europea e Cina va ben oltre questo accordo, che riguarda una certa parte di esse: ha a che fare con gli investimenti, con una concorrenza più leale. Ma, naturalmente, molte molte altre questioni, altri ostacoli politici, rimangono nelle relazioni tra Unione europea e Cina.

(Foto: Twitter @davidmcallister)


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