Creare su nuovi campioni nazionali, si dice, ma io vorrei portare la visione dal punto di vista di una filiera di materiale, che forse non sarà nuova, ma potrebbe avere i requisiti per stare nella rivoluzione verde e nella strategia digitale di cui al Recovery Plan. Faccio riferimento alla filiera della carta, che “vale” circa 25 miliardi di euro. La proposta di Massimo Medugno
Un titolo per mettere in evidenza la necessità di precisare meglio i contenuti nel Piano Nazionale di Resilienza e Ripresa arrivato nei giorni passati in Parlamento? O piuttosto un modo per sottolineare l’importanza di una filiera industriale come quella della carta? “La seconda che hai detto”, avrebbe detto un noto personaggio televisivo di qualche anno fa, sebbene abbiamo tutti in testa la prima.
Pensiamo alla seconda, però.
Su molti giornali si è scritto e si continuerà a scrivere della necessità di “creare campioni nazionali per nuove filiere” e “di sviluppare nuove filiere industriali strategiche” (si veda l’intervento di Francesca Bria su Il Sole di domenica 24 gennaio).
Tutto giusto ci mancherebbe.
Ma vorrei portare la visione dal punto di vista di una filiera di materiale, che forse non sarà nuova, ma potrebbe avere i requisiti per stare nella rivoluzione verde e nella strategia digitale di cui al Recovery Plan. Faccio riferimento alla filiera della carta, che “vale” circa 25 miliardi di euro, 1,4% del PIL e circa 200.000 addetti diretti.
In un documento presentato lo scorso dicembre sono state presentate una serie di proposte. Innanzitutto ottimizzare il riciclo e l’economia circolare.
Se oggi il tasso medio di utilizzo delle fibre riciclate è oltre il 60% (e ogni punto percentuale di riciclato in più significano 84.000 tonnellate in più da immettere nel sistema), mentre negli imballaggi siamo ad oltre l’80% di riciclo, si possono migliorare ancora raccolta e selezione, applicando la digitalizzazione e incrementare le capacità di riciclo interno, dotando il territorio di adeguate infrastrutture per il trasporto e la gestione degli scarti derivanti dal riciclo.
Con una migliore gestione degli scarti possiamo produrre energia per decarbonizzare i processi produttivi. Inoltre, possiamo migliorare la movimentazione passando dalla gomma al ferro. Uno sforzo coerente con l’obiettivo di ridurre i rifiuti smaltiti in discarica al 10% entro il 2035, come prevedono le direttive comunitarie.
Va, poi, considerata che la filiera della carta produce un biomateriale, che viene poi riciclato dallo stesso comparto, nel pieno rispetto del New Green del europeo. Va aggiunto che la carta è biodegradabile e compostabile. La normativa tecnica UNI EN 13432 classifica come intrinsecamente biodegradabili i manufatti costituiti da sostanze di origine naturale quali fibre di legno e paste cartarie.
Queste caratteristiche fanno sì che il settore cartario abbia un importante campo di espansione industriale nella creazione di nuove filiere dell’imballaggio bio-based, riciclato e riciclabile, così come di prodotti mono-uso ad alto contenuto di riciclo, rinnovabili e riciclati.
Per l’Italia si tratta di una grande opportunità non solo ambientale ma anche economica.
Il nostro Paese, grazie all’apporto di filiere come quella della carta e della trasformazione, ha le caratteristiche per raggiungere una leadership globale, con un mercato globale ben più ampio del potenziale domestico, grazie a un insieme di fattori:
– la forza e la competenza della filiera della carta da riciclare;
– il livello di sviluppo del settore della chimica verde e delle bioplastiche;
– il posizionamento sui mercati, anche esteri, dei prodotti agroalimentari e di consumo Made in Italy.
Ma anche nel campo della digitalizzazione il settore, con la Federazione Carta e Grafica, è stata la prima a realizzare un progetto completo Industria 4.0 per accompagnare le imprese della filiera al nuovo paradigma tecnologico.
Nell’ambito delle politiche per la digitalizzazione, indicate nelle Linee guida del PNRR, questa attitudine potrebbe essere utilmente stimolata con misure per cloud in materia di logistica e la tracciabilità delle carte da riciclare (per avere sempre un quadro dei flussi ed essere in grado di ottimizzarli rispetto alle unità produttive) e l’integrazione delle unità produttive in comunità energetiche industriali con la rete nazionale (per ottimizzare il contributo alla Rete nazionale).
Tutto questo potrebbe essere un Recovery sulla carta.
Non un’intenzione, ma un contributo concreto per l’economia del nostro Paese, facendo diventare un’intera filiera un campione nazionale.